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Il caso della maison Sarah’s bag

Il caso della maison Sarah’s bag

Nata nel 2000, in poco più di quindici anni la casa di moda è riuscita ad imporsi nel settore come marchio socialmente responsabile che guarda alle donne emarginate

Martedi, 28/06/2016 -
Era solo una studentessa al college, quando Sarah Beydoun inizia a pensare a quella che di lì a pochi anni si sarebbe trasformata in una realtà commerciale di successo.

Fondata nel 2000, in poco tempo il marchio Sarah’s bag si impone nel mercato libanese come azienda però rivolta allo sviluppo delle economie locali, coinvolgendo prima di tutto le donne più sfortunate.

“Ho voluto coinvolgere fin dall’inizio le donne detenute libanesi perché sapevo che questo progetto avrebbe avuto non solo un effetto positivo sulle loro vite, ma anche su quelle dei loro famigliari e della loro comunità” dice la stilista.

Creando delle borse fatte a mano, considerata tra l’altro dei pezzi unici perché i disegni sono tutti differenti, Sarah ha iniziato a dare alle donne coinvolte nel progetto una speranza di vita differente.

“Andavo in carcere due o tre volte alla settimana per lavorare con insieme alle detenute. Fin dall’inizio della nostra collaborazione, le ho sempre spinte a mettere alla prova il loro talento artistico e ad utilizzarlo anche dopo aver scontato la loro pena detentiva - continua -. Così facendo le donne hanno cominciato ad acquisire autostima, ma anche indipendenza economica tanto da facilitare il loro re-inserimento all’interno della società. Non assumiamo solo le donne che sanno cucire, coinvolgiamo anche quelle che non hanno mai avuto a che fare con ago e filo nella loro vita” dice Sarah Beydoun.

Per la stilista però la realizzazione delle borse rappresenta solo una delle fasi del processo produttivo perché si tratta prima di tutto di dare alle detenute ed alle ex detenute “la possibilità di modificare la realtà nella quale vivono, esplorare il loro talento artistico e scrivere un nuovo capitolo della loro vita”.

Ma una volta fatto questo, subentrano le diverse fasi di controllo qualità delle borse prodotte e realizzate ed immesse sul mercato.

“Ogni articolo che produciamo viene trasmesso ai nostri esperti artigiani. Sono loro che hanno il compito di controllare ogni dettaglio prima che la borsa sia esposta e messa in vendita”dice.

Oggi, a quindici anni dalla prima borsa prodotta, il marchio ha lasciato il segno.

Le compratrici sparse per il mondo oltre ad apprezzare i disegni e la qualità dei prodotti utilizzati, sono anche sostenitrici della causa perché “sanno di contribuire positivamente ai processi di empowerment delle donne più svantaggiate” dice la stilista.

Nonostante il successo raggiunto, Sarah Beydoun però è consapevole che bisogna lavorare sodo affinché il marchio possa coinvolgere sempre più donne svantaggiate.

Con circa duecento persone assunte, tra artigiani, cucitrici e disegnatrici, Sarah Beydoun è in grado di lanciare due collezioni all’anno.

Disponibili in ventidue Paesi sparsi tra il Medio Oriente e l’Europa, le Sarah’s bags ora mirano a conquistare il mercato statunitense.



Foto dsi Sarah’s Bags

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