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“Il bambino che deve resettare i suoi affetti…”

“Il bambino che deve resettare i suoi affetti…”

Quando le istituzioni invece di proteggere traumatizzano i minori. Il caso del piccolo Leonardo

Sabato, 13/10/2012 - “Da un punto di vista sociologico il modello “idilliaco” di famiglia borghese, dal medioevo a oggi è stato il meno idilliaco di tutti.” In realtà, afferma H. Köhler, un noto pedagogista contemporaneo, nemmeno il modello “contadino” è stato soddisfacente, perché le forme della convivenza più adatte per i bambini non le abbiamo ancora trovate. L’odio e la freddezza, che caratterizzano molte separazioni sono dei veri inferni per i bambini. Sempre Köhler, afferma che occorre, soprattutto da separati, assumere il punto di vista del bambino, altrimenti il rischio è grande, perché il suo mondo può andare in pezzi in modo irreparabile. Il pediatra Remo Largo afferma: “I genitori che si separano devono sapere che ciò che li unisce è il bambino”.

Troppe volte nell’ambito istituzionale si assiste impotenti a un modo di procedere “adultiforme”, che non tiene assolutamente conto di ciò che serve veramente al bambino per non rischiare una grave scompensazione. Non possiamo sapere dove possa essersi spinto il conflitto del padre o della madre del piccolo, ma i fatti sbattono in prima linea il livore di un padre verso una donna - con la quale si era impegnato - , e forse verso il suo stesso figlio, per una reale difficoltà di rapporto. Che fine ha fatto l’amore? Come può un bambino riconoscere o scambiare amore con un adulto che sembrerebbe incapace di nutrire amore? Quale psichiatra - tra l’altro non è la figura più autorevole per decodificare la problematica di attaccamento madre/bambino, in quanto esistono dei corsi di specializzazione in materia infantile e delle formazioni peculiari che non vengono necessariamente richieste a chi svolge il ruolo di CTU o CTP per il Tribunale - ha il diritto di separare un bambino dalla propria madre? Il sistema, a mio avviso, è tutto da rivedere, perché se il bene supremo è quello del bambino - e così dovrebbe essere in una società civile - non si dovrebbe permettere a due adulti di odiarsi al punto di usare il bambino come strumento di vendetta. Quando due adulti non sanno rispettarsi, forse nessuno dei due è in grado di rispettare nemmeno un loro figlio. Il ruolo istituzionale, a mio avviso, dovrebbe invece ricordare, insegnando agli adulti il diritto di essere rispettati innanzi tutto come persone.

Il gesto di prelevare un bambino in quel modo dimostra soltanto una sorta d’incapacità istituzionale, nel senso che proprio chi è adibito alla protezione del minore, molto probabilmente non è in grado di proteggere nessuno, soprattutto un bambino, che non dimenticherà mai di essere stato oltraggiato nella sua dignità di persona. Il suo grido d’aiuto imploderà negli anni nel suo cuore e non sarà facile ricostituire la sua autostima e l’assunzione di un modello di riferimento. S’illude la figura paterna se crede di essere considerata dopo una simile scelta.

Sarebbe stata molto più utile al bambino e ai genitori una scelta istituzionale basata su una terapia di coppia, una sorta di mediazione familiare, indispensabile, a mio avviso, a tutte le coppie che si separano, proprio per aiutarle ad amare i loro figli. E’ un appello morale che le istituzioni dovrebbero compiere quello di offrire una consulenza obbligatoria prima di separarsi o anche dopo, e solo per amore dei figli. In questo caso forse si potrebbe riuscire a mettere da parte le ferite degli adulti occupandosi veramente di quelle dei bambini.

Per il bambino è sempre difficile accettare una separazione, perché dall’amore dei genitori scaturisce la sua esistenza. La versione più consolatoria per un bambino in caso di separazione è di ricordargli di essere nato da una relazione d’amore. Nel tempo il bambino può capire che l’amore cambi tra i suoi genitori, ma ciò che non potrà mai sopportare è invece l’odio tra di essi. Egli si sente sempre responsabile della frammentazione della coppia genitoriale e per questo motivo è come se inconsciamente dicesse a se stesso di non avere più alcun valore: questo è il vero dolore profondo di un bambino. Un modo equilibrato di intervenire in favore di un minore potrebbe essere quello di spiegargli che i genitori, non andando più d’accordo, lavoreranno per trovare una nuova modalità di occuparsi di lui. Questo non è facile nella nostra cultura, così caratterizzata dall’angoscia, dove la paura si mangia troppo spesso l’amore. La strutturazione dei legami richiede invece molta calma: questo mi sentirei di dire allo psichiatra che si è permesso di diagnosticare l’alterazione del legame madre-bambino…

“Non abbiamo più uno spazio interiore per interessarci agli altri. Le relazioni d’amore sono diventate commerciali e il capitalismo è entrato nella nostra testa. La distruzione delle relazioni ha a che fare con l’economia, è una questione politica. I bambini hanno bisogno di campi sociali di calore!”, afferma Köhler nei suoi scritti.

La forza sociale si sperimenta quando un essere può mostrare interesse autentico per un altro essere umano, mentre nella nostra epoca c’è la difficoltà di far scorrere naturalmente l’amore tra gli esseri umani. Per una coppia separata o che si sta separando è fondamentale rispettare sempre l’altro mostrando un reale interesse per il suo bene.

Quale sarà il rapporto d’amore e di calore di cui necessita un minore tra le mura di un Istituto dove la relazione con un bambino non può essere necessariamente di tipo esclusivo? In quali problematiche future confluirà la sua necessità - impossibile da soddisfare dopo il tradimento del mondo adulto - di calore e di fiducia di base? Quale istituzione può mai sostituire il calore materno? Quale istituzione può sanare la ferita inflitta da uno strappo così traumatico? Queste domande forse non hanno anticipato la roboante ipotesi diagnostica sul rapporto d’amore madre-figlio.

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