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Da vittime a testimoni / La prima seduta di ascolto: le donne afghane

Da vittime a testimoni / La prima seduta di ascolto: le donne afghane

La prima seduta del Tribunale delle donne per i diritti delle donne migranti a Roma, Casa internazionale delle donne

Domenica, 28/05/2023 - Riceviamo e pubblichiamo

Si è svolta sabato scorso, 27 maggio, la prima seduta del Tribunale delle donne per i diritti delle donne migranti, un progetto sostenuto con i fondi dell'8xMille della Tavola Valdese (tutti i materiali sono pubblicati nella sito della Casa internazionale delle donne di Roma)

Dopo l’introduzione dell’avvocata Ilaria Boiano, dell’associazione Differenza Donna che ha illustrato il progetto, sono state ascoltate le testimonianze di otto donne afghane, alla presenza di un pubblico numeroso, attento e partecipe anche attraverso numerosi collegamenti zoom.

Avevano tutte un gran bisogno di parlare, di raccontare le loro storie, per rimettere a fuoco quanto è successo e succede oggi in Afghanistan, perché interroga la responsabilità di tutte e tutti.

Hanno subito, in quel tragico agosto del 2021, una frattura improvvisa delle loro vite; sono fuggite in vari e rocamboleschi modi, hanno perso relazioni familiari, posizioni di lavoro e di studio. Sono Arrivate in Italia. A differenza di donne di altre nazionalità, in base ai diritti previsti dalla legislazione internazionale, non hanno dovuto aspettare troppo il riconoscimento del diritto d’asilo. Sono state accolte, sì, ma oggi l’assistenza che ricevono sembra loro una concessione, e non un riconoscimento o una riparazione. Facilitare il riconoscimento dei loro titoli di studio, promuovere l’inserimento lavorativo in base alle loro competenze, consentire i ricongiungimenti familiari allargati, sono minime riparazioni per quanto hanno subito e subiscono.

“Non voglio buttar via tutti i miei obiettivi, ma se non riconoscono le mie competenze di medico” dice Mahoba, oppure “la mia laurea, la mia esperienza, non riconoscono la mia dignità” dicono tutte, “e ci concedono solo di fare la badante o al massimo la mediatrice culturale”. E persistono difficoltà nell’inserimento scolastico, nell’accesso ai servizi, nel poter esercitare la propria religione.

In questa strana seduta di un Tribunale, non c’era una Giuria, ma una Commissione di ascolto, composta da avvocate, docenti, di diritto, giuriste ed esponenti politiche che cercheranno di coinvolgere, oltre al Parlamento, le istituzioni a livello comunale e regionale e anche di incalzare il Governo.  Ne è nata una rete, di donne afghane, di associazioni, di donne che per la loro collocazione potranno agire a sostegno dei loro diritti.
Ma le protagoniste sono e saranno loro, queste meravigliose donne, coraggiose e risolute.


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