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Economia etica e “green economy”. Incontro con Daniela Ducato

Economia etica e “green economy”. Incontro con Daniela Ducato

Etica e opportunità per le professionalità femminili nella green economy e non solo. La parola all'imprenditrice Daniela Ducato

Mercoledi, 19/03/2014 - Nel 2011 ha vinto il premio Itwiin per le sue innovazioni nel settore dell'edilizia sostenibile, lo scorso novembre è stata premiata a Stoccolma come migliore innovatrice d’Europa nell’edilizia verde con l’Euwiin International Award. La motivazione del premio recita: “Ha creato i materiali per l’efficienza energetica carbon - free e per l'edilizia verde più ecofriendly e innovativi d'Europa, mettendo insieme tenacia, rigore scientifico, eccellenza tecnica, economia collaborativa, rispetto e valorizzazione dei paesaggi del mondo”. Si tratta di Daniela Ducato, imprenditrice e innovatrice sarda, da sempre impegnata nella salvaguardia dell’ambiente in termini di sostenibilità, ma anche di etica e morale.



Nella realtà lavorativa italiana, il lavoro femminile è ancora penalizzato in vari settori professionali. Trova che nelle aziende del settore “green” per esempio, questo fattore sia meno rilevante sia in termini di carriera che di trattamento economico, e tutela della salute?

In realtà il settore green non si differenzia in modo sostanziale da altri settori. Alcune aziende, anche statali e parastatali, oltre a medie e piccole imprese private, stanno implementando iniziative mirate alle lavoratrici sia impiegate, che operaie o manager. Per esempio alcune hanno inserito all’interno asili nido, spazi per consulenze mediche, convenzioni con associazioni di psicologi e con ambulatori specialisici, ecc. Altre cercano persino di modificare i tempi dedicati alle riunioni di lavoro, organizzandole in orari utili che non superino il tardo pomeriggio. Ma tutto questo è ancora troppo poco. Per non parlare del famoso “tetto di cristallo”, ma qui il discorso sarebbe lungo e anche “politico”.



Cosa si potrebbe fare per impedire che le donne vengano messe “spalle al muro”, rispetto a certe scelte lavorative, soprattutto quando debbano occuparsi della famiglia, della prole o dei genitori anziani, date le evidenti carenze del cosiddetto “welfare”?

Da noi tutto si basa ancora su un concetto di famiglia molto tradizionale nella divisione dei ruoli. Anche se qualcosa sta cambiando con le nuove generazioni, il grosso delle responsabilità legate alle incombenze familiari del quotidiano ricade sulle donne. Certo mi verrebbe da dire che per esempio avendo un compagno disponibile e comprensivo, con cui condividere le cose pratiche da fare ogni giorno, agevolerebbe le donne in tanti campi. Ma bisogna partire dalle radici: dando per esempio già ai più piccoli, dall’educazione scolastica, un’impostazione paritaria di diritti e doveri, senza sovraccaricare mamme, nonne, sorelle, mogli, eccetera. Si vivrebbe tutti meglio, senza conflitti, e con la possibilità di ottimizzare tempi di lavoro e di vita privata.



E’ importante poter contare sulle “quote rosa”, sia in azienda che in politica?

Quello delle quote rosa è un discorso lungo. In realtà un Paese veramente emancipato non dovrebbe averne bisogno, né in politica né tantomeno nel mondo del lavoro. Per quello che riguarda il mondo aziendale, di cui faccio parte, posso dire che non si tratta solo di retribuzioni, ma anche di opportunità professionali che non sempre vengono offerte alle donne in pari misura a quelle che vengono prospettate agli uomini. Questo all’estero si sente meno.



Cosa si potrebbe fare per ottimizzare la gestione del tempo all’interno di un’impresa, per non penalizzare le lavoratrici, ma anche le figure manageriali femminili, per esempio per quello che riguarda l’organizzazione di riunioni, meeting, corsi di formazione e aggiornamento, ecc.?

Certamente si può fare molto, e molte aziende, soprattutto medie e piccole, stanno cercando di agevolare lavoratrici e manager organizzando riunioni in orari più gestibili, consentendo part-time, realizzando, dove possibile, centri di intrattenimento per i più piccoli come asili aziendali.



Nella motivazione del premio internazionale dedicato alle donne imprenditrici e innovatrici: Euwiin International Award di cui è stata insignita a Stoccolma lo scorso Novembre, si legge del suo impegno e del rigore scientifico nel produrre materiali senza petrolio con il progetto “Architecture Of Peace”. Il Premio le è stato inoltre conferito perché “ha ideato opportunità di economia collaborativa ed economia di genere, riscrivendo regole nuove per la gestione sostenibile delle risorse naturali e per rispettare meglio e sempre di più il nostro pianeta e i suoi abitanti: donne e uomini”. La sostenibilità sociale è un tema che gode di adeguata attenzione ad oggi in Italia e in Europa?

La sostenibilità sociale è un tema non nuovo per le governance europee. Riguarda tutta una serie di istanze, progetti e provvedimenti che inevitabilmente coinvolgono i cittadini di quegli stati dove questa appare praticata già da anni. Debbo dire che in questo eccellono i paesi del nord Europa, mentre quelli del centro, del sud e anche dell’est, non hanno ben chiaro neanche come operare nel campo della comunicazione e della formazione, che sono i primi passi da fare perché le istituzioni legiferino in modo da assicurare proprio la sostenibilità sociale. In questo i legislatori europei sono stati supportati dai famosi “protocolli di certificazione”, di qualità ambientale per esempio, ma anche etica. Sempre più inoltre risulta necessario rivalutare il capitale umano, in tutti gli ambiti, e questo non può non andare di pari passo con la sostenibilità sociale.



Perchè ritiene fondamentale limitare, o addirittura eliminare del tutto, l’utilizzo dei derivati dal petrolio, soprattutto nell’edilizia?

RPer diverse ragioni: energetiche, sociali, morali, climatiche, ambientali ed economiche. Basti pensare che sono le multinazionali ad aver il maggior guadagno dall’estrazione, spesso a scapito delle popolazioni locali. A questo aggiungo argomenti ormai noti a tutti come l’inquinamento di terreni prima dedicati all’agricoltura, come è accaduto in Nigeria, che non potranno mai più essere bonificati, i disastri causati dalle trivellazioni marittime, e si potrebbe continuare a lungo. Non ultimo c’è da considerare che il petrolio non è una risorsa infinita. Fare edilizia senza petrolio, è possibile. Ci sono ottime aziende e ottimi materiali in commercio che si occupano di questo, oltre 400 prodotti del polo produttivo La Casa Verde CO2.0 ne sono un esempio.



Utilizzando le metodologie per la realizzazione di materiali per l’architettura e l’edilizia e l’arredo dal surplus dell’agricoltura e della pastorizia, si potrebbe arrivare anche a un risparmio economico ed energetico?

Non si potrebbe: si può, e l’esperienza delle aziende della filiera che fa parte del nostro polo produttivo, lo dimostra nel concreto ogni giorno.



Considerate le varie attività che la vedono impegnata, come riesce a gestire il tempo da dedicare alla famiglia, e trova che come donna e imprenditrice, questo le costi una maggiore fatica rispetto a un uomo?

Mi chiedo se avrebbe fatto questa domanda a un uomo, ma credo di no. Sarebbe invece importante rivolgere questa domanda a un uomo. Come tutte le donne sono più povera di tempo rispetto ai colleghi che fanno il mio stesso lavoro. Gestisco tutto con grande fatica, e ne risento. A volte vorrei avere più energie per fare le cose, e giornate più lunghe, da poter dedicare non solo ai progetti, ma anche ai miei ragazzi, e a me stessa! Spero tuttavia di resistere…



Tutto questo, in termini di scelte possibili, è penalizzato maggiormente in questo momento di crisi economica?


Certamente è un momento di crisi economica, ma anche di grandi evoluzioni e innovazioni che oggi sono maggiormente possibili rispetto al passato, e con meno investimenti grazie alla tecnologia e ad internet. Una soluzione secondo me sarebbe quella di restituire ad ogni tipo di lavoro la manualità. Nel mio lavoro vedo troppi ingegneri, architetti, agronomi, che passano molto tempo al computer e vanno in cantiere a dirigere, ma le mani le usano poco. L’innovazione necessita delle mani.



Se avesse del tempo libero, a cosa lo dedicherebbe?

Di tempo libero come dicevo ne ho davvero pochissimo, e quel poco che ho lo dedico all’orto: mi rilassa e mi riconcilia con la natura. Senza contare che è una bella emozione veder nascere quello che tu stessa hai piantato!

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