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Barbie world

Barbie world

A proposito di Barbie e di Ken... già vent'anni fa dal libro "Ti amo lo dici a tua sorella" di Michela De Muro

Lunedi, 31/07/2023 - Si parla tanto del nuovo film "Barbie", campione di incassi in questi giorni estivi. Ripropongo qui un testo tratto dal volume di Michela De Muro "Ti amo lo dici a tua sorella" (Coniglio editore) pubblicato quasi 20 anni fa. Oltre ad essere molto ironico e divertente - cosa che non guasta mai - è anche una bella riflessione sulle Barbie, sui Ken e sul loro ruolo nel nostro immaginario. 
Le foto sono di Michela De Muro


Tengo in mano una Barbie come microfono e canto nella sua chioma biondo platino - «In the name... of love... one more... in the name of love... uh uh uhuh... uh uh uhuh...».
In the name of love? – penso – quante cazzate in the name of love!
Poggio la Barbie e mi rimetto a stirare. Anzi prima decido di darle una stiratina ai capelli, verranno lisci e splendenti, li stendo per bene e ci passo il ferro. Una poltiglia giallastra frigge immediatamente incollandosi tra la tavola e il ferro da stiro.
Sei cretina! – mi dico ad alta voce.
Per oggi non si stira più, almeno. Spengo il ferro e faccio un nuovo taglio “più fresco” alla Barbie, prima che torni mia figlia, e la rimetto insieme all’harem di quel citrullo di Ken.
Chissà perché, di Ken ce ne sono al massimo un paio e di Barbie un esercito. Che idea si farà la mia povera figlia? Che un uomo vale dieci donne? Che le donne sono la maggioranza e quindi sono più importanti? Non credo, perché sono tutte lì a sbavare per quell’unico maschio. Ci esco io – no, tu sei uscita ieri – ma il tè l’ha preso con quella rossa – però nel camper ci dormo io. Ma che facciano un’orgia e se lo sbranino come un branco di volpi con un solo coniglio.
La Mattel ha democraticamente prodotto una Barbie nera ma, cosa triste, tutte le bambine, quando giocano le fanno fare la parte della filippina. Non ha funzionato o era tutto calcolato? Anche perché, ce ne sono tremila bianche e una sola nera.
Questioni di marketing. Chi ne sa niente dei grandi manovratori.
C'è uno spot della Barbie dove ci sono tre bambine infiocchettate e addobbate come un cesto di Pasqua, tutte rigorosamente bionde che dicono in coro queste esatte parole: «A noi piace stare in casa e ci piace essere sempre bellissime! Proprio come la nostra Barbie». Roba da chiamare il 113, il telefono azzurro e il telefono rosa. La pubblicità per i bambini dovrebbe essere vietata ai minori. Questo spot passa spesso e io faccio quello che posso, mi metto a braccia aperte davanti allo schermo del televisore e urlo – Non dicono sul serio, stanno facendo una brutta recita, le pagano, lo dicono solo per i soldi – peggio che mai – anzi lo dicono perché lì dietro c’è uno che vuole diventare ricchissimo, quello che vende le Barbie che vuole guadagnare tanti soldi e gli dice di dire quelle cose, così poi le bambine le vogliono e le mamme come me le comprano ma poi, quando non si vede, loro vanno da quello cattivo, si levano tutti quei fiocchi e glieli mettono in testa a lui e gli ballano intorno, dopo avergli dato fuoco, vabbè senza dargli fuoco, perché fanno fare queste figure da stupide alla bambine, mentre i maschi giocano ad andare sulle jeep, ci sanno andare le femmine sulle jeep, capito? Io lo so perché di lavoro faccio le pubblicità!
– E allora perché le fai se sono cattivi?
– Ecco, questa è una bella domanda. Perché mi pagano anche a me e ci servono i soldi per tutte le cose. Non sempre si può scegliere il lavoro che vuoi fare.
– Ciao! Io vado a giocare con le Barbie.
– Appunto. Vuoi che giochiamo insieme?
– Sì, facciamo uno spettacolo col concerto?
Mi siedo per terra e cominciamo a preparare il palcoscenico dove canterà la Barbie Rock, con il microfono, le casse, la consolle, la chitarra elettrica, le tastiere e la batteria, anche i fans e la cassetta registrata, applausi compresi.
Intanto prendo Ken, gli faccio attraversare la strada per andare al concerto e... – Oh... accidenti! È arrivato un camper a tutta velocità e lui non l’ha visto perché è cretino e guarda il sedere alle ragazze che entrano, poi si sente la frenata e ...hhhiiiiiiiiii... CRASH!
Troppo tardi, l’hanno investito. Sarà morto?
Arriva l’ambulanza – pipo! pipo! pipo! – si ferma, scende il dottore e fa no con la testa – non c’è niente da fare, è morto stecchito.
– Ma mamma! Ogni volta a Ken gli fai succedere qualcosa!
– Hai ragione, scusa, è solo svenuto, il dottore non capisce niente ma arriva una dottoressa femmina che gli fa un’iniezione e lo risveglia. Forse è meglio che vado a preparare la cena eh!
– Sì, è meglio, ci gioco io, così non si fa male nessuno.
– Brava.
Penso alle pari opportunità, soltanto dette e applicate male.
Chi risarcisce i danni irreversibili dei millenni passati? Che sarà mai se ogni tanto qualche Ken si schianta sotto un camper! O viene mangiato da uno squalo o affoga nella vasca da bagno con gli occhi azzurri sbarrati?

– È pronto vieni?
– Che c’è da mangiare?
– Cosce di Ken e piselli tritati! Scherzo! Cosce di pollo e pisellini teneri e dolci, va bene?
– Mmh... Domani devo portare due macchinette a Michele, così ha detto che non mi mena.
– Cosa?... Ma è una cosa tremenda questa!
– Perché? Tutte le femmine portano giochi ai maschi per non farsi menare.
– Domani vengo a parlare con la maestra.
– Perché? Poi mi menano pure gli altri perché ho fatto la spia.
– Questa si chiama mafia. Quante femmine siete?
– Dodici.
– E quanti maschi?
– Sei.
– Siete il doppio e vi fate mettere sotto da loro?
– Ma quelli ci menano, ci danno i calci!
– Bene, se non vuoi che vengo a parlare con la maestra, tu domani fai una riunione segreta con tutte le femmine e gli spieghi che se cominciate a menare pure voi, vincerete! Perché siete di più! E quei ragazzini prepotenti la smetteranno di ricattarvi.
Okkei? Hai capito bene? Sennò io vado dalla maestra, poi dalla direttrice e poi dal preside! E poi scrivo a La Repubblica, al Messaggero e al Corriere della sera così lo sanno tutti. Mi hai capito bene? Cominciate a difendervi da sole, nello stesso modo, se è necessario!
Adesso a nanna.
– Ma le posso portare lo stesso le macchinette, se poi perdiamo...
– Non perderete, e se le maestre lasciano che si scateni una rissa, senza fare niente, allora sì che mi diverto!
– Non ho capito.
– Fa niente, domani capirai che ho ragione.
Il giorno dopo torna da scuola con quattro lividi sulle gambe, due cerotti sulla mano, più un labbro gonfio.
– Non avevi ragione tu – dice.
– Che è successo?
– Abbiamo menato pure noi, ma poi tutte sono scappate e siamo rimaste io e Camilla, prigioniere.
– E le maestre?
– Stavano a prendere il caffè. Quando sono tornate ci hanno fatto liberare e ci hanno strillato, hanno detto – non dovete giocare coi maschi, loro sono più forti e voi vi fate subito male, quindi giocate per conto vostro – ecco, io domani gli porto le macchinette.
– Non ci posso credere.
– Sì che è vero!
– Lo so che è vero, ma lo capisci che non è giusto?
– Sì.
– Okkei, fai da sola allora, quello che ti sembra meglio.
– Gli porto le macchinette.
– Bene. Poi non mi chiedere come mai affogo Ken!
– Mica posso affogare Michele!
– No, Michele non si può affogare, però Ken sì.
Me ne vado demoralizzata sul divano e accendo il televisore ...per la tua bellezza... ZAP... se vuoi prenderlo per la gola... ZAP... oggi puoi cancellare le rughe... ZAP... vuoi fare colpo sul tuo... ZAP... hai mai visto un pavimento così splendente?...
Spengo e scaravento il telecomando contro la parete dietro il televisore, che non rimbalza, perché non ha il comecazzosichiama salva tutto, e si schianta com’è normale che si schianti.
E finalmente mi sento meglio.
– Posso vedere i cartoni?
– Sì, ma non c’è il telecomando.
– Si è perso?
– No, è caduto e si è rotto.
– Ma è il quarto che si rompe, come fa a cadere sempre?
– Chiedilo a Ken.
– Che c’entra Ken?
– Niente niente, mi sono sbagliata. Che cartone c’è?
– Sailor Moon.
– Niente Sailor Moon, è stupido... sono quattro esaltate...
– Cinque.
– Peggio... combinate in quel modo... volano, sono ridicole.
– Perché? Sono forti e hanno i poteri, sono magiche!
– Appunto, le donne sono forti e hanno i poteri solo se sono magiche, già parte male, malissimo.
– ...
– Vabbè’, tanto non ce scampo, guardalo e poi... – faccio il gesto di esercitare un potere su di lei – ...dimenticalo...!!!
Mi rendo conto che è un lotta inutile, più che fare il traduttore simultaneo di tutto quello che vede, che già è una palla, soprattutto per lei, non posso fare molto di più, e non posso starle sul collo per sempre, né fuori casa. Quindi getterò la spugna sull’orrendo quotidiano e mi concentrerò sui concetti fondamentali.
Purtroppo i concetti fondamentali vengono massacrati e seppelliti dall’orrendo quotidiano. Amen.

Si prepara la cena! In cucina! A esprimersi liberamente!!!
Qui sì che possiamo esercitare i nostri poteri, ma i più grandi chef del mondo sono uomini. Ma che ce frega! A noi solo le cucine di casa! Va bene? Possiamo? Ma certo, dobbiamo, non “possiamo”.
E, grazie a Dio, non devo cucinare anche per un uomo. L’ho fatto tante volte e con tanto amore, ma in questo momento
della mia vita non potrei proprio. Io mi sento in guerra e nessuno prepara il rancio per l’esercito nemico.
– Amore della sua mamma? Vieni che mangiamo, senza tv e senza pensieri. Ho fatto tante cose buone!
– Aspetta... c’è Sailor Mercury, ...quella brava a scuola... ti piace no?
– Sì, peccato che ci va praticamente in mutande... dài, vieni?
– Uffa... non ti va bene niente...
– Non mi va bene l’imbecillità.
– Che cos’è?
– Quasi tutto.
– Hai visto, non ti va bene quasi tutto.
– Sì, hai ragione, ma io non mi arrendo e non ti devi arrendere nemmeno tu.
– A fare che?
– A capire quando ti offendono, anche se non sembra.
– ...
– Dài mangia, non puoi capire tutto adesso, un po’ per volta sì, però. Cosa hai imparato oggi, per esempio?
– A scuola?
– Anche a scuola, ma della vita, che hai imparato?
– Che i maschi di classe mia sono... stronzi.
– Ehi, le parolacce le puoi cominciare a dire alle medie, eh! Non voglio dire che sono tutti tutti così... io ne conosco
almeno... tre, che non sono stronzi, e tu quanti ne conosci?
– Due.
– Ah, vedi, già sono cinque, e chi sono i tuoi?
– Chicco, perché è down, e poi papà.
– Ma sì... poi ce ne sono tanti che ancora non conosciamo.
Basta capire come sono le persone da come si comportano, anche le donne! Le tue maestre, per esempio, saranno brave per la scuola ma di maschi non ci capiscono niente, sennò non vi parlavano così stamattina, non è proprio modo, di insegnare, la vita.
Vabbè’,pigiamino?
- Metto a letto Barbie Sirena, e Ken che dorme con lei perché l’ha salvata.
- Guarda che sono le sirene che salvano gli umani, fossi in lei e avessi visto Ken che sta affogando, sai che gli avrei detto? – ah, tu sei Ken, quello che fa il fico, con tutte le umane che gli corrono dietro, guarda, ti salvo solo perché mi fai pena, ma fosse per me, che sono una sirena, puoi anche andare a cagare, come dicono le sirene milanesi. Ah! Ah!
– Ken che fa la cacca! Ah! Ah! Mi fa ridere...
– Anche a me... dài, a nanna! Fra un po’ vengo a darti un bacio e ti voglio trovare a letto, okkei?
Passano dieci minuti e vado in camera sua, già dorme, le do un bacio e uscendo passo davanti alla casa di Barbie, dove regna la calma e la felicità, Barbie Sirena dorme nel Barbie-letto, con la coda di spigola che pende fuori dalla barbie-coperta ma Ken non c’è.
Lo trovo dopo, in bagno, seduto sul water, coi pantaloni calati e lo sguardo fisso nel vuoto che sorride felice alle mattonelle di fronte.

A cura di Loredana Cornero 

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