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Ho conosciuto Goliarda Sapienza - di Paolo Ruffilli

Ho conosciuto Goliarda Sapienza - di Paolo Ruffilli

Fausta Genziana Le Piane, Invito alla lettura de "L'arte della gioia" di Goliarda Sapienza, Edizioni Eventualmente

Venerdi, 01/02/2013 - Ho conosciuto Goliarda Sapienza negli anni Settanta come poetessa. Delle sue poesie mi aveva parlato con entusiasmo Attilio Bertolucci. Anche se lei si sentiva votata soprattutto alla narrazione. Ma Goliarda aveva una naturale disposizione alla scrittura lirica indipendentemente dal fatto che si trattasse di poesia, anzi di più proprio nella sua prosa. Pensava che scrivere fosse il modo per rubare le parole al vuoto, sottrarle all’indistinto e impronunciato… e ogni parola per lei aveva un valore assoluto, proprio come in poesia.

La simpatia fu reciproca, nell’occasione degli argomenti di cui continuammo a parlare tra un caffè e l’altro (io), tra una sigaretta e l’altra (lei). Non avevamo in comune soltanto il piacere della parola, considerata come entità “sacra”: la parola che salva, la parola che uccide, la parola che illumina, la parola che spegne, la parola che fonde e salda, la parola che divide e allontana. Scoprimmo di avere in comune un interesse particolare per le donne, intese come universi sconosciuti, territori da esplorare e scoprire, veri unici poli di attrazione e fari nella notte dei tempi e dei mondi. E scoprimmo di avere in comune un interesse trainante per il carcere e i carcerati, per il mistero della prigionia (avendo lei fatto un’esperienza carceraria).

Avevamo in comune, io e Goliarda, anche un’altra cosa: la convinzione profonda di non piegarsi alle pretese degli editori che ti chiedono sempre di ridurre e mortificare quello che scrivi per farne un “raccontino commerciale”, piegandoti alla superficialità, alle notazioni sommarie e generiche, alle finte atmosfere, al già letto e sentito… solo per vendere qualche copia in più. Sì, la pensavamo allo stesso modo sui nostri editori miopi e incompetenti, ostili alla letteratura di qualità in nome di una scrittura dozzinale, giornalistica, inconsistente. E del resto, allora come oggi, le nostre case editrici pubblicavano e pubblicano quasi esclusivamente letteratura di serie B e C. Quel po’ di serie A viene dall’estero, in traduzione.

E, non a caso, dall’estero è venuto – purtroppo, postumo – il riconoscimento della qualità somma della scrittura di Goliarda, dai tedeschi (gli unici, ancora oggi in Europa insieme con gli inglesi, a cercare e promuovere la letteratura più significativa) e, di rimbalzo, dai francesi.

L’arte della gioia è uno dei libri capitali della grande letteratura non solo italiana ma europea del Novecento, un unicum sia pure dentro l’eccezionale palestra stilistica dell’opera di Goliarda: uno di quei capolavori (come La recherche, L’uomo senza qualità, Il fu Mattia Pascal, La coscienza di Zeno, Gita al faro, Il gattopardo, Menzogna e sortilegio, Il mare non bagna più Napoli…) in cui la parola che esonda trascina lo scrittore e il suo racconto dentro il labirinto della vita ad altezze straordinarie.

Il mondo di Goliarda è complesso eppure semplicissimo e, per orientarsi dentro i suoi molteplici percorsi – vorticosi da togliere il respiro –, un saggio come questo di Fausta Genziana Le Piane è molto utile. Ci guida attraverso gli snodi fondamentali della biografia della scrittrice, per poi portarci dentro il mondo della sua scrittura attraverso la grandiosa architettura de L’arte della gioia, sulle tracce della protagonista Modesta, questo concentrato di tutti i personaggi femminili di Goliarda. E particolarmente indicativi risultano, ad esempio, il capitolo sulla strategia della malattia di cui Modesta si serve nella sua vita, il capitolo sullo studio delle parole che Modesta auspica al pari di quelli delle piante e degli animali e il capitolo finale sulla conoscenza che per Modesta passa attraverso la metafora dei capelli.

Fausta Genziana Le Piane ha la sensibilità giusta, con l’esperienza del poeta oltre al senso vitale tutto femminile, per aprire gli spiragli e suggerire le angolazioni in grado di portarci dentro la storia di Modesta: questo personaggio universale votato all’arte della gioia, che Goliarda ha voluto e saputo costruire a rappresentare il complesso universo della donna, suo interesse portante e fortissimamente coinvolgente nella riflessione come nella scrittura. La vera donna, secondo Goliarda appunto, quella anarchica e scomoda, nel groviglio delle sue contraddizioni di carnalità e di testa, di delicatezza e di forza, di saggezza e di follia, di dolcezza e di crudeltà.



Paolo Ruffilli

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