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I NUMERI DEL 'FEMICIDIO'

I NUMERI DEL 'FEMICIDIO'

In costante aumento la violenza nel nostro Paese

Lunedi, 21/11/2011 -
Nel bel libro di Barbara Spinelli “Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale” il femminicidio è definito come una “categoria di analisi socio-criminologica delle discriminazioni e violenze nei confronti delle donne per la loro appartenenza al genere femminile. È un neologismo con il quale si nomina ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna ‘in quanto donna’. È la violenza di genere in ogni sua forma. È l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società patriarcale, è la violenza e ogni forma di discriminazione esercitata nei confronti della donna che disattende queste aspettative.(…) Il femminicidio attraversa ogni epoca, ogni cultura, ogni luogo.” (http://femminicidio.blogspot.com/). Le categorie della violenza contro le donne sono così varie e diffuse e hanno dato luogo all’espressione Femmicidio (femicide), diffusa per la prima volta da Diana Russell nel 1992 nel libro Femicide: The Politics of woman killing, che riconosce come “causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna ‘perché donna’. (…) Il concetto di femmicidio si estende aldilà della definizione giuridica di assassinio e include quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito/la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine.” La teoria di Russell viene utilizzata da numerose scienziate per analizzare le varie forme di femmicidio (delitto d’onore, lesbicidio, ecc.) e viene ripresa dalle sociologhe, antropologhe e criminologhe messicane per analizzare i fatti di Ciudad Juarez, per descrivere non solo le uccisioni di genere, ma ogni forma di violenza e discriminazione contro la donna “in quanto donna”. Per Marcela Lagarde è “la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine - maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale - che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia”.

Una ricerca sul femicidio in Italia condotta per il 2010 dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna che riguarda delitti, riportati sulla stampa locale e nazionale, che si concludono con la morte della donna commessi in Italia nel corso dell'anno 2010 e legati alla morte della donna per motivi di genere, ci dice che nel 2010 le donne uccise per mano di uomini (loro mariti, ex, compagni, parenti o sconosciuti) sono 127, cioè 8 in più dell’anno precedente, 15 in più che nel 2008, e 20 in più se si guarda al 2007. I dati sul rapporto di profonda, spesso intima conoscenza tra uccisore e donna uccisa dimostrano che spesso il luogo più pericoloso per una donna è proprio la famiglia: nel 31% dei casi l’assassino è il partner, mentre aumentano le percentuali degli ex che quest’anno giungono al 23%, ciò significa che nel 54% dei casi la donna trova la morte all’interno della relazione di coppia, o a causa della sua interruzione, mentre soltanto nel 4% dei casi l’autore è uno sconosciuto. Assolutamente in controtendenza rispetto alle campagne stampa degli ultimi anni il dato sulla provenienza dell’autore: nel 2010 nel 79% dei casi il femicidio è stato commesso da un italiano. Un dato che addirittura tende ad aumentare nel corso degli anni: infatti nel 2009 era italiano il 76%, il 62,8% nel 2008.

In Italia la violenza contro le donne è un fenomeno in continuo aumento che coinvolge donne di tutte le classi sociali, lavoratrici e non, di estrazione culturale differenti, di tutte le età. È una violenza che fortunatamente non sempre porta alla morte, ma che lascia segni profondi e sconvolgimenti nella vita di chi l’ha subita. E nel nostro paese sono tantissime quelle che sono oggetto di violenza.

Secondo l’Indagine ISTAT 2007 “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia in Italia”, realizzata su un campione di 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni, intervistate su tutto il territorio nazionale da gennaio a ottobre 2006, in Italia 6,7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (che corrisponde al 31,9% delle donne in questa fascia di età) hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della vita; 7,1 milioni di donne hanno subito o subiscono violenza psicologica; 2,7 milioni di donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking). Il 69,7 % degli stupri è opera di un partner ex o attuale. il 17,4 % degli stupri è opera di un conoscente e solo il 6,2 % è opera di estranei. Ma delle donne che subiscono maltrattamenti solo il 18,2% considera la violenza subita in famiglia un reato e il 45,2% di chi subisce violenza dal partner attuale non ne parla con nessuno. Ciò è molto grave e fa emergere che il fenomeno della violenza è molto più diffuso di quanto si sappia, considerando anche che il 93% delle violenze causate da un partner non viene denunciato.

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