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I non-luoghi delle città

I non-luoghi delle città

I non-luoghi e gli hub metropolitani: dalla solitidine collettiva e giovanile diventano occasione di arte e cultura. Una ricerca di On the Road Onlus (Italia)

Martedi, 08/10/2013 - Non-luogo e coesistenza dinamica sono stati i temi al centro della conferenza organizzata dall'Associazione On the Road Onlus (Italia) nell'ambito del Programma Daphne III - programma finanziato dalla Commissione Europea, Direzione Generale di Giustizia. Roma ha dunque ospitato l'incontro “Violence in Transit” presso lo Spazio Europeo di via IV novembre, dove sono stati discussi alcuni studi comparativi riguardanti la devianza giovanile e l'esclusione sociale (nelle stazioni urbane e metropolitane di Pescara, Barcellona e Porto).

Nella routine contemporanea le stazioni ferroviarie, i capolinea degli autobus, gli hub metropolitani e i punti di snodo dei mezzi pubblici sono dei veri e propri luoghi-non-luoghi. In questi punti di raccordo, folle di persone quantomai eterogenee si incontrano e coesistono, condividono viaggi, stati d'animo, esperienze, in un vero clima paradossale di “solitudine collettiva”. Si tratta di non-luoghi in cui è frequente percepire un clima di disagio sociale, di insicurezza, di vulnerabilità. Nelle stazioni ferroviarie, infatti, si concentrano quei fenomeni marginalizzanti quali: prostituzione, spaccio, accattonaggio.

I due report di ricerca finanziati dal programma Daphne III (uno di ordine nazionale, l'altro di interesse continentale) hanno permesso la divulgazione di dati interessanti legati alla violenza giovanile nelle aree di transito.

Nello studio italiano, di durata biennale (giugno 2011-giugno 2013), si è potuto osservare quanto il problema della violenza giovanile sia spesso legato a fenomeni di esclusione sociale. Partendo da queste evidenze, l'obiettivo del progetto è stato quello di «individuare delle prassi di intervento efficaci per contrastare i fenomeni violenti e per migliorare la situazione delle aree interessate e di tutte le persone che vi transitano, vivono e lavorano» (R1, p. 5).

I risultati della ricerca italiana (incentrata sulla stazione ferroviaria di Pescara) hanno confermato il carattere prettamente giovanile delle attività violente: gli attori di fenomeni marginalizzanti sono ragazzi di nemmeno 30 anni, nel 75% dei casi. Tuttavia «queste persone non sono identificabili principalmente per il loro essere giovani, né è possibile ricondurre il loro coinvolgimento in dinamiche aggressive all'interno di vissuti tipicamente giovanili - ovvero di persone in transizione tra una fase adolescenziale che si prolunga e una fase adulta che tarda a manifestarsi. Quello che invece accomuna molte di queste persone, che sono “incidentalmente” giovani, è la predominanza di gravi sofferenze esistenziali, economiche e sociali, la loro appartenenza a sacche di marginalità che vengono spesso definite “devianti”, in funzione della loro differenza rispetto a categorie più normali, ovvero, più inserite nella società» (R1, p. 94).

Da questo postulato, gli interventi fattivi e le azioni di contenimento dei fenomeni violenti sono stati brillanti e creativi, poiché hanno insistito sul punto dell'integrazione, dell'espressività artistica e dell'adattamento.

Anche dal report europeo, infatti, si è riscontrato un principio di carattere generale: se si organizzano nelle stazioni ferroviarie, e nei punti di raccordo del trasporto pubblico, piccole esposizioni fotografiche, laboratori di poesia estemporanea o di scrittura, performances improvvisate di street art o di teatro urbano, le energie distruttive dei disadattati vengono proficuamente canalizzate e reindirizzate alla propositività; con il doppio vantaggio di dare modo ai non-luoghi di reinventarsi come spazi e occasioni fugaci di cultura metropolitana.

Questa felice considerazione ha permesso alle autorità europee intervenute alla conferenza, constatazioni sulla necessità di svecchiare un modo di pensare sclerotizzato, sterile, intransigente e inflessibile. Rita Visini (Assessore alle Politiche Sociali del Lazio), ad esempio, ha sollecitato «tutti coloro che hanno delle responsabilità istituzionali, ad interrogarsi meglio sull'endemica precarietà giovanile, in modo da risolvere una questione sorta dagli ingranaggi arrugginiti di un mondo culturalmente vecchio».

Altri interventi, come quelli di Fabrizio Torella (Responsabile delle Attività Sociali d’Impresa delle Ferrovie dello Stato Italiane), Eduard Mateus (Rappresentate della Fundaciò APIP-ACAM per le Azioni Protettive le Necessità Sociali e Residenziali), Fabrice Fussy (Responsabile del National Observatoryon Crime of Transportation), hanno voluto ribadire che: «per incoraggiare la percezione della sicurezza nelle stazioni è fondamentale conciliare la cultura e la sociologia, e mettere insieme l'etica con l'estetica».

I partners del progetto Violence in Transit, (EAPN Portugal - Network Anti-Povertà; APIP-ACAM e la Cooperativa Sociale Europe Consulting Italia), insieme con gli associati (Ferrovie dello Stato, OSCE Austria e On the Road Onlus) si sono poi soffermati sul tema della tratta degli umani.

Alberto Andreani (del Segretariato Viennese anti-tratta) ha esortato le autorità presenti a non sottovalutare i nuovi modus operandi impiegati da quelle consorterie criminali che ancora oggi trattano gli esseri umani come merce, violando di questi, qualsiasi dignità e diritto. Questo aspetto è forse la zona più cupa e ombrosa della criminalità di transito, oltre che la più sfuggente. D'altro canto, restano vere le parole di Vincenzo Castelli (Coordinatore del Progetto Pescara-Barcellona-Porto), per cui «la violenza insorge sempre lì dove si fratturano i legami sociali», pertanto, integrazione e pacifica coesistenza potranno funzionare da rimedio persino al fenomeno della tratta.



Marta Mariani

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