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PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ / LA PICCOLA ROM CERASALA

PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ / LA PICCOLA ROM CERASALA

28 ) Paola Pensieri e Parole in libertà Cerasela bimba rom : fu incoscienza o razzismo ? Comunque una tragedia,lo sparo che l'ha colpita alla spina dorsale, frutto di un inciviltà che ha rovinato il futuro di una bimba di un anno e mezzo il cui nom

Martedi, 31/07/2018 - PAOLA, PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ / LA PICCOLA ROMA CERASALA: fu incoscienza o razzismo? Comunque una tragedia frutto di inciviltà 
Cerasela, o Cirasalla come ci riportano i giornali, è la bimba rom di un anno e mezzo colpita a Roma il 17 di luglio da un pallino sparato da un uomo che - dice - stava provando la funzionalità della sua carabina ad aria compressa. In sostanza ha sparato pallini d’acciaio dalla finestra o balcone di casa sua .
Cerasela -  nome dolce che ricorda le ciliegie ( le cerase) e la loro luminosa bellezza - era  in braccio alla mamma, cioè nel luogo più sicuro in cui può essere accolto un bimbo, che camminava nei pressi di via Palmiro Togliatti, grande arteria della Capitale. Ma la città è sempre meno sicura.
L'uomo che avrebbe sparato, un certo Mario Arezio, è un incosciente che pensa che sia legittimo provare in città un fucile da una finestra. Forse è una persona che, oramai offuscata dal clima di intolleranza cattiva che nutre la caccia al 'diverso' (rom, emigrati e poveracci vari) ha pensato che - messa a fuoco una famigliola facilmente identificabile come “zingara” - fosse il caso di dare un avvertimento , appunto, sparando.
La mamma si accorge del dramma solo quando scorre il sangue e Cerasela le si accascia fra le braccia. Come si può temere in città uno sparo dalla finestra di un adulto che gioca con un fucile? Un uomo poi che, come ci racconta la cronaca nella sua vita, ha lavorato al Senato, ovvero al servizio delle più alte Istituzioni dello Stato. La corsa al Bambin Gesù, possiamo immaginare, con una bimba piena di sofferenza e due genitori increduli per un avvenimento inaccettabile e surreale, è la via per scoprire l'entità del danno per la minuscola Cerasela. Se sopravviverà, potrebbe avere danni alla colonna tali da impedirle di camminnare. A tutt’oggi non si sa se i medici dell’Ospedale romano potranno riuscire nel miracolo di “riparare” i danni di un pallino di piombo arrivato vicino al cuore e alla spina dorsale.
L’uomo non ammette che sia stato un gesto di razzismo, anche se pochi gli credono, ma “solo uno sbaglio“ o, vorrei dire io, un atto di inciviltà e superficialità che lascia senza parole.
Non credere che non sia un atto razzista si rafforza pensando, come dice intervistato il papà della piccola, che non ha neanche sentito il bisogno e ha avuto l’umiltà e sentito il dovere di andare a trovare Cerasela, magari per chiedere scusa e portare un gioco, anche per vedere coi suoi occhi come sta. Forse ha paura un uomo che, invece, non ha paura di sparare da una finestra di città?
Piacerebbe comunque pensare che, nonostante la gravità, comunque quanto accaduto non sia ascrivibile a razzismo ma è difficile crederlo nel clima di odio che dilaga e racconta oramai quasi ogni giorno e in ogni parte d’Italia avvenimenti di razzismo e inumanità appunto contro emigrati in prima fila, onestamente inseriti nella vita lavorativa quotidiana; come il barista picchito in Sicilia o l’operaio a cui hanno sparato – dicendo che facevano il tiro al piccione - mi sembra in Lombardia .
L’odio, l’intolleranza, l’affermazione di superiorità su di un altro essere umano sono fatti, comportamenti che non bisogna avere paura di definire per quello che rappresentano: atteggiamentii di guerra verso un essere umano più debole che esprimono la tracotanza del proprio potere.
L’attacco a quella piccola creatura che è la bimba ciliegina Cerasela, in un tempo in cui si evocano le frasi di Mussolini, sa molto di spezzare le reni a un essere fragile e inerme. E, nella migliore delle ipotesi, non ci sono scuse accettabili su presumibili errori.
Da una finestra di città non si spara per gioco e se lo si fa si commette “un reato grave” . L’odio che si va diffondendo e di risposta la paura a fronte della violenza con cui ci si esprime parlando di emigrati e di rom - al centro , proprio a Roma di avvenimenti molto discutibili come lo sgombro del campo RIVER senza aver prima trovato e condiviso le soluzioni alternative per decine di famiglie e persone che oggi stazionano per strada.
Oggi aspettiamo notizie di Cerasela, aspettiamo aggiornamenti. Dobbiamo, direi, voler sapere come sta, quale siano le prospettive e vorremmo essere informati su come si provvederà alla sua difficile vita di bimba che paga gli errori di una società divenuta dolorosamente inaccettabile per i diffusi atteggiamenti di spavalderia, di arroganza di desiderio di giustizia fai da te.
Talvolta viene nostalgia di quel paese che ritenevamo un collettivo solidale e amante della civiltà pur con tutte le sue caratteristiche un po’ retoriche e spaccone ma sempre pronto a scendere in campo esprimendo solidarietà militante. Non si può accettare che fosse solo ipocrisia. Il tema non è che non ci siano milioni di italiani che ancora lo siano -uno più uno, più uno - ma quello che è venuto meno è che si possa dire che lo è “il paese” .
E con una virata di 360 gradi in chiusura di questa piccola ulteriore espressione dei miei pensieri in libertà mi domando e domando se noi donne,  che per decenni, almeno nel mondo definibile di sinistra, abbiamo spiegato le nostre capacità di accoglienza, di sensibilità “di diversità” etc rivendicando un nuovo peso nella società che decide, non sia il caso che ci rimettiamo in moto e ci esprimiamo e discutiamo collettivamente del mondo che vorremmo,  magari proprio ispirate dalle tante Cerasela che non hanno voce e subiscono inaccettabili violenze.
Paola Ortensi

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