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Arabia Saudita/ Paese alla ricerca della (possibile) modernità?

Arabia Saudita/ Paese alla ricerca della (possibile) modernità?

Culla dell’Islam, perché ospita le città sante di Mecca e Medina, l’Arabia Saudita sta attraversando importanti cambiamenti

Lunedi, 01/08/2016 -
Quando si parla di Arabia Saudita vengono subito in mente una manciata di cose.

Al di là dell’importanza che ricopre per i fedeli e le fedeli musulmani di tutto il mondo perché ospita le città sante di Mecca e Medina. Al di là del fatto che sia uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, l’Arabia Saudita è anche il paese nel quale convive più di una contraddizione.

In fatto di diritti femminili il l'Arabia Saudita di certo non brilla per la sua lungimiranza.

Se le donne non hanno il diritto di guidare, a partire dal 2015 hanno però il diritto di votare.

Se le donne non possono lavorare, hanno però il diritto di concorrere come candidate alle elezioni municipali. E se sono considerate adultere, possono essere anche lapidate pubblicamente.


E cosa ne è dei diritti umani? Anche in questo caso sono considerati solo parole scritte su carta straccia, valide per tutti tranne che per il Paese. E lo sappiamo grazie alle battaglie delle organizzazioni internazionali come Amnesty International.

Non sono assenti solo i diritti civili, lo sono anche i diritti sociali e quelli personali.

In un Paese dove lo scandire della vita è regolato dal wahabismo, la corrente più intransigente e radicale dell’Islam, criticata e negata dalla maggioranza dei musulmani e musulmane di tutto il mondo, ogni comportamento che è considerato dissoluto e fuorviante viene messo al bando.


Da anni, anzi da decenni ogni attività per il divertimento è stata chiusa. Ma forse non per sempre. O almeno è così da quanto risulta dalle ultime notizie che arrivano.

Dopo che a partire dagli anni Settanta cinema e teatri hanno chiuso i battenti perché minavano la morale pubblica, sembrerebbe che la Commissione per il pubblico spettacolo, istituita ad hoc, stia di nuovo pensando all’apertura di locali di intrattenimento nelle principali città saudite.

La commissione che è stata voluta dal nuovo re saudita ha aperto i lavori a maggio scorso e sembrerebbe avere il compito di organizzare e sviluppare attività di intrattenimento per incoraggiare il turismo interno.

Ma non è per migliorare la vita dei e delle saudite, perché la ragione di questa scelta è puramente economica.

Difatti, sebbene l’Arabia Saudita sia uno dei Paesi più ricchi al mondo, i suoi sudditi non hanno molti modi per spendere i loro soldi, se non nell’acquisto di macchine per gli uomini ed abiti di alta moda per le donne.

E pensando di volere sganciare la dipendenza del Paese alla sola estrazione e vendita di petrolio, l’unico modo per cambiare le cose è pensare ad investire in attività con cui far girare la moneta interna.

Ma se sono molti quelli che appoggiano l’idea del Consiglio per lo sviluppo e gli affari economici, come i membri della famiglia reale ed i ministri, sono altrettanti quelli che non condividono il progetto, soprattutto tra la gente comune.

Lo scetticismo deriva prima di tutto dal fatto che investire nel settore del divertimento/intrattenimento di fatto non migliorerà la condizione di vita dei sauditi e delle saudite che, pur ricchi, sono comunque privati della loro libertà.

I problemi ed i bisogni sociali rimarranno quelli già esistenti. E i diritti umani e civili continueranno ad essere inesistenti.


È comune il sentire di quanti pensano che le contraddizioni sulle quali il Paese ha costruito la sua storia non cesseranno. E forse non accadrà nemmeno questa volta perché, se da un lato si ha una Commissione intenta ad organizzare eventi culturali ed artistici destinati agli uomini e le donne sauditi, d’altra parte c'è il Consiglio degli anziani studiosi islamici - noto per le sue posizioni contro la musica e l’intrattenimento - che è contrario sd ogni evento che preveda la presenza di uomini e donne nello stesso luogo, dal momento che potrebbe avallare comportamenti non moralmente corretti.

Foto di National Geographic

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