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FEMMINCIDIO, è legge: PD e SEL a confronto

FEMMINCIDIO, è legge: PD e SEL a confronto

I partiti di sinistra hanno accolto il provvedimento con umori diversi: le opinioni di Marianna Madia e Vanna Iori (PD) Ileana Piazzoni e Titti Di Salvo (SEL)

Mercoledi, 16/10/2013 - I primi 5 articoli del decreto approvato al Senato, con 143 voti a favore e 3 contrari, riguardano misure in contrasto alla violenza sulle donne. La restante parte del testo normativo riguarda, tra le altre cose, furti di rame, di identità informatica e la militarizzazione del territorio della Val Susa. Non è esattamente quello che si aspettavano le tante avvocate impegnate su questi temi e le tante associazioni che si occupano a vario titolo di contrasto alla violenza sulle donne, chiamate, alcune, a discutere con i parlamentari portando la voce e la competenza di chi agisce sul territorio da anni. Grazie al loro contributo, il testo che è stato approvato venerdì 11 ottobre per il rotto della cuffia, è stato in parte modificato rispetto alla bozza originale, su cui erano stati presentati ben 414 emendamenti. 



Non è piaciuto nemmeno a SEL e al Movimento 5 Stelle questo decreto e infatti entrambi i partiti non hanno partecipato al voto. Noidonne ha cercato di capire le diverse posizioni in merito, intervistando due parlamentari del PD e due del partito Sinistra Ecologia e Libertà. Marianna Madia e Vanna Iori del Partito Democratico plaudono all’approvazione del decreto come una misura per un problema che “aveva carattere di necessità e di urgenza” secondo Madia, che prosegue: “un aspetto che trovo importante è l’irrevocabilità della denuncia per la quale si è trovato un punto di incontro. Credo che le critiche e la politica del benaltrismo non aiutino a costruire e demoliscano solamente.” E alla domanda sul perché dell’inserimento nello stesso decreto di altre norme che con la violenza contro le donne non c’entrano nulla risponde: “L’importante è avere quelle norme sul femminicidio. Sono state messe anche altre norme che avevano urgenza di essere approvate, ma questo non toglie valore di legge alle norme sul femminicidio.” La collega di partito Vanna Iori giudica il decreto “un grande punto di partenza e un’opportunità da non lasciar perdere. Io mi sono occupata in particolare dell’aggravante sulla violenza contro le donne in gravidanza, un argomento quasi tabù per via della sacralità che si pensa abbia quel momento della vita. Eppure l’OMS ha pubblicato un rapporto dove emerge che 1 donna su 4 subisce violenza in gravidanza, che costituisce la seconda causa di morte per le donne dopo l’emorragia. Il decreto prevede percorsi di rieducazione per uomini maltrattanti, e più in generale percorsi di educazione e di prevenzione nelle scuole per il rispetto delle relazioni tra uomini e donne.”



Non è bastato il finanziamento del piano di prevenzione ed educazione previsto dal decreto a convincere SEL a votare a favore. “Non abbiamo votato perché non potevamo farlo senza entrare in profonda contraddizione con noi stessi. L’errore grave, dal nostro punto di vista, è stato quello di unire dentro lo stesso decreto cose profondamente diverse. Abbiamo avuto delle criticità anche in merito agli articoli che riguardavano direttamente il femminicidio, ma soprattutto dopo il rifinanziamento per i centri, avevamo fatto un grande passo in avanti. Purtroppo quel decreto conteneva altre norme che non erano per noi accettabili, come la militarizzazione che riguarda in particolare la questione della TAV.” Così Ileana Piazzoni di SEL. Le fa eco Titti Di Salvo che è intervenuta alla Camera per motivare la decisione del suo partito. “Abbiamo ritenuto che l’inserimento di quei cinque articoli che riguardano la violenza sulle donne, sia stata, non so dire se una furbizia o invece una scelta per usare il corpo delle donne come locomotiva dietro il quale trascinare gli altri provvedimenti che avevano tutt’altro significato. Rispetto a quei cinque articoli, noi abbiamo dato dall’inizio un giudizio molto negativo sul messaggio che veniva proposto, quello che la violenza contro le donne fosse un problema di ordine pubblico. Noi sappiamo invece come la violenza contro le donne sia legata a rapporti prepotentemente squilibrati tra uomini e donne e come quella violenza maschile non si riesca a risolvere se non cominciando a cambiare la cultura partendo dalla scuola. Nonostante questo, abbiamo lavorato alacremente per cambiare il decreto, per correggere gli aspetti negativi e per potenziare quelli positivi. Per noi era negativa l’irrevocabilità della denuncia per una ragione: i centri anti-violenza ci dicono che questa scelta della denuncia di una violenza riguarda molto spesso persone con cui quella donna ha avuto un legame sentimentale, ha condiviso vita, è una scelta sempre molto difficile, e i centri anti-violenza ci dicono che se la denuncia è irrevocabile, quel numero di denunce non aumenterà ma rimarrà basso così com’è adesso, tra il 7 e il 10% degli reati. Riteniamo positivo il diritto del permesso di soggiorno per le donne vittima di violenza straniere, mentre consideriamo positivo ma parziale il finanziamento ai centri antiviolenza. In tutto sono 37 milioni in tre anni. Noi avevamo proposto di trovarne 105 all’anno attraverso una scelta semplice, aumentando l’affitto che le radio-televisioni pagano per occupare lo spazio di emissione. Attualmente pagano l’1% del fatturato, ampliandolo al 5% si potevano trovare 105 milioni che crediamo sia una cifra più adatta alle effettive esigenze al sostegno di una rete che è sempre stata vicina alle donne.” E adesso che però è legge come andare avanti? “Dare avvio al piano di prevenzione ed educazione: intervenire sulla formazione di tutti gli operatori, le forze dell’ordine, i medici, e ad interventi sulla scuola, interventi che incidano sull’educazione sentimentale. Consideriamo fondamentale coinvolgere le donne e le associazioni che hanno competenza sull’argomento. Bisogna recuperare l’affermazione che è al centro della Convenzione di Istanbul cioè che le radici della violenza non si combattono con l’ordine pubblico, ma aggredendole e l’aggressione è esattamente in quel grumo di potere tra donne e uomini. E lavorando sul sostegno sulla libertà delle donne vuol dire lavoro, vuol dire reddito, vuol dire immaginare appunto che le donne non vanno messe in sicurezza. Bisogna sostenere la loro libertà”.



Rivedi le videointerviste a Vanna Iori e Titti Di Salvo su: http://www.streamago.tv/mytv/my-channels/

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