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I primi cinquant’anni delle donne in Magistratura.

I primi cinquant’anni delle donne in Magistratura.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha organizzato a Roma un convegno sui primi cinquant’anni delle donne in magistratura.

Sabato, 06/07/2013 - “Esistono ancora dei soffitti di cristallo, vere e proprie barriere che nel nostro paese dividono ancora uomini e donne che affrontano la carriera giudiziaria". Così la Ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri in occasione del convegno tenutosi a Roma il 4 luglio scorso in occasione dei primi cinquant’anni dell’ingresso delle donne in magistratura.

Nel maggio 1963 fu bandito il primo concorso aperto alle donne in magistratura: otto partecipanti per la prima volta lo vinsero. In un momento storico così significativo per le donne, la celebrazione di un pezzo fondamentale delle istituzioni della democrazia per riflettere sul tema delle discriminazioni di genere, sulla consapevolezza dei ruoli, sui limiti che ancora caratterizzano il ruolo della donne nel contesto attuale, culturale, istituzionale e professionale. Dopo cinquant’anni dal suo ingresso nella magistratura il 48% dei magistrati italiani è donna, in linea con la costituzione europea, ma "la posizione del nostro sistema giudiziario precipita al 34esimo posto, quando si rileva il numero di donne chiamate a ricoprire incarichi direttivi: a fronte di una media europea del 32%, il nostro paese non supera il 13%", rileva ancora la ministra Annamaria Cancellieri. Il convegno organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura e coordinato dalle uniche componenti femminili del Consiglio: le magistrate Giuseppina Casella e Giovanna di Rosa. Tra gli altri hanno partecipato Paola Severino, prima donna Ministro della Giustizia nella storia della Repubblica, che ha riportato la sua esperienza all’interno delle Istituzioni. Marta Cartabia, giudice della Corte Costituzionale, e Maria Bashir Procuratrice generale di Herat – Afghanistan, che vive scortata con la sua famiglia e che racconta la sua forte esperienza nelle condizioni difficili della propria terra: “in Afghanistan le donne gridano al diritto e all’uguaglianza. Le nostre donne non possono andare a scuola e noi ci battiamo per questo. Quando non riescono ad ottenere i propri diritti si danno fuoco, non possono divorziare, perché non vedrebbero più i loro figli, e per questo subiscono ogni tipo di violenze. C’è molto da fare, ma ora sono migliaia le donne studiano e vanno all’università” .

Un convegno che ha sottolineato le difficoltà ancora esistenti in tema di differenza di genere e che non può prescindere dal tema della violenza sulle donne, questione emergenziale visti i frequenti casi di attualità e di cronaca.

La magistrata Giovanna De Rosa nella sua relazione ha ribadito l’importanza della professionalità dimostrata dalle donne magistrato, superiore a quella degli uomini se si guardano le statistiche che riguardano i procedimenti disciplinari, ad esempio. Ha ribadito l’importanza del cambiamento culturale per la parità di genere: “la donna non lavora a parità di condizioni, visto i carichi e gli oneri di accudimento a casa e con la famiglia. Il vero snodo culturale è la condizione della parità familiare. La famiglia non è un valore condiviso, la società deve smuovere questa cultura”.

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