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Fui Ipazia

Fui Ipazia

Una poesia per Ipazia, scienziata alessandrina, vittima di un antico fanatismo. Un inno senza tempo alla libertà e alla donna che vuole conoscere.

Domenica, 10/03/2024 - Fui Ipazia

Basta Mimose
e poi amori di sangue
baci recisi.
Un vento di libertà
tumulate a festa.

Fui Ipazia, la dannata di Dio.
Vissi ad Alessandria.
La verità sedusse i miei occhi.
I miei fianchi cedettero al Logos.

Morii per follia incolta,
per rabbia d’un dio nuovo,
di cui non avevo perimetro.

Mai ebbi mimose.
solo il papiro e la rosa
nel deserto ho scritto
ipotenuse d’abbracci
celesti sulla terra viva
del mio giovane seno.

Non si usava allora
omaggiare la scienza
in una donna.

















Il loro cielo era la casa,
il seme d’un marito,
il pianto d’un figlio,
la seta e la tela del silenzio.

Io uscii di casa, nel sole
varcai la biblioteca
e fui astronoma, madre
di sfere, libera
in un guscio di luce

senza dio vidi nel vuoto
l’amore…

***

Nel cielo il mio tormento
Arsi di stelle e domande.
Fui vento greco di scienza
sventrata per odio di libri.

Questo decisi di lasciare
al lontano futuro della vita
di me, offerta alla notte
della follia d’un branco
d’uomini soli…
Soli accesi di cecità.

***



Universale di quelli
il coltello ed il fuoco
mi resta fiore nel collo
un perché d’infinito.

Diedi speranza all’amore
d’imparare. Ecco mi resta
rosa di cenere
il deserto
del cielo.

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