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Il Museo del Tessile e dell'Abbigliamento Elena Aldobrandini si rinnova. E rilancia

Il Museo del Tessile e dell'Abbigliamento Elena Aldobrandini si rinnova. E rilancia

Il nuovo allestimento del centro permanente dell'arte e della produzione tessile antica e contemporanea in Campania per realizzare un percorso di storia vestimentaria

Martedi, 30/03/2021 - Nel complesso monumentale di Piazzetta Mondragone, nel cuore della città di Napoli, si trova il “Museo del Tessile e dell'Abbigliamento Elena Aldobrandini”, centro permanente di alta cultura per la promozione e valorizzazione dell'arte e della produzione tessile antica e contemporanea in Campania.
Il Museo ripercorre la storia della moda dal 700 ai giorni nostri. Concetti e contenuti illustrati attraverso le trasformazioni, graduali o radicali, che hanno caratterizzato il modo di abbigliarsi della donna e la presentazione di sé anche e soprattutto attraverso i suoi vestiti. Una grande quantità di abiti che racconta e definisce le regole del “vestirsi bene”, la loro evoluzione storica e il loro risultato finale, ma che rivela anche le tappe del processo di emancipazione femminile attraverso l'avvicendarsi delle mode. Il museo ha avuto una svolta sostanziale con l'inaugurazione nel marzo del 2019 del nuovo allestimento realizzato in collaborazione con la Regione Campania.
L'idea fondante di riqualificazione del museo è nata dalla volontà di adeguare la struttura ad un percorso di storia vestimentaria, ovvero degli indumenti e accessori che hanno caratterizzato i trend storici della moda, ricalcando il processo di emancipazione femminile, di cui la moda rappresenta un importante punto di vista.

Gli abiti raccontano storie, destini, appartenenze e marginalità. Vestiti che esprimono la cura che la donna mette nella sua presentazione e rappresentazione, influenzata ovviamente dall'epoca storica e dalla posizione sociale. Maria D'Elia qual è la filosofia del vostro progetto?
La nuova politica del nostro museo tende a dare una direttiva multifunzionale che partendo dall’abito confluisce nelle varie direzioni dell'arte e della cultura. Attraverso un protocollo di intesa con l'Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” consentiamo ai giovani di partecipare all'organizzazione del museo e di studiare l'evoluzione storica e culturale della moda. Abbiamo poi stipulato convenzioni con scuole di danza e con associazioni musicali per stimolare la partecipazione, soprattutto dei giovani e delle varie realtà culturali, protagoniste dei processi di innovazione emergenti. La direzione artistica di Michele Iodice dà vita ed essenza alle creazioni sartoriali e a ciò che rappresentano nel contesto sociale, storico e artistico con la descrizione degli abiti e la loro interpretazione espositiva. Partendo ad esempio dalle sottostrutture storiche - tra le quali il guardinfante, una sorta di gabbia che funge da amplificatore della gonna, concepita per snaturare le forme sottostanti e renderle più sensuali - si accede a concetti che trascendono dal comparto del tessile e della moda, a volte avvertito come riduttivo.

Parlare di abbigliamento significa quindi avere un approccio interdisciplinare che implica narrare il contesto e le lente e sofferte trasformazioni del ruolo conferito e accettato dalla donna, nel susseguirsi dei secoli. La moda ha influenzato, e ancora influenza, la società e tramite gli abiti ha contribuito all'oppressione o, al contrario, alla liberazione delle donne. Dalle crinoline a Mary Quant, dalle gorgiere ai roghi dei reggiseni, come viene raccontato tutto questo?
Abbiamo scelto un percorso storico-cronologico e abbiamo dato spazio ad alcuni stilisti - in particolar modo napoletani - con un'esposizione tematica. In questa direzione vanno le sale dedicate a Fausto Sarli, l’inventore dello stile italiano e a Livio De Simone che con la retrospettiva “Il Mediterraneo di stoffa” narra del batik napoletano attraverso stoffe uniche, colate dense delle nuance del mare, utilizzate per la nascita di abiti da favola, asimmetrici e impalpabili. Altra attenzione è stata attribuita ad un semilavorato di eccezione: il bottone, esposto in una sala immaginifica cui fa seguito lo spazio dedicato ai tessuti di arredo di fine '800 e inizio '900 della donazione dell’antiquaria Tullia Passerini Gargiulo e la sala del guanto, omaggio all’accessorio napoletano d'eccellenza, complice, al pari del ventaglio, di un linguaggio non verbale antico.

Il museo espone anche abiti donati dalle famiglie napoletane, realizzati tra l'800 il '900, a cui si aggiungono creazioni di stilisti contemporanei provenienti da tutto il mondo. Ci sono abiti di stiliste? Come sono viste e vissute le donne in questo periodo più vicino a noi?
Le collezioni sono soprattutto indicative della storia della Fondazione e della sua incidenza sul territorio campano. Il museo è frutto di donazioni di antiche famiglie napoletane dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, che hanno voluto trasformare abiti e/o oggetti da beni familiari a beni da condividere con l'intera collettività. Il percorso museale racconta l'evoluzione della donna attraverso la successione delle mode. La sequenza è indicativa delle tappe salienti della crescita al femminile: successi, battute di arresto e involuzioni, riflessi nella creazione e nella scelta degli abiti, che sono anche rappresentativi delle modalità e dei tempi della vestizione. Gli esemplari tessili e gli accessori donati, descrivono la storia di chi li ha avuti, vissuti, indossati e/o creati. Sono la prova tangibile di stili di vita e sono il riflesso degli aspetti societari, ambientali e psicologici analizzati attraverso i dettami del “bel e ben vestire”. Tra le donne stiliste c’è l’indimenticabile Laura Biagiotti, Irene Galitzine e, ultima acquisizione, un abito storico firmato Raffaella Curiel, raffigurante, nella parte inferiore, una rivisitazione del panier settecentesco, sottostruttura storica della parte inferiore della veste.

Il 15 ottobre 2020, nelle sale del Museo della Moda Elena Aldobrandini – Fondazione Mondragone di Napoli è stata inaugurata la mostra: “La moda nella Belle Époque a Napoli” inserita nell’esposizione permanente: Sciantose e Gagà. Quale figura femminile emerge dalla moda dell'epoca del cancan?
La mostra temporanea: “La moda nella Belle Époque a Napoli” è la risposta della Fondazione Mondragone a una sorta di idem sentire, che ha investito la città nell'autunno 2020. Le celebrazioni di quest’era aurea, rispondente circa al 1870 – 1914, attraverso le espressioni artistiche più varie, ci ha spinto ad accettare la sfida: presentare le tendenze di fine Ottocento e primo quinquennio del Novecento, accanto agli abiti coevi, del percorso museale permanente. Al fianco degli outfit originali della sciantosa Anna Fougez, poco vestita e molto applaudita, trovano spazio gli abiti da passeggio, a corollario delle giornate di sole, uno splendido abito nuziale impalpabile color ecru con damigella pendant ed esemplari raffinatissimi di lingerie.

Quali sono - sperando di superare presto questo momento così complesso e difficile - i progetti futuri del Museo?
Le idee sono tante ma anche le difficoltà! Una tra le proposte progettuali del momento è la creazione di nuovi spazi adibiti alla sezione sacra del museo, in un ambiente contiguo alla chiesa Santa Maria delle Grazie. Oltre a manufatti in tessuto come piviali, pianete, tonacelle e paliotti, vestimenti di altare, risalenti al XVIII secolo, ci sono anche articoli di arredo liturgico in metallo prezioso e gemme rare, come uno splendido ostensorio in argento punzonato e pietre preziose, calici e crocefissi astile. Altra novità è il tour virtuale, panoramica dell'esposizione di ultima concezione, a testimonianza dell'unicità e della pregevolezza del patrimonio permanente. Un progetto a noi molto caro è legato al mondo dell’associazionismo. Esiste già la stesura di un protocollo di Intesa con l'Associazione Majestic Dance. Alcuni spazi della Fondazione saranno dati in concessione temporanea per la realizzazione di corsi di danza di più generi, la cui mancata attivazione è conseguenza inevitabile della pandemia da Covid 19. Tra tutte, importantissimo, è un corso creato dalla coreografa Carole Smith, che al di là dell’acquisizione di tecniche specifiche di movimento, si prefigge un obiettivo di più alta levatura. Il corso è rivolto a tutte le donne che, dopo un'esperienza traumatica, hanno la necessità di riacquistare un rapporto positivo con il proprio corpo. L'intento è di distaccarlo amorevolmente dalle immagini e dai pensieri invasivi e autolesionisti, legati alla drammaticità della violenza che le ha colte e rese vittime deboli e indifese. Questa prossima realizzazione conferma l'attenzione particolare - che la Fondazione - nutre per le azioni artistico – culturali, che oltre a supportare l’arte, nelle sue forme espressive più varie, la traduce e la conferma in un mezzo catartico dall’effetto straordinariamente dirompente.

RIQUADRO STORICO
Nel 1655 la Duchessa Elena Aldobrandini, moglie del Principe di Stigliano, Antonio Carafa, Duca di Mondragone, fonda a sue spese il “Ritiro per Matrone Vergini ed Oblate” al fine di dare asilo alle donne dell'aristocrazia in difficoltà. Resterà in funzione fino a quando, nel gennaio 1808, Giuseppe Bonaparte chiude 12 Conventi ed incamera arredi e ricchezze anche del Ritiro. Nel 1870 dopo l'Unità d’Italia i nuovi governanti sabaudi riconoscono con Regio decreto la Fondazione e la pongono alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1915 vengono aggiunte nello stesso edificio anche la Scuola Elementare e la Scuola Operaia. Nel 1924 il Ritiro viene fuso con il Comitato Femminile di lavoro del Carminiello. Bisogna attendere il 7 giugno del 2003 per la nascita del “Museo del Tessile e dell’Abbigliamento” dedicato alla fondatrice Elena Aldobrandini. Ma solo nel marzo del 2019 il Museo, ormai anche Museo della Moda, riapre con un nuovo allestimento sotto la guida della Commissaria Maria D’Elia, con la visione dell'artista Michele Iodice e il sostegno della Regione Campania.  https://museodellamodanapoli.com/


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