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Convegno a Merigar La presenza di fronte al lutto. Accompagnare elaborare vivere. In collaborazione

Convegno a Merigar La presenza di fronte al lutto. Accompagnare elaborare vivere. In collaborazione

Per certi che non sono vissuti se non in punto di morte una sferzata di morte è sferzata di vita – ché, sarebbero morti se fossero vissuti, ma cominciarono a esistere quando morirono. Emily Dickinson, 1864 Dopo la grande partecipazione all’inc

Domenica, 06/05/2018 - Domande per Deborah Messeri.

a cura di Paola Dei

1) I bambini sono angeli si sente spesso dire e vengono da un mondo invisibile come invisibile è il mondo dove entrano le anime dei nostri cari estinti. Ritiene che i bambini alla luce di questi assunti possano comprendere la morte senza traumi?

Se per trauma si intende una ferita, un colpo doloroso e inaspettato rispetto al quale non è possibile far niente direi che i traumi sono inevitabili, e anche i bambini ne sono soggetti. Nella loro umanità sono anch’essi fragili e connessi agli altri attraverso rapporti d’amore, quando questo rapporto d’amore si spezza a causa della morte della persona amata è inevitabile soffrirne.
Sicuramente il lutto nei bambini, rispetto a quello negli adulti, può considerarsi oltre che una situazione di crisi e sofferenza anche una grande occasione educativa. Il compito educativo a cui sono chiamati gli adulti non è tanto quello di dare “risposte giuste” quanto piuttosto di stare accanto ai bambini, situarsi al loro livello di sviluppo e aiutarli a fare un buon esame della realtà lasciando sempre aperta nella loro vita una possibilità al Mistero. Nella prospettiva del Mistero, dell’Ignoto, come sostiene il prof. F. Campione, con cui collaboriamo da tempo, i bambini possono diventare consapevoli che possono essere liberi di desiderare tutto quello che vogliono, anche che la persona morta torni da loro, sapendo però (e qui è importante l’esame della realtà) che non sono obbligati a dover realizzare questi desideri. Si apre per il bambino un’altra dimensione, più semplice da custodire, che è appunto la dimensione del Mistero.

2) Ha avuto esperienza con bambini che hanno perduto entrambi i loro genitori? Come hanno reagito e qual è stato il suo percorso di accompagnamento?

Non mi è ancora capitato di stare vicino a bambini che avessero perso entrambi i genitori, però è capitato che morisse un genitore e l’altro fosse attraversato da una crisi tale da essere come morto. Da essersi completamente ritirato dal suo ruolo di genitore anche con la presenza fisica. Questa è stata una delle tante situazioni in cui è stato evidente quanto sia prezioso e fondamentale un percorso di preparazione alla morte anche con gli adulti prima ancora che si abbia l’evento luttuoso.

3) Bambini in Ospedale e vicini alla morte o per loro malattia o per malattie di fratelli come reagiscono di fronte al senso di perdita e lo percepiscono in anticipo rispetto agli adulti?

I bambini hanno la capacità di attingere a molte risorse se si lascia loro la possibilità di esprimerle. Purtroppo più spesso avviene che i bambini vivano in una condizione in cui l’unica alternativa che hanno è interiorizzare le aspettative dell’adulto rispetto al loro comportamento. Per cui ad esempio se percepiscono la paura o l’imbarazzo dell’adulto nell’affrontare situazioni di questo tipo, possono interiorizzare il fatto che non sia bene parlare di ciò che sta accadendo. Uno strumento prezioso che noi utilizziamo nei nostri percorsi di Death Education con i bambini è la fiaba che permette di parlare e condividere l’esperienza fra adulti e bambini. È uno degli strumenti con cui il bambino riesce a dare un nome a ciò che sta sperimentando di fronte alla perdita utilizzando una particolare simbologia.

4) Ho letto la storia di un bambino che ha raccolto centesimo per centesimo per poi mettere tutto in una busta e portarlo al medico che aveva curato sua madre dicendogli: ”Questi sono per la ricerca”. Il medico ha detto che è la storia più toccante che gli sia capitata nella vita. Lei ha avuto esperienza di storie simili?

Non ho avuto personalmente un’esperienza di questo tipo ma mi sono stati fatti racconti da persone che conosco e che lavorano in ospedale con bambini gravemente malati che lasciano sbalorditi. Colpisce sempre la sensibilità che dimostrano i bambini prossimi a morire, ad esempio, e l’attenzione che hanno per gli altri. Molti, mi è stato raccontato, sembra quasi scelgano il momento in cui morire (magari quando mamma e papà sono andati a prendere una boccata d’aria, un caffè etc..) così da arrecare meno dolore possibile alle persone più care. È capitato in alcuni casi che qualche bambino a cui era preclusa la guarigione avesse manifestato la contentezza di essere stato almeno motivo di studio e ricerca per sconfiggere la malattia così da poter aiutare i dottori a curare altri bambini.

5) Nei percorsi di elaborazione del lutto dei bambini qual è la differenza fra i piccolini fino a 5 anni e quelli più grandi?

La differenza principale risiede nel concetto stesso di cosa sia la morte, quest’ultimo dipende molto dall’età del bambino ma anche dalle sue caratteristiche personali e dal tipo di relazione che aveva costruito con la persona che è morta. Più in generale, secondo studi, ormai più che consolidati, si possono individuare delle fasce di età attraverso le quali il concetto di morte si struttura sempre più. Prima dei cinque anni i bambini vivono la morte come un evento transitorio, temporaneo da cui è ancora possibile far ritorno. Non si è ancora interiorizzata l’irreversibilità del morire né la sua universalità (cioè che tale processo riguardi qualsiasi essere vivente). Intorno ai sei anni i bambini sono in grado di capire che la morte è un fatto irreversibile poiché cominciano a capire il significato del tempo, del suo scorrere, a questa età iniziano a vivere il dolore e la perdita con maggior intensità proprio per la maturata consapevolezza che la persona che è morta non potrà ritornare a far parte della loro vita come prima.

6) Ha un ricordo particolarmente toccante su questo tema?

Un paio di anni fa è morto un mio caro amico per un tumore. Si è ammalato quando la figlia è più grande aveva 6 anni e la piccola 4. Ho ammirato moltissimo il modo in cui ha affrontato questa parte della sua vita. Diceva sempre che non voleva vivere come un malato, o uno già morto, ma piuttosto come una persona viva: “di fatto fino al momento in cui morirò sono ancora vivo!”. Lui la moglie e le due figlie hanno fatto insieme a noi un bellissimo viaggio di preparazione, soprattutto spirituale ma non solo, che ha permesso alle due bambine di affrontare l’attuale assenza del babbo nel modo più delicato possibile. Non sono state risparmiate nel provare dolore, tristezza e nostalgia, ma non hanno perso il sorriso né l’apertura alla vita, alle sue meraviglie e al rapporto con gli altri. Oggi parlano del loro babbo con affetto e tanta ammirazione e dicono sempre che la sua morte le ha fatte crescere perché è stato un esempio di amore e non di paura.

7) L’Associazione FILE di Firenze ha realizzato un libro intitolato Si può, per raccontare le emozioni dei bambini di fronte ad un evento luttuoso. Lo conosce?

Conosco il libro e anche la preziosa opera che il File compie sul territorio per sensibilizzare le persone sul delicato tema del morire e dell’essere accanto a chi muore. Il File è sensibile al rapporto tra bambini, adolescenti e morte; negli anni ha sostenuto la formazione di professionisti e volontari che si trovano ad affrontare questi argomenti con i giovani e i bambini. Il libro Si può è uno dei tanti frutti di quest’importante lavoro. Anche la nostra Associazione TuttoèVita Onlus si occupa di Death Education con bambini e adolescenti, con specifici progetti su cui l’Università di Padova sta facendo ricerca e pubblicazioni scientifiche. A breve pubblicheremo su questo tema IL BRUCO E LA FARFALLA. Educare alla morte per educare alla vita. Ed. Messaggero.

8) Quali sono le emozioni preponderanti davanti alla perdita di un genitore da parte di un bambino fino a 5 anni? E la reazione del genitore che rimane quanto è importante?

In generale le risposte emotive di fronte alla morte di un genitore possono manifestarsi attraverso fasi alterne di intensa sofferenza, rabbia e distacco emotivo. Ci sono poi notevoli differenze nell’intensità e nella durata di queste risposte e ciò è dovuto alla personale storia del bambino, al suo vissuto e a come vivono lo stesso lutto le persone che gli sono più vicino. La letteratura sull’argomento ci dice che nel bambino piccolo, in particolare, le espressioni di dolore e di nostalgia si presentano nell’arco della giornata con andamenti altalenanti. La prima risposta è molto spesso una protesta intensa, che può manifestarsi con crisi di pianto frequenti o con alternanza di atteggiamenti di accettazione e rifiuto della perdita. Poi a tutto questo può sostituirsi una tristezza più silenziosa e come dicevamo prima di ritiro emotivo. Può intensificarsi anche la paura di perdere l’amore del genitore, che è una delle ansie comuni nello sviluppo del bambino e che in una situazione di morte di uno dei due genitori diviene qualcosa di reale e concreto. Si possono avere manifestazioni di rabbia e anche una regressione nel funzionamento dello sviluppo: ansia da separazione, disturbi del sonno etc…, si possono poi generare nuove paure da fronteggiare, come quelle legate al pensiero che possa morire anche il genitore rimasto, da queste derivano poi paure come quella degli estranei, del buio, di dover stare soli, dei rumori forti….
La reazione del genitore che rimane incide molto sull’elaborazione del lutto nel bambino. I bambini, e in particolare i più piccoli, hanno bisogno di fare affidamento sul genitore o sulle figure di attaccamento per riuscire a dare un senso a ciò che stanno vivendo. Il genitore si trova sicuramente in una situazione delicatissima in cui oltre a dover far fronte al proprio intenso dolore per la perdita del compagno o della compagna deve anche sostenere il bambino nella gestione del suo dolore, senza cadere nella tentazione di minimizzarlo per l’età del piccolo, e rassicurarlo. Dovrebbe condividere con il bambino degli spazi in cui poter vivere le reciproche emotività, uno spazio in cui il bambino si senta libero di far domande. La drammaticità di un evento sta soprattutto nel suo essere impensabile per cui è importante che il pensabile diventi pensabile e il taciuto diventi dicibile. E per quanto possibile in una situazione così delicata, il genitore non dovrebbe modificare le modalità con cui comunica l’affetto al proprio figlio. Inoltre dovrebbe cercare di non trattare il bambino come un surrogato della persona morta, è importante che ognuno abbia il proprio ruolo e la propria identità.

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