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“Es-senze”, quando gli artisti usano l’olfatto

“Es-senze”, quando gli artisti usano l’olfatto

Palazzo Mocenigo a Venezia ospita fino al 27 novembre la mostra "Es-senze", curata da Pier Paolo Pancotto, con installazioni olfattive realizzate da dodici artisti internazionali

Mercoledi, 27/07/2022 -

Gli odori, lo sappiamo, sono in grado di suscitare emozioni, riportare alla mente ricordi sepolti, accendere il desiderio e influenzare (spesso inconsciamente) il modo di percepire luoghi e persone. Eppure, l’olfatto è sempre stato il più trascurato dei cinque sensi e tra gli artisti pochi hanno fatto ricorso, nei loro lavori, a essenze, fragranze e profumazioni. Certo, la natura intangibile, invisibile e volatile degli odori rappresenta una sfida per le arti visive, ma proprio per questo i risultati possono rivelarsi quanto mai interessanti e originali, come dimostra ora la bella esposizione «Es-senze», allestita nel Museo di Palazzo Mocenigo a Venezia.

Curata da Pier Paolo Pancotto, con la collaborazione della responsabile di Palazzo Mocenigo, Chiara Squarcina, l’esposizione presenta per la prima volta in Italia una collettiva di dodici artisti di fama internazionale che si sono misurati con il profumo. E a questo proposito vale la pena ricordare che il museo è sede del Centro Studi del Tessuto, del Costume e del Profumo, uno dei maggiori centri italiani specializzati nella ricerca sulla moda, con una sezione specifica dedicata al profumo.

Le opere in mostra, alcune create per l’occasione (talvolta con la collaborazione di un profumiere), altre scovate dal curatore negli archivi degli artisti, sono ambientate in dodici delle venti sale al piano nobile di Palazzo Mocenigo, una tipica dimora nobiliare veneziana del Settecento che conserva ancora il fascino e l’atmosfera intima di un’abitazione vissuta. Le dodici installazioni olfattive dialogano quindi con un contesto storico ricco e raffinato, caratterizzato da dipinti, affreschi, mobili intagliati e dorati, vetri soffiati di Murano, merletti di Burano, stucchi, tessuti preziosi, abiti, candelieri, specchiere e porcellane cinesi. La difficoltà maggiore pare sia stata calibrare bene i profumi, affinché passando da una sala all’altra non si mescolassero tra loro. L’esposizione, tuttavia, non offre semplicemente un percorso olfattivo, piuttosto è un’esperienza multisensoriale che, come suggerisce già il titolo, invita anche a riflettere sulla “essenza”, cioè sulla sostanza delle cose, l’identità delle persone e l’anima dei luoghi.

Certo, non è facile raccontare lavori incentrati sull’elemento olfattivo, ma giusto per dare un’idea, entrando nella prima sala si vede l’opera di Eva Marisaldi (Bologna, 1966) intitolata «Dialogo», una fotografia posta sul pavimento che ritrae due defunti su un sarcofago. Chinandosi per osservare meglio l’immagine si è colpiti dalla fragranza dell’eucalipto. L’opera rievoca un’esperienza autobiografica di quando l’artista da bambina accompagnava la nonna al Cimitero monumentale di Bologna. Il ricordo di quelle visite le si è impresso nella memoria, restando indissolubilmente legato al profumo degli eucalipti. Ma a prescindere dalla storia delle opere è evidente che ogni lavoro in mostra può innescare in ciascun visitatore emozioni, memorie e sensazioni diverse. Nella sala successiva, ad esempio, Mircea Cantor (Oradea, 1977) ha posto su tre tavolini tre bacchette di incenso accese, che spandono nell’aria un profumo sensuale e avvolgente. Quasi impercettibile è invece la profumazione che si percepisce nella sala dove Florian Mermin (Longjumeau, 1991) ha sistemato, su un tavolo da pranzo con la tovaglia di merletto, il calco delle proprie mani nell’atto di offrire dei boccioli di rosa. Mateusz Choróbski (Radomsko, 1987) ricorre a un sapone artigianale tipico della sua infanzia inserito entro il telaio della porta della sua casa in Polonia, quasi un autoritratto intimo. Paola Pivi (Milano, 1971) è presente con un divanetto in miniatura impregnato di un profumo di lusso dal sapore antico: la «Rosa Moceniga». Un tronco di legno di larice al cui interno c’è della resina è la cifra inconfondibile di Giuseppe Penone (Garresio, 1947), che attraverso la delicata profumazione della resina ci parla di una natura che continua a vivere. Luca Vitone (Genova, 1964) è l’autore dell’opera forse più concettuale della mostra: «Imperium». Entrando nella sala più fastosa del palazzo si avverte un odore che inizialmente pare piacevole, ma che poi si rivela sempre più sgradevole, marcio. E’ una metafora del potere, della politica, che all’inizio è suadente, ma che col passare del tempo diventa opprimente. Il lavoro di Nico Vascellari (Vittorio Veneto, 1976) «Spirit» è invece un omaggio criptico alla scena musicale del rock underground. Al centro della sala è poggiato il calco di un tombino e si avverte un odore indefinibile. E’ il profumo di «Teen Spirit», un deodorante molto popolare tra gli adolescenti negli anni Ottanta, divenuto poi iconico di una generazione perché ripreso anche nel titolo di una celebre canzone dei Nirvana. Nella sala seguente Jason Dodge (Pennsylvania, 1969) ha cosparso di foglie secche e cartacce il pavimento e si avverte un odore spiacevole, che contribuisce a trasformare negativamente la percezione di un ambiente altrimenti accogliente. Namsal Siedlecki (Greenfield, 1986) presenta il calco di una testa rovesciata, riempita all’interno di un liquido salato che ricorda l’odore della laguna di Venezia. Bruna Esposito (Roma, 1960) con «Riverberi» offre alla vista un gong, che si può suonare, e una corona di alloro. Le vibrazioni del suono si diffondono nell’aria con un ritmo circolare come la sottile profumazione dell’alloro. Achraf Touloub (Casablanca, 1986) coniuga scarti di automobili con le bacchette di incenso, che seducono il visitatore e lo invitano a proseguire. Il percorso si conclude con un omaggio all’artista futurista Fedele Azari (1895-1930), autore nel 1924 di un pionieristico manifesto dedicato alla «Flora futurista ed equivalenti plastici di odori artificiali».  Il profumiere Gaël Montero ha creato per l’occasione un’ipotesi di fragranza futurista, «Fiore di petrolio», dal sentore di benzina, che i visitatori sono invitati ad annusare. 

La mostra, accompagnata un catalogo edito da lineadacqua, fa parte di MUVE Contemporaneo, una serie di progetti di arte contemporanea che la Fondazione Musei Civici di Venezia promuove nell’anno della Biennale d’Arte e la data di chiusura, il 27 novembre, coincide infatti con quella della Biennale.

Per maggiori informazioni si rimanda al sito del museo: www.mocenigo.visitmuve.it

 

Didascalie
Alcune vedute delle sale di Palazzo Mocenigo con le installazioni olfattive (foto di Claudio Franzini).


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