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Giorgia Pontetti, l’imprenditrice agricola che voleva fare l’astronauta. E ci è quasi riuscita

Giorgia Pontetti, l’imprenditrice agricola che voleva fare l’astronauta. E ci è quasi riuscita

Ferrari Farm sul Lago del Salto, nel reatino, è un esempio di innovazione nella tradizione. Con le serre idroponiche sterili il futuro è già realtà

Domenica, 03/07/2022 -

Ha inventato le serre idroponiche sterili e le ha costruite a Colle Cerqueto, adagiandole su un bel poggio da cui lo sguardo si perde in una indimenticabile vista sul Lago del Salto. In queste serre speciali, uniche in Europa, coltiva pomodori nichel free garantiti da procedimenti rigidamente controllati per impedire contaminazioni o inquinanti di qualsiasi tipo. “Dalla semina all’irrigazione fino alla raccolta, ogni passaggio è studiato e i risultati dimostrano un metodo di lavoro consolidato”. Nell’azienda che gestisce insieme alla sorella Valentina, Ferrari Farm, incontriamo Giorgia Pontetti, ingegnera aerospaziale e anche imprenditrice agricola.

Ferrari Farm è un autentico gioiello, un’impresa agricola all’avanguardia che è riuscita persino a creare un ponte tra la provincia di Rieti e la missione spaziale internazionale del 2011. “I 12 astronauti  a bordo dello Shuttle Endeavor  hanno mangiato la salsiccia tipica di questa zona, fatta con la ricetta di mio nonno” racconta orgogliosa mostrando il gagliardetto e la pergamena con le firme, tra gli altri, anche di Roberto Vittori e Paolo Nespoli.

“Lo spazio è sempre stata la mia passione così come l’agricoltura. I miei nonni qui erano contadini poverissimi, mi hanno trasmesso un forte senso di appartenenza. Da loro non ho ereditato questa terra, che ha comprato mio padre molti anni dopo, ma qualcosa di molto più prezioso: il rispetto profondo per l’ambiente e per le nostre radici. Per questo stiamo qui, nonostante gli ostacoli che abbiamo dovuto superare, a partire dai 7 anni che ci sono voluti per ottenere il permesso di realizzare le serre”.

Ferrari Farm è la tipica azienda agricola multifunzionale. “Abbiamo 3500 piante da frutto e un ettaro di orto, entrambi certificati bio; c’è l’orto di erbe aromatiche a pieno campo e nelle 3 serre sterili da 100 mq l’una coltiviamo i pomodori con il sistema idroponico sterile. Gestiamo nel nostro laboratorio interno anche le trasformazioni (succhi, marmellate, passate, liquori) e curiamo la vendita (diretta e tramite e-commerce). Di recente abbiamo aperto un centro benessere rurale, struttura di qualità che si aggiunge all’agriturismo, il primo nel Lazio ad aver ottenuto i cinque girasoli: l’equivalente delle 5 stelle per gli hotel, in cui c’è una stanza con il soffitto di vetro per ammirare il cielo stellato che qui è uno spettacolo imperdibile. La nostra piscina benessere ha un tetto solare che riscalda l’acqua tutto l’anno, la puliamo con il sale evitando il cloro che rovinerebbe i giardini, quindi è una piscina di acqua salata. Poi c’è il centro benessere con solarium, sauna, bagno turco, idromassaggio e cascate cervicali, il tutto vista Lago”.

Un luogo del cuore, quindi, in cui Pontetti ha realizzato il suo sogno: unire l’ingegneria e lo spazio con l’agricoltura. “Ero fresca di laurea. Ad una conferenza per lo spazio nel 2004 si parlava delle coltivazioni idroponiche e delle spedizioni su Marte, ho avuto l’intuizione che mi ha portato, dopo tanti anni di studio e ricerche, alla realizzazione delle serre sterili. Non è stato facile, mi sono scontrata con tutta la comunità scientifica nazionale e internazionale e penso che persino mio nonno non mi avrebbe compresa. Il punto è che io non vedevo una serra, ma uno strumento. Mi sono detta: esattamente come facciamo nelle sale operatorie per le persone, altrettanto potremmo fare sui satelliti e anche su Marte. La mia famiglia ha creduto in questo progetto e lo ha finanziato. Non li ringrazierò mai abbastanza per la fiducia. In realtà l’idea è semplice: ricostruire l’ambiente ideale, l’Eden in cui le piante possono riprodursi senza risentire di perturbazioni esterne: mutamenti climatici, inquinamento o altro. In sostanza posso produrre ovunque quello che voglio. Se funziona qui, dove le temperature oscillano dai -20° d’inverno a +30° d’estate, sicuramente possiamo impiantare serre al Polo Nord o in Africa: significa poter sfamare le persone. Un aspetto decisivo è il risparmio energetico di questo sistema; si usa solo l’acqua strettamente indispensabile alla pianta e quella in accesso viene recuperata (usiamo 125 litri di acqua a settimana per oltre 200 piante di pomodori), con i pannelli solari le serre sono autonome e, essendo chiuse, l’impronta di CO2 di queste coltivazioni è pari a zero. Tutto, dalla quantità di acqua fino alla raccolta, è controllato con il computer, cosa che oltretutto diminuisce di molto la fatica rendendo meno ostile questo lavoro in un mondo in cui sta scomparendo l’attrazione per i lavori pesanti. Non ho dubbi che questo sarà il futuro anche per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, a partire dalla siccità”.

Indubbiamente affascinante il racconto di questa ingegnera-contadina visionaria e di successo, alla quale un po’ provocatoriamente chiediamo che fine fa, in un’agricoltura tecnologizzata, la poesia dei campi coltivati. “Entrando nelle mie serre ti immergi in una foresta in cui piante di pomodori alte e rigogliose ti avvolgono con un profumo intenso perché è concentrato in uno spazio circoscritto. Una sensazione che in campo aperto non avresti mai provato. Cambiano i sensi con i quali ti relazioni alla natura, ma è comunque bellissimo”.

Anche dal punto di vista della qualità del prodotto, ascoltare le spiegazioni di Pontetti è interessante. “Il nostro è davvero l’unico pomodoro nichel free sul mercato. Bisogna sapere che questo metallo lo trovi in diversi punti della catena: nella terra, nei fertilizzanti, nell’acqua. Perciò non bastano le serre tradizionali a eliminarlo. Alla coltivazione in serre sterili, mettendo a punto un procedimento studiato e complesso, sono arrivata escludendo tutte le fonti di contaminazione. Grazie a questi procedimenti il nostro pomodoro non contiene neppure altri metalli né l’istamina, che è un allergene micidiale. Sono cioè paragonabili a un prodotto farmaceutico e quindi in grado di aiutare a curare alcune patologie”. Guarda al futuro, Giorgia Pontetti, e al tempo stesso non dimentica la lezione del passato, quando il nonno”mangiava il cibo sano che coltivava e si curava con erbe e prodotti naturali”.

Di fronte a tanta intraprendenza, lungimiranza e coraggio quasi ci si vergogna a chiedere se, come donna, ha avuto qualche difficoltà in più. “Grazie alle semine delle donne che ci hanno preceduto, oggi noi non incontriamo troppi ostacoli, anche se duole vedere che il problema della violenza è ancora enorme. Il punto è che in questo Paese è difficile fare impresa, ancora di più impresa femminile. Io sono stata fortunata perché la mia famiglia ha investito su di me. Ma quante ottime idee invecchiano nei cassetti? Quanti sogni vanno in fumo? Con le nostre forze abbiamo raggiunto traguardi importanti: sono arrivata prima ad un concorso nazionale che mi ha portata all’ONU a raccontare la mia storia, la regione Lazio mi ha scelto come testimonial di innovazione nell’agricoltura e ha fatto la campagna stampa con la mia faccia sugli autobus di Roma, sono andata a Expo 2015, in quanto innovatrice sono invitata ad eventi e ai talk per raccontare la mia esperienza. Ad un certo punto, dopo che la mia famiglia aveva sostenuto l’investimento, ho voluto chiedere un piccolo finanziamento con il PSR (Piano Sviluppo Rurale), non mi servivano i soldi ma volevo che un soggetto terzo riconoscesse e certificasse la validità dell’idea. Tutto questo mi rende orgogliosa e avrei  potuto farlo in qualsiasi parte del mondo. Ma io ho scelto di farlo qui perché questo, per me, è il posto più bello del mondo”.

Chiacchierando abbiamo raggiunto il culmine della collina, sotto di noi le serre, più giù la piscina accanto all’agriturismo con il tetto trasparente. Sullo sfondo il blu del Lago che, placido, accoglie tra le rive sinuose i tuffi dei prati e delle rocce. “Senza di noi qui ci sarebbe abbandono - sussurra Giorgia gustando il panorama - . Invece, eccoci, coabitiamo con la natura, rispettando lei e le nostre radici. Che direbbe mio nonno? Sarebbe fiero e mi spiace non possa vedere tutto quello che abbiamo fatto. Ma mi pace pensare che lui vede e sa tutto….”.



Testimonianze raccolte nell’ambito del
progetto
‘Da sole non c’è storia. Donne al lavoro tra passato e futuro’
sostenuto dalla Regione Lazio. #lavoroXlei


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