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Donne che emigrano all'estero

Donne che emigrano all'estero

Tra libertà e solitudine, le voci di donne italiane nel mondo raccolte in un sito e in un libro.

Giovedi, 12/01/2017 - E' un sito ma dal febbraio 2016 anche un libro, Donne che emigrano all'estero (Streetlib edizioni, proventi devoluti a Donne in Rete contro la Violenza) nasce dall'esigenza di raccontarsi, di fare rete, di condividere le proprie esperienze di espatriate, non tralasciando l'aspetto informativo di supporto a chi abbia intenzione di imbarcarsi in questa impresa: l'emigrazione. Sì perché emigrare oggi dall'Italia ha tante sfumature diverse, non si parla più di valigie di cartone e di viaggi estenuanti verso il nulla, oggi l'expat ha un background più solido di formazione, di conoscenza, di informazione.



Tuttavia, lasciare la propria terra comporta sempre un rischio ed ogni caso è a parte in base alle esperienze pregresse e future e al carattere di ognuno. Chi si lancia in questa avventura ha senza dubbio uno spirito nomade, una curiosità insita, una spinta in più alla ricerca del diverso, ciò non significa però che non soffra nel lasciarsi alle spalle la vita, gli affetti, la casa, il Paese. Ciascuna delle autrici di questo libro affronta la propria decisione con coraggio, con un pizzico di incoscienza, con apertura.



Il progetto nasce dall'idea di Katia Terreni, tanti anni trascorsi alle Seychelles, che sente il bisogno di raccogliere le voci di donne italiane sparse nel mondo, le 'moderne migranti' che, grazie alla forza della scrittura autobiografica, compiono un percorso introspettivo attraverso la loro esperienza migratoria. Trentaquattro storie ci conducono nei quattro angoli della Terra, dall'Europa all'Asia, dall'Oceania all'America fino all'Africa, per narrare della vita che vi si conduce in quanto donna italiana all'estero.



Il libro è fortemente consigliato sia per chi abbia la semplice curiosità di conoscere altri stili di vita, luoghi diversi visti tramite lo sguardo di un'italiana all'estero, sia e soprattutto per chiunque abbia voglia di rimettersi in gioco e di valicare i confini fisici e non.

Così siamo trasportati in una Bruxelles crogiuolo di nazionalità e lingue, facciamo conoscenza con il tipico finlandese orgoglioso, tenace e spavaldo, ma anche attendibile e determinato; ci inoltriamo in una Svezia che tende ad equilibrare le differenze di genere fino quasi ad annullarle, in cui lo Stato è fortemente presente e dove il diverso trova difficilmente spazio in una politica di integrazione fallimentare.



Giungiamo poi a Berlino, città di contraddizioni, dove il passato oppressivo si alterna ad un potenziale verso il futuro e i cittadini vivono all'insegna del rispetto reciproco e di una libertà che rasenta l'assenza di limiti. Il Regno Unito si distingue per la tolleranza con cui accoglie la diversità, la misteriosa Scozia in un misto tra sacralità e animismo, Londra con la sua vivacità.



Oltreoceano spicca il quadro ritratto di Vancouver, città la cui assenza di storia antica la rende aperta all'alterità in un denominatore linguistico comune che è l'inglese. L'America latina ci abbraccia con il suo calore umano, mentre Australia e Nuova Zelanda ci colpiscono per la diversa concezione dei legami familiari e umani. I ritmi dilatati dei cinesi contrastano con lo stereotipo che accompagna questo popolo, mentre i contrasti che regnano in vari Stati africani ci lasciano interdetti, pur tuttavia esercitando un forte fascino. Chiudono il ciclo le Seychelles, isole incantate meta di turismo dove sole e mare qui sono il mondo.



Ancora più interessante dell'aspetto geografico risulta indagare i sentimenti che accompagnano tali racconti. Dai loro scritti emergono aspetti condivisi dalle autrici: la voglia di viaggiare e di conoscere, la spinta alla libertà da schemi socio-culturali cui inevitabilmente in patria si è legati, la motivazione a cambiare la propria vita, a darsi un'altra possibilità. A fronte di questo, emerge ugualmente un comune senso di solitudine che le accompagna indistintamente tutte, dettato dalla perdita della quotidianità, dalla lontananza dagli affetti e da ciò che è familiare e conosciuto, dai valori condivisi.



Da qui nascono interrogativi ricorrenti sul significato del concetto di "casa" intesa come home, ciò che rappresenta per chi ha lasciato la propria, pur rifuggendone e rifiutandone alcuni aspetti.

La ricerca di libertà fa i conti anche con il concetto di identità: chi sono io davvero? Come cambia il mio 'io' a confronto con altre culture e altre lingue. 'La lingua definisce la nostra identità' afferma Sheila dalla Nuova Zelanda.



Come si cambia vivendo all'estero, come cambia la propria socialità, per noi italiani elemento cardine della vita? Confrontarsi con questi interrogativi significa anche convivere con un senso di colpa nei confronti di chi e ciò che ci si lascia alle spalle. Si cambia, si soffre ma ce se la deve fare, tornare indietro equivarrebbe all'ammissione di un fallimento.



"Forse siamo proprio noi espatriati, con il nostro sacrificio, a dare nuovo spessore alla storia e alle tradizioni del nostro paese" si chiede Paola dalla Svezia. Perché col tempo e con la lontananza si prendono le distanze dall'insofferenza che ci ha spinti a partire e con sguardo più indulgente si rivalutano aspetti positivi dati sinora per scontati. Il pensiero va anche all'abusata parola "integrazione" che oscilla tra assimilazione della cultura di accoglienza con conseguente rinuncia alla propria e tolleranza del nuovo purché si riesca a vivere senza esserne lambiti.



La lezione che Katia dalle Seychelles condivide con il lettore è che 'una cultura vale l'altra e nessuna, nel guazzabuglio che ha origine dalla mescolanza, ne emerge più nobilitata rispetto alle altre'.

Giovanna Pandolfelli

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