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Femminicidio o cultura dell’odio

Femminicidio o cultura dell’odio

Il crescente fenomeno richiede delle profonde riflessioni anche sulle responsabilità sociali dei delitti di genere

Venerdi, 05/08/2016 -
Pietro Grasso, Presidente del Senato, ha usato parole di pesante condanna contro l’uomo che ha vigliaccamente commesso l’ennesimo femminicidio fino a concludere che: “C’è un grande lavoro da fare, tutti insieme, per sradicare i resti di una cultura maschilista e possessiva che ancora permea la nostra società. Stare insieme è una sfida quotidiana: uomini e donne non si appartengono, si scelgono ogni giorno. Liberamente”. Difficile sperare che queste sagge parole siano accolte da tutti, quando senza vergogna si riferiscono commenti maschilisti del tipo: “ Una troia di meno”… Una voce cosiddetta maschile in un quartiere di Roma dove la movida è d’obbligo accanto alla sopravvivenza e a variegate forme di degrado. Un quartiere dove le donne, sul muro di cinta della proprietà dei Cavalieri dell’Ordine di Colombo, hanno creato la sfilata delle sagome bianche di tutte le donne uccise dal 2012 fino ad oggi. Ogni sagoma porta un cartellino con il nome e la data dell’uccisione. Un murale già deturpato e imbrattato- sotto lo sguardo indifferente di tanti, da anime a dir poco veramente “vuote”. Scritte senza alcun significato che cancellano la storia di vite stroncate, la loro memoria: gesti narcisistici che rappresentano la guerra della strada.

Molto probabilmente è proprio sulla cultura del vuoto che la violenza attecchisce con maggiore facilità. Una cultura che non riconosce i propri fondamentalismi mentre è disposta a accettare tutto senza un’adeguata capacità dialettica e di discernimento: dall’ultimo videogioco che cattura mostriciattoli tascabili, all’idea di una guerra “momentanea” a due passi da noi, fino alla “rivoluzionaria” legalizzazione delle droghe cosiddette leggere. Argomento quest’ultimo, di un indubbio valore socio politico per l’aspetto antiproibizionista, capace forse di sottrarre una parte di commercio alla criminalità organizzata, ma controverso per tanti altri aspetti, tra i quali la garanzia per lo Stato di un significativo Monopolio.

Varie forme di potere gravano sull’essere umano svuotato della sua identità, di una cultura cambiata e stravolta dalle conseguenze di tali forme, quasi come le persecuzioni messe in opera dai “Signori del Tempo”, come nel racconto “Momo” di Michael Ende, dove si narra l’antico conflitto tra la vita e la morte: i Signori Grigi, nebbiosi, freddi e insinuanti che possono trasformare la vita in un vuoto insensato, ripetitivo, e il cuore umano come un luogo sterile e colmo solo di chiasso.

I giocatori di “Pokemon Go”, persone reali che vagano come esseri erranti tratti da una fiaba per catturare 720 mostriciattoli virtuali, mostrano invece la necessità di acchiappare delle figure immaginarie rispetto ai propri “mostri” interiori. I bambini siriani ci insegnano il senso della realtà: “Se avete salvato i Pokemon venite a salvare noi”! Un appello umanitario, di bimbi reali, molto differente dai giochini virtuali, forse un richiamo al senso dell’altro come diverso da sé ma con “il volto di tutti gli uomini insieme”: esseri viventi, bambini e non figurine immaginarie.

Semplicistico il messaggio che vede la Guerra come unico strumento per eliminare il fondamentalismo. Approssimativa la volontà di tutelare i giovani immettendo legalmente una sostanza che statisticamente uccide di cancro dal 50 al 70% in più rispetto al tabacco -minimizzando gli effetti devastanti senza alcuna programmazione reale di luoghi terapeutici per minori già dipendenti-. Tutti attacchi mirati all’Io dell’essere umano reso ormai meno pensante, quindi incapace di un’adeguata strutturazione. Attacchi all’Io umano sotto tutti i fronti: da quello alimentare con il monopolio del seme -manipolato al punto di minare nel tempo, con l’uso di prodotti cancerogeni, la stessa vita umana- fino a quello culturale.

La cultura della Guerra e della risoluzione dei problemi attraverso la violenza ha condizionato l’animo umano fino a inserire il concetto di guerra anche nella vita privata. La soluzione dei problemi per i violenti è l’annientamento dell’altro. Quando si tratta di una donna, intesa come oggetto di possesso, l’odio scandisce la distorsione del cosiddetto amore. Il machismo nei rapporti di coppia, il bullismo tra coetanei, il sessismo nei luoghi di lavoro hanno una matrice comune: una coscienza alterata nel processo educativo, fino alla mancata considerazione dell’altro come diverso da sé, come essere libero, differenziato, staccato dall’ipotetico aggressore. Il bullo criminale vuole ribadire il suo potere annientando la dignità dell’altro mentre l’uomo inconsolabile soffre di un senso simbiotico di appartenenza, inteso spesso come smarrimento del Sé.

Nessuna prevenzione e cambiamento sarà possibile se non si considerano gli aspetti relazionali, culturali e politici dei modelli che favoriscono e producono violenza.

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