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Avengers: Infinity War

Avengers: Infinity War

Recensioni amatoriali da un punto di vista di genere.

Giovedi, 03/05/2018 - Ho visto il film circa dieci giorni fa e fino ad ora ho cercato di capire le ragioni degli altri, ma per quanto mi sia sforzata non c’è niente da fare: non mi sento toccata. Non credo riuscirò a spendere più di tante parole per la 19ma pellicola del Marvel Cinematic Universe (MCU) [1]. Faccio un piccolo inciso per chi non sa di che si tratta, il MCU rappresenta una delle continuity (nota come “Terra-199999” [2]) tra le diverse basate su supereroi e supereroine nate dai fumetti Marvel e facenti parte del cosiddetto “Multiverso Marvel”. Visto che la materia è complessa tra film, serie TV ed altro, in rete si trovano diverse sintesi grafiche per seguire gli intrecci tra le varie storyline[3], spero possano essere di qualche utilità.

“Avengers: infinity war” è un film quasi impeccabile per il lavoro che deve fare. Lo fa fino in fondo e per certi aspetti fa anche qualcosa in più (il finale merita un plauso ed ho trovato apprezzabilissimo lo spazio/qualità dedicato al super cattivo).
Andiamo al punto quindi, cosa c’è che non va (a parte la musica di Alan Silvestri che in questo caso ho trovato esageratamente pomposa)?

Ci ho pensato e ripensato e la questione è maledettamente semplice, in circa due ore e mezza non mi ha detto nulla. Non mi ha coinvolto. Esperienza asciutta, formalmente tutto giusto, svolgimento ottimo ma torno a casa pensando ad altro. Il fatto è che non si può pretendere troppo, forse. Sembrava impresa impossibile ma i due registi Anthony e Joe Russo insieme agli sceneggiatori Markus e McFeely hanno realizzato un crossover senza pari, un'opera di raccordo che riesce a tenere insieme storie e registri diversi, attraversando tutto lo spettro: dalla tragedia spintissima alla commedia burlesca, dall’azione al romanticismo facendo interagire una quantità di personaggi spaventosa. C’è spazio per tutto e tutti in un bilanciato equilibrio. Che dire. Professionisti davvero, ottimo lavoro.

Il fatto è che forse io ho un orribile cuore di pietra, ma non sto affatto macerando nel desiderio di sapere che ne sarà di tutta la polvere che è rimasta a circolare fin dopo i titoli di coda. Passerà del tempo e sapremo come, quanto e da chi verranno sistemate le cose. Ovvio bisogna fare la tara, io ho questa fissazione femminista che acuisce un punto di vista “dal margine” [4] . Ho cercato di capire perchè la mia opinione è che il film -si- funziona perfettamente ma -no- non è un film che mi piace anzi mi lascia proprio freddina. Un primo punto è che si tratta di film che volendo si tiene anche in piedi da solo ma che ha degli aspetti intellegibili solo da un pubblico di fan che sanno molto bene chi è chi, che si sente a casa nel contesto del MCU per cui le vicende di chiunque anche solo evocate, emozionano. Semplici sguardi o singole battute sono riferimenti a vicende pregresse, ad aspettative o ricordi patrimonio di questo specifico pubblico. Ma nel calibrato equilibrio non spicca nessuna storia in particolare, è davvero un pò un album di famiglia rilegato e fotografato ad hoc ma senza protagonisti. Ad esempio ho percepito come un tributo necessario anche i minuti dedicati ad uno dei miei personaggi preferiti, Loki. Nessuna commozione nonostante il pathos della scena, nonostante i primi piani. L’unica figura che emerge dal coro eterogeneo ma piatto, mi porta dritta al secondo punto. La storia che viene raccontata di fatto è la storia (la volontà) del super cattivo e questo è bene, un villain finalmente ben tratteggiato che si prende uno spazio ed una dimensione in un film ambizioso come questo mi solletica però quella marginalità del punto di osservazione di cui parlavo sopra smorza l’entusiasmo: la volontà di Thanos che qui vediamo votato alla strage sulla base di ragionamenti malthusiani, diventa una volontà di grandezza che si inscrive a pieno titolo in un noiosissimo grande classico della narrazione stereotipata del maschile, che sia salvare o distruggere tutto (o metà del tutto) poco importa. Solitudine, rinuncia agli affetti, lacerazioni interne e abnegazione quando nessuno gli ha chiesto niente significa una cosa sola: elevarsi sopra agli altri. Determinare il futuro, il destino delle genti con criteri più o meno logici ma sempre lì stiamo, il solito super maschione triste elevato alla superpotenza. Mi dispiace non mi appassiona.

Questo è quanto, salvo la speranza che al prossimo giro ci sia qualcosa di nuovo che unito alle capacità professionali sulla forma possa donare anche sostanza a cui appassionarsi.

(nb: rispetto al bechdel test, lo passa solo tirato per i capelli [5])







Note e link:
1) Marvel Cinematic Universe 

2) Continuity/Universi/Terre “Terra-199999”

3) Sintesi grafiche MCU:
Andrew Brampton ne ha pubblicate due, una dedicata ai film ed una alle serie su Netflix
Screenweek ne ha elaborata una unitaria

4) Ogni scusa è buona per citarla: bell hooks “Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale”, 1998 Feltrinelli, 160 pagine, EAN: 9788807102424, ISBN-10: 8807102420, ISBN-13: 978-8807102424

5) Bechdel Test Movie List , discussione su “Avengers: Infinity War” 

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