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Frida Kalho: una madre impossibile dal cuore esibito e vitale

Frida Kalho: una madre impossibile dal cuore esibito e vitale

Una ricca esposizione alle Scuderie del Quirinale fino al 31 agosto, forse addirittura sovraccarica di spunti e di possibilità.

Domenica, 27/04/2014 -
Una ricca esposizione, quella di Frida Kahlo - alle Scuderie del Quirinale fino al prossimo 31 agosto - forse addirittura sovraccarica di spunti e di possibilità. Una delle virtualità, o delle tematiche, che qui vogliamo osservare meglio nelle tele di Frida riguarda la sua ossessione per l'aborto. Preliminare è un breve tratteggio biografico: che quasi va a coincidere con una via crucis di malattie, patimenti e sofferenze.



Frida nasce (probabilmente affetta dalla spina bifida) nel 1907 a Coyoacàn, presso Città del Messico (figlia di un apprezzato fotografo). Volle più tardi postdatare la sua nascita al 1910 per motivi politici: perché il 1910 fu l'anno della rivoluzione messicana. A sei anni si ammala di poliomielite, patologia terribile che le procura danni irreversibili alla gamba destra. Quasi quindicenne, presso la Escuela Nacional Preparatoria conosce Diego Rivera, pittore e capofila del movimento "muralista" messicano.



Il 1925 è un anno tragico: viaggia su un autobus col suo fidanzato Alejandro Gomez Arias quando l'autista non riesce a stornare un pauroso incidente. Per la brusca colluttazione con un tram, Frida rischia la vita. La sua sopravvivenza è un miracolo. Riporta fratture multiple praticamente ovunque: vertebre, arti superiori e inferiori. La degenza in ospedale è lunga e la riabilitazione faticosissima. Quando, nel fatidico 1929, Frida sposa Diego Rivera, quest'ultimo era già un personaggio politicamente scomodo (espulso dal Partito comunista perché troppo vicino alle posizioni di Trozkij). Il rapporto tra Diego e Frida è passionale, conflittuale, fatto di continui e reciproci tradimenti, da parte di Frida: con uomini e donne.



Fra il 1930 e il 1934 si susseguono tre sofferti aborti e molti interventi chirurgici. Nel 1939, in un ennesimo momento internazionale politicamente denso (finisce la guerra spagnola con la vittoria di Franco e con numerose perdite messicane - soprattutto brigatisti sposanti la causa spagnola), Frida si separa da Diego e dipinge il famoso quadro in cui le "due Frida" si tengono per mano. Se già nel 1944 Frida è costretta ad indossare un busto di acciaio e, nel 1951, a muoversi su una sedia a rotelle, nel 1953 le viene amputata la gamba destra. Morirà, come Matisse, nel 1954, ad appena quarantasette anni.



Frida sapeva bene che il suo vivere era un continuo e lancinante morire: un enigma ("surreale" più per forza che per scelta) entro cui bisognava sprofondare senza speculare troppo. Semmai bisognava "creare". Irrisolto restava il punto di una maternità impossibile, e di una femminilità stroncata.



Questo comunica, ad esempio, il suo dipinto "Il fiore della vita". A ben vedere, questo fiore non è che un utero irrorato di sangue, dai mistici pistilli. Numerose sono le tele emorragiche, fetali, traumatiche, con cuori esibiti e strappati, cordoni ombelicali incapaci di nutrire. Spiritualità e religiosità estremorientali e occidentali, la fervente fede nel comunismo concorrono ad una tensione sovrumana: che Frida riesca a sopportare onerosi pesi, come lo sradicamento, la fatica di vivere e di sentire.



Eppure è pazzesco come tutto, nell'arte di Frida, comunichi il desiderio di una maternità universale. Tutto è, o ambisce ad essere, "un abbraccio amorevole" (1949), un "nucleo solare" (1945) o embrionale, in fin dei conti: uno speranzoso "Sole di vita" (1947).



Marta Mariani

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