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Fotografare la donna: oggetto e soggetto dell'arte

Fotografare la donna: oggetto e soggetto dell'arte

Al Dodici Pose, in via casilina 117 a Roma, in corso la mostra fotografica "Amabili Resti" di Letizia Tavani, fino al 3 maggio

Sabato, 30/04/2011 - C’è sempre un buon motivo per uscire di casa a Roma. E sempre più spesso, nella capitale, è possibile trovare locali in cui ammirare delle foto e contemporaneamente ascoltare un recitali o della buona musica. Appena lo scorso giovedì 28 aprile è stata inaugurata la mostra “Amabili Resti” di Letizia Tavani al DODICI POSE, in via casilina 117. La fotografa ha “rubato” il titolo ad un racconto di Alice Sebold, che narra una storia terribile di violenza che provoca la morte di una bambina. Ma – citando il comunicato diffuso dagli artisti – “amabile resto è anche il corpo della donna oggi, costretto dentro canali e stereotipi, soggetto ad imposizioni ed impostazioni, forme geometriche nelle quali rientrare, collocarsi, ritrovarsi”. La mostra si intreccia alle note di Annamaria Ciampaglia in concerto e alle parole di Alessandro Galli, scrittore, commediografo, regista teatrale. Ho incontrato Letizia Tavani e insieme abbiamo parlato di fotografia e di ritratti di donne.



Non è la prima volta che esponi foto sulle donne. Vorrei ricordare con te l’esperienza della mostra allestita durante la settimana dedicata alle donne presso una nota libreria di Roma.

L’evento “8 marzo una festa per la donna” alla Libreria Odradek è stata una bellissima esperienza! Per tanti motivi: l’aria che si respirava, le collaborazioni che, anche in modo spontaneo e casuale, siamo riusciti a costruire, il sostegno che abbiamo incontrato. Credo che abbiamo soddisfatto il bisogno crescente di ritrovare luoghi, modi e tempi di dialogo e confronto su tematiche che non sono (più) solo autoreferenziali, ovvero della donna, del genere femminile che riflette su se stesso, ma sono temi questioni aperte di interesse sociale, culturale come esistenziale per tutti. Anche la mia mostra fotografica legata a questo evento, inaugurata il 5 marzo e prorogata fino al 9 aprile, è andata molto bene. Ha riscontrato un discreto gradimento, sono stata contattata da riviste che si occupano di donne, ha fatto da cornice ad un evento non previsto e nato proprio dalla visione delle foto in mostra: il 26 marzo, grazie ad una delle interpreti, Ilaria Antoniani, è stata organizzata la presentazione del libro di Fabrizio Romagnoli “Teatro contemporaneo” che doveva lanciare lo spettacolo Fino alla fine, in prima al Teatro dei contrari dalla settimana successiva, e che ha tema proprio la donna e la relazione.

Mi sono già promessa di regalare almeno parte delle fotografie e ho già cominciato... Penso che le fotografie, al di là di tutto quello che si può dire, abbiano soprattutto la capacità di essere un documento dell'intensità di alcuni rapporti e di alcuni momenti passati insieme a qualcuno (che sia ritratto o meno, perché nella fotografia si tematizza non solo il riquadro di realtà che si sceglie di ritagliare ma anche quanto rimane fuori, immateriale, impalpabile ma presente nelle emozioni che in quello scatto proietti).

Ed è molto bello sapere di poter donare un proprio frammento di realtà a qualcuno.



Perché la scelta di ritrarre donne? Qual è la tua idea dello stato delle donne italiane nella società e in particolare come sono usate le immagini femminili nei media? Bene o male?

Fotografare la donna è per me una questione ancora aperta e irrisolta: da una parte fotografarla sembra riportare la donna al ruolo di “oggetto d’arte” che la accompagna da secoli, dall’altra, ritraendola io, in quanto donna, mi riapproprio di una dimensione di produzione di significati e torno “soggetto” d’arte che riflette con la propria sensibilità - oltre che sulla donna come identità e ruolo sociale e culturale - su se stessa, come donna inserita in un certo tessuto sociale e culturale.

Lo stato delle donne in Italia è sotto gli occhi di tutti e pensare e parlare del femminile - al femminile e non - riportando il femminile alla sua dignità è, per chi, come me, cerca di esprimersi per immagini, un diritto-dovere, quasi un obbligo morale.



Hai ritratto donne, aspirando ad un concetto di bellezza fuori dal canone. Cosa è dunque per te l’estetica? E qual è il suo rapporto con l’etica? Esiste un etica della fotografia in generale e più in particolare se si decide di ritrarre corpi e volti femminili?


Per formazione personale, intendo estetica quella disciplina che riconosce nel senso/sentimento del bello quel qualcosa che ci mette in relazione con il mondo e lo indaga criticamente. È una domanda di attenzione che ci stimola a alla ricerca. La bellezza e il sentimento della bellezza quindi sono quel qualcosa che ci rendono umani e ci avvicinano alle cose e agli altri: senza saremmo perduti, vuoti.

Ora è chiaro che certi concetti siano anche pilotati socialmente e culturalmente e che dall'ambiente provengano e insistano su di noi forti spinte di adeguamento. Ma la bellezza, proprio per questa sua necessaria e intima inclinazione a ricercare, non può essere solo un ideale stereotipato imposto dall’esterno. Proprio perché la bellezza è qualcosa che definisce lo spazio e quindi la nostra capacità e possibilità di relazionarci alla nostra realtà, interna ed esterna, deve essere riportata ad una dimensione più propria di coscienza, espressione di sé e relazione. Considero dunque l’arte etica, perché espressione che iscrive il proprio sistema valoriale in un percorso di costruzione identitaria che si fonda sul dialogo con l’ambiente e il momento storico in cui il soggetto autore vive ed opera. Ma è un argomento ampio, complesso e difficile da racchiudere in poche note. Per quanto riguarda la fotografia, delicato mezzo di riproduzione di corpi e volti di donna, assume, rispetto ad altre espressioni artistiche delle criticità etiche su cui non possiamo non confrontarci. Chi, come me, fa molta fotografia di donne e molta fotografia di nudo, ha almeno due grandi responsabilità: nei confronti dell'immagine che propone perché deve sapere in che modo la va ad inserire in un dibattito già aperto di modelli e visioni sulla donna; nei confronti del soggetto che sta ritraendo e della sua personale immagine intima e sociale.

L’esposizione di qualunque mia fotografia passa sempre per il consenso del soggetto e, dove ho potuto, con i soggetti ritratti ho anche condiviso i temi su cui stavo riflettendo: è il caso di Ilaria Antoniani, attrice e fotografa, con cui ho collaborato più volte rendendola partecipe dell’orizzonte in cui ci stavamo muovendo io dietro l’obiettivo, lei davanti.

Vorrei potesse essere sempre così. Perché la fotografia è prima di tutto un canale di relazione: con se stessi, con gli altri, con il mondo. Poi tutto il resto.

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