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Il Nobel per l'economia agli studi di genere: un segnale importante

Il Nobel per l'economia agli studi di genere: un segnale importante

Giovanna Badalassi spiega perchè l'assegnazione del prestigioso riconoscimento a Claudia Goldin è un passo avanti verso il necessario cambiamento di prospettive dell'economia

Mercoledi, 11/10/2023 -

L'assegnazione del Premio Nobel per l’economia 2023 a Claudia Goldin, storica dell’economia ed economista, che ha studiato “i fattori chiave delle differenze di genere nel mercato del lavoro …e ha fornito il primo resoconto completo su quanto guadagnano le donne e sulla loro partecipazione al mercato del lavoro nel corso dei secoli” è una scelta particolarmente significativa dal punto di vista di chi sostiene da anni la necessità di superare questi divari. Abbiamo interpellato Giovanna Badalassi, specialista nel campo e cofondatrice insiema a Federica Gentile del sito Ladynomics, che analizza l'economia dal punto di vista di genere.  

Perché è importante l’assegnazione del Premio Nobel a una studiosa dell’economia con approccio di genere?
La comprensione delle dinamiche di genere del Mercato del Lavoro è certamente indispensabile per promuovere i diritti delle donne come anche previsto dalla nostra Costituzione. Grazie alla ricerca in questo campo è però oggi chiaro che la partecipazione femminile al mercato del lavoro è non solo fonte di sostentamento e di benessere individuale e familiare ma anche un fattore di crescita per il paese. Nelle famiglie si sa già molto bene quanto serva il cosiddetto "secondo stipendio", oggi però questa consapevolezza sta crescendo lentamente anche a livello macroeconomico. Le donne, lavorando, producendo, guadagnando, pagando le tasse e i contributi, fanno anche crescere l'economia e il PIL. Una situazione win-win per le donne e per il paese. Detto così parrebbe logico, ma il fatto che non si stia investendo in modo convinto nella parità rivela la resistenza che il sistema sta opponendo al cambiamento. Per raggiungere la parità occorre certo iniziare dal pagare di più le donne e offrire loro più posti di lavoro solidi. La vera difficoltà dell'"ultimo miglio" per la piena parità riguarda però la necessità di ristrutturare sia il sistema produttivo che quello familiare per redistribuire il lavoro di cura in modo più equilibrato non solo all'interno della coppia e della famiglia ma anche rispetto ai servizi pubblici, che sono pur sempre sostenuti dalle tasse pagate anche dal lavoro delle donne. 

Un Nobel assegnato ad una ricercatrice come Claudia Goldin, che studia un tema che tu conosci bene e che, come segnali da anni, è una questione che riguarda i diritti e anche il mancato sviluppo economico che produce questa discriminazione. Come hai accolto questa scelta dell'Accademia delle Scienze di Stoccolma?
Avevo la speranza di un altro Premio Nobel all'Economia ad una donna, ma mai mi sarei aspettata un riconoscimento per gli studi di genere del mercato del lavoro. La sorpresa non è stata solo di noi di Ladynomics, ma di tutte le studiose appassionate di questi temi ad ogni latitudine, che da ieri hanno fatto ribollire le chat e i social. Una euforia generale che ci ha unito veramente tutte, perché abbiamo compreso il riconoscimento non solo alla studiosa ma anche al suo campo di studi. Non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora numerosi paesi nel mondo, ma anche nella stessa Unione Europea, che vietano gli studi di genere nelle Università. Dove gli studi di genere sono invece consentiti, le cattedre e i corsi sono in numero irrisorio e non viene data adeguata dignità scientifica alla ricerca su questi temi. Fino ad oggi questi studi hanno ripagato molto poco in termini di carriera rispetto ad altri ambiti dell'economia considerati più prestigiosi e potenti. Da domani fare ricerca sui gender studies, nel mercato del lavoro ma non solo, sarà un impegno un po' più riconosciuto. 

Con il sito Ladynomics studiate dal punto di vista di genere l'impatto sull'economia che hanno le discriminazioni e gli ostacoli che impediscono la piena occupazione femminile. C'è stata una evoluzione nel campo del lavoro per le donne, in tutti questi anni?
Assolutamente sì, è un periodo di grandi rivoluzioni del mercato del lavoro sul quale incombe la grande incognita dell'intelligenza artificiale e i cambiamenti portati dallo smart working. Veniamo inoltre da anni di grandi difficoltà per il lavoro delle donne: bassa occupazione ed elevata disoccupazione, gender pay gap e retribuzioni troppo basse, precarietà lavorativa, part time involontario, difficoltà negli avanzamenti di carriera, enormi problemi di conciliazione. Nessuno di questi problemi è stato affrontato e/o risolto, ma anzi, è stato acuito dalla pandemia e aggravato dalla crisi energetica e dall'inflazione. Alla fine anche il lavoro delle donne risente delle dinamiche economiche generali. L'impoverimento diffuso al quale stiamo assistendo colpisce quindi di più le donne economicamente e socialmente più fragili, a partire da quelle sole con figli e dalle lavoratrici meno istruite o più mature. Aumenta così anche la disuguaglianza e la distanza tra donne agli estremi opposti, tra quelle che guadagnano di più grazie a lavori di carriera e qualificati e quelle che guadagnano di meno in lavori usuranti e malpagati, schiacciando le lavoratrici nel mezzo più verso il basso che verso l'alto. Un altro grande punto interrogativo riguarda inoltre l'impatto dell'Intelligenza Artificiale sul lavoro delle donne. La pandemia ci ha fatto prendere consapevolezza del fatto che le donne e gli uomini fanno lavori diversi in diversi settori economici: non siamo proprio separati in casa ma quasi, nonostante i progressi. Le donne sono ancora oggi presenti soprattutto nei servizi di cura, nel welfare, il sociale, la sanità, l'istruzione, gli uomini nella manifattura, l'edilizia la meccanica. Non si sa ancora bene quale impatto netto avrà alla fine l'Intelligenza Artificiale sul lavoro delle donne, se i lavori creati in più saranno effettivamente più di quelli che verranno distrutti. Nei prossimi anni però il problema sarà soprattutto nei tempi e nei costi umani e sociali di questa transizione.  

Prima di lei, il Premio Nobel per l’economia è stato assegnato a due donne: Elinor Ostrom (2009), ed Esther Duflo (2019). Vedi dei collegamenti, un filo rosso che lega questi riconoscimenti?
Se confrontiamo questi tre Premi Nobel io vedo un filo conduttore nella scelta comune di campi di studio caratterizzati dalla "dimensione umana" dell'economia: Elinor Ostrom ha studiato come gruppi di persone sappiano gestire efficacemente beni comuni, Esther Duflo si è concentrata sugli studi economici della povertà delle persone, Claudia Goldin sul mercato del lavoro delle donne. A guardare i premi Nobel per l'economia dati agli uomini ci sono certo personalità famose come Amartya Sen e la sua teoria per lo sviluppo umano, ma vi è una sproporzione evidente rispetto al numero di vincitori per studi di materie più slegate dalla dimensione umana e più riferite alla finanza, al funzionamento dei mercati, alla contabilità pubblica o al PIL. Anche nella scelta dei temi oggetto di ricerca, insomma, mi pare di riconoscere in queste tre donne Premi Nobel quella diversità di genere legata all'educazione alla cura delle persone, che tutte riceviamo dai nostri genitori sin dal primo giorno di vita, e che in questo caso, traslata sugli interessi di ricerca, io vedo come una ricchezza e un importante contributo alla conoscenza.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini


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