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C’è un soffio di vita soltanto: la storia di Lucy torna sul grande schermo

C’è un soffio di vita soltanto: la storia di Lucy torna sul grande schermo

A 10 anni di distanza dal documentario di Gabriella Romano, Matteo Botrugno e Daniele Coluccini raccontano 'Lucy', la donna transessuale sopravvissuta a Dachau

Mercoledi, 12/01/2022 - Al cinema dal 10 gennaio il documentario "C’è un soffio di vita soltanto", firmato dal duo registico degli italiani Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, distribuito da Kimerafilm e presentato in anteprima fuori concorso all'ultima edizione del Torino Film Festival.
Realizzato quasi interamente durante l’anno della pandemia, il film racconta l’emozionante e singolare storia di Lucy, la donna transessuale più anziana d’Italia, oggi ultranovantenne. Tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento di Dachau ancora in vita, è stata testimone diretta di uno dei momenti più bui e tragici della storia del Novecento.

Già nel 2009 la versatile scrittrice, regista e documentarista torinese Gabriella Romano, sempre attenta a miscelare storia ed attualità sociali, aveva scritto e pubblicato con Donzelli Editore il bel volume: "Il mio nome è Lucy: l'Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale", raccontando proprio la storia difficile ed intensa di Lucy, nata negli anni Venti, la sua diserzione dall’esercito, la deportazione a Dachau, gli anni del Dopoguerra, fino all’operazione per cambiare sesso. Nel 2011, due anni dopo il libro, veniva poi scritto e diretto, sempre da Gabriella Romano, il documentario dal titolo "Essere Lucy" (distribuito da Vitagraph e presentato fra l'altro al Queer Cinema & Future Arts Festival presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma, distribuito on-line da realeyz.de ), prima opera cinematografica che ripercorre la straordinaria e toccante vicenda umana di Luciano/Lucy, la transessuale piemontese sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau, tra immagini di repertorio, interviste e testimonianze dirette: una storia intrecciata a filo doppio con gli eventi cruciali della Storia del XX secolo.

A distanza di circa 10 anni ecco una nuova opera sull'appassionante ed emblematica vicenda umana di Luciano, classe 1924, dapprima bambino inquieto della provincia piemontese, poi adolescente «diverso» nella Bologna fascista, e subito dopo disertore con l’8 settembre, deportato a Dachau e liberato dagli alleati, trasmigrato a Torino nel dopoguerra sulle ali del boom economico, dove cambia sesso in pieni anni Ottanta per poi tornare, da donna matura, nella casa e nel quartiere che lo hanno conosciuto ragazzino.

Il documentario "C’è un soffio di vita soltanto", torna a raccontare un pezzo di storia italiana attraverso gli occhi di una persona che, come tante allora, è stata costretta a guardare l'orrore, ma ha saputo resistergli con forza e coraggio ineguagliabili. Attraverso il racconto lucidissimo di Lucy, il film non solo affronta tematiche attuali come l’identità di genere, ma vuole anche far riflettere sull’importanza di continuare a mantenere intatta la propria personalità, nonostante i soprusi e i continui tentativi della società contemporanea di condannare, umiliare ed eliminare ogni accenno di diversità – “chi l’ha detto che una donna non può chiamarsi Luciano?”, afferma la protagonista della storia nel corso del film.

Botrugno e Coluccini, pongono allo spettatore riflessioni non scontate attraverso la voce di chi certi orrori li ha vissuti sulla propria pelle, perché le voci come quella di Lucy si stanno affievolendo e con loro la memoria collettiva sembra perdersi ogni giorno sempre di più.
"C’è un soffio di vita soltanto" è un inno alla vita e un elogio della diversità in tutta la sua bellezza. Perché Lucy è l'essenza stessa della diversità, una persona in perenne lotta per l'affermazione della propria identità, in un mondo che ancora oggi, troppo spesso, preferisce odiare piuttosto che comprendere.


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