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Barbara Beneforti, terza classificata (inediti) del Premio letterario nazionale Clara Sereni

Barbara Beneforti, terza classificata (inediti) del Premio letterario nazionale Clara Sereni

"Noi siamo torrente", l'inedito di Barbara Beneforti: biografia dell'autrice, sinossi del libro e incipit

Mercoledi, 07/12/2022 - Barbara Beneforti, con 'NOI SIAMO TORRENTE'  terza classificata (sezione inediti) della terza edizione del Premio letterario nazionale Clara Sereni, si racconta. "Sono nata nel 1968. Ho lavorato per molti anni in ambito sociale, occupandomi di inclusione della popolazione migrante e di pari opportunità. Fin da bambina ho sempre amato leggere. Sono partita da Pippi Calzelunghe e Piccole donne, e non ho ancora smesso. Più tardi ho provato a scrivere qualcosa di mio, pubblicando in particolare alcuni romanzi: L’ultima stagione (Marco Del Bucchia editore, 2011), La disertora (Iacobelli editore, 2016), La strana storia della murata di via degli Armeni (Settegiorni editore, 2020). Con l’inedito Noi siamo torrente mi sono classificata al terzo posto nella III edizione del Premio letterario nazionale Clara Sereni".

"NOI SIAMO TORRENTE
",
sinossi
Tre bambine crescono come sorelle in un minuscolo borgo di montagna. La loro vita scorre tranquilla, fra corse in piazza e bagni nel bozzo del Tasso. Ma ben presto vengono separate: Diana e Chira si trasferiscono in città, mentre Nora resta da sola in paese. Il Sessantotto vede le prime due appena diplomate alle magistrali, la terza operaia in una fabbrica dove si confezionano pantaloni da donna. Le seguiamo per gran parte della loro vita di donne, in una lunga strada fra Appennino e città, fra Toscana e Marsiglia. Diversi piani temporali si intrecciano, i ricordi di Diana si alternano con altrettanti quadri narrativi: il lavoro, l’impegno politico, la difficoltà di arrendersi alla vecchiaia, il rapporto con la natura, la lotta perpetua delle donne per ricominciare sempre da capo.
Fra le pagine, le parole di Diana rievocano le afflizioni di un grande amore perduto, per il quale forse – verso la fine della storia – il destino presenta un’ultima occasione. Ma mentre il passato non lascia tregua alla protagonista, il presente la conduce a indagare, insieme alle amiche finalmente ritrovate, su un piccolo intrigo paesano: la giovane Marisol si trova invischiata in una brutta vicenda di droga, dall’esito imprevedibile. E saranno proprio Diana, Chira e Nora, ormai anziane, a svelare il mistero, dopo indagini casalinghe che le porteranno a scarpinare su per i monti, a entrare di soppiatto in casa altrui, a scrivere lettere anonime. Sullo sfondo la Lustrola, il torrente che scorre sotto la piazza del castagno vecchio: le sue acque benefiche, fredde e scroscianti, hanno il potere di condurre a valle, insieme a ciottoli e rami secchi, tutti i dolori.

"NOI SIAMO TORRENTE", incipit
Le vidi dal finestrino appannato del pullman, dopo il tornante del Brocco. Eccole là: ballavano la tarantella, frullavano in mezzo al piazzale dove finiva l’asfalto e la fermata era segnata da un vecchio palo di ferro arrugginito. La danza delle foglie morte portate dal vento mi aveva sempre incantata, come sempre mi persi per un momento a guardarle. Il pullman rallentò, scalò la marcia, frenò cigolando. L’autista si voltò verso di me con una certa espressione impaziente – ero rimasta l’unica passeggera dell’ultima corsa – e sotto quello sguardo che mi parve severo mi alzai a fatica, ancora intontita dal viaggio. Misi un piede sulla scaletta, il vento mi prese a schiaffi e dovetti tirare su il bavero del cappotto. Non era ancora inverno ma quassù era già freddo. Le foglie assecondavano le folate, ora erano ruzzolate fin davanti alla fontana mentre lassù dietro al poggio una striscia di nuvolacci grigi e gonfi prometteva temporale. Mi voltai al tonfo della valigia sul selciato, l’autista aveva già scaricato le mie cose e il bagagliaio era vuoto. Avevo viaggiato per mezza giornata e finalmente ero al capolinea. Il treno del mattino s’era infilato nella pianura come un coltello, affettando una nebbia bassa e rada che sfocava i contorni dei cipressi e quelli dei rododendri e delle magnolie nei vivai e i rami già spogli dei pioppi lungo i fossi, dove riposavano gli aironi. Ne avevo visto uno in lontananza, appollaiato proprio in vetta a un ramo, e avevo alzato una mano come una scema per salutarlo.

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