Login Registrati
A Roma Insieme - Nessun bambino entri più in carcere

A Roma Insieme - Nessun bambino entri più in carcere

Intervista a Gioia Passarelli Presidente di “A Roma Insieme-Leda Colombini”. Una nuova legge prevede la realizzazione di Case famiglie protette

Sabato, 21/09/2013 - Abbiamo intervistato  Gioia Passarelli che da poco più di un anno è Presidente dell’associazione “A Roma Insieme-Leda Colombini” , associazione che si occupa dei bambini in carcere, cogliendo l'occasione di una nuova legge che prevede l'avvio di Case famiglie protette nel gennaio del 2014.



Una bella responsabilità succedere a una figura come Leda Colombini ...

Per me non è stato facile sostituirla improvvisamente, perché Leda aveva una personalità forte e totalizzante, lei era “A Roma, Insieme”, l’aveva voluta fortemente. Dopo il mio dolore personale, perché con Leda ci conoscevamo da trent’anni, e lo sconcerto dei volontari che si sono trovanti di fronte ad una realtà senza Leda, abbiamo continuato le attività dell’associazione. E una cosa è certa, nulla è cambiato di quelle che erano e sono le strategie e le motivazioni, continuiamo a svolgere tutte le attività arricchendole. Sono aumentati i volontari ed è aumentato l’interesse intorno a noi. Dopo un anno e mezzo, volendo fare un bilancio, diciamo che non solo nulla si è interrotto, ma che stiamo continuando a batterci perché il nostro obiettivo, che è il cuore dell’associazione, continui “Nessun bambino - come diceva Leda - entri più in carcere”.



Cosa è cambiato in questi anni in carcere dagli iter burocratici alla condizione vera e propria?

Per quello che riguarda il carcere femminile di Rebibbia una differenza io l’ho vista. Innanzitutto una trasformazione fisica del luogo, abbiamo cercato di renderlo il più allegro possibile. La conquista più importante fu iniziata da Leda nel 1992. Era la richiesta alle autorità competenti che fosse riservato un posto per i bambini della sezione nido del carcere, negli asili nido comunali. Per due anni Leda fece l’inferno perché questo avvenisse, e poi la soddisfazione quando il 24 settembre del 1994 un pulmino si fermò davanti al carcere per prendere i bambini e portarli fuori. Da allora non si è mai interrotto, anche grazie all’apporto del Municipio. L’anno scorso per un periodo si interruppe per mancanza di fondi e noi ci rivolgemmo anche alla stampa. Ma devo dire che si fecero tutti in quattro perché fosse ripristinato il servizio.



L’estate scorsa avete fatto un'audizione alla Commissione della Camera e del Senato sui diritti dei bambini, com’è andata?

Fra le attività che noi svolgiamo la più importante è sicuramente quella di portare fuori i bambini per andare al nido esterno, il Presidente Manconi ha ribadito che quello che noi svolgiamo dovremmo estenderlo in tutte le città che hanno il nido, perché è una conquista fondamentale per i diritti civili. Dalle 8 e 30 del mattino fino alle 4 del pomeriggio loro vivono come tutti gli altri bambini e facciamo in modo che vadano in asili diversi per non ricreare gli stessi visi, le stesse facce che è uno dei problemi per i bambini in carcere. Poi abbiamo parlato di una serie di iniziative che trattiamo che vanno dalla Musicoterapia all’Arteterapia attraverso cui vengono coinvolte sia le mamme che i bambini.



Ci sono i momenti esterni per i bambini fuori dal carcere?

Si sono due, uno è appunto quello del nido esterno la mattina fino al pomeriggio e un altro fondamentale è il sabato. I bambini escono dalla mattina alla sera con i nostri volontari e li accompagnano presso enti, famiglie, associazioni che ci accolgono nei posti più diversi dal mare alla montagna. Creiamo tutte le condizioni affinché l’impatto e l'impatto del carcere sui bambini sia meno dannoso possibile, perché un altro grande problema è un rapporto simbiotico con la mamma e con le altre figure sempre uguali del carcere che creano difficoltà nel linguaggio e nell’apprendimento. Ma c’è un momento molto difficile per la mamma e il bambino, che è quello del distacco al compimento del terzo anno di età. Infatti entro 48 ore i bambini devono andare via. Quando ci sono famiglie all’esterno vengono affidate a loro, altrimenti i nostri volontari, con i servizi sociali fanno affido volontario fino a quando la madre esce dal carcere.



Nel marzo scorso c’è stato un decreto attuativo riguardo la “Casa famiglia protetta” o ICAM, di cosa si tratta?

A livello generale si tratta di una legge che, per le pene che non sono particolarmente gravi, prevede l’istituzione di “Case famiglia protette” per mamme e bambini insieme, e in cui è possibile avere il ricongiungimento con gli altri figli, certo non è ancora chiaro ad esempio quell’aggettivo “protetta” cosa significhi, non si capisce bene da quali organi deve essere protetta, poi ci sono una serie di regole che non sarà semplice dare attuazione, come ad esempio che deve essere realizzata nel territorio ed è totalmente a carico degli Enti Locali. A Genova, è notizia di questi giorni, il Comune si sta già attivando per aprire queste case, perché a gennaio 2014 la legge entra in vigore.



... E a Roma a che punto siamo?

Teniamo conto che Roma ha un carcere che è numericamente il più grande in Italia. La situazione è che qui ancora non se ne parla. Noi vogliamo che il Comune, attenendosi a questa normativa, si impegni a realizzare le Case famiglie protette in modo di sottrarre al carcere il bambino e di sistemarlo in una situazione completamente diversa. Stiamo sollecitando il Comune di Roma e il Sindaco Marino, il quale ha tenuto a precisare - cosa che noi abbiamo apprezzato - che Roma deve diventare una città a misura di bambino, perché il bambino è il futuro. Non si deve dimenticare che dei bambini in carcere non si parla mai, anche quando si parla delle condizioni della detenzione. E' vero,sono pochi in tutta Italia, ma ci sonoc e no vanno dimenticati.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®