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Il patriarcato oggi tra occultamento e tragica evidenza

Il patriarcato oggi tra occultamento e tragica evidenza

"..patriarcato/maschilismo/machismo/virilismo noi donne ne parliamo da circa due secoli e proprio contro di esso siamo entrate da soggetti nella Storia attuando forme di disubbidienza, denuncia, resistenza e di lotta ..."

Martedi, 12/12/2023 - Provo a fare ordine nel dibattito sviluppatosi a seguito del femminicidio di Giulia Cecchettin, consapevole che non pochi elementi di confusione sono dovuti a grandi vuoti di memoria storica, persino di quella più recente, e ad altrettanto grandi ataviche resistenze al cambiamento. Nel farlo terrò presente la mia intensa esperienza di incontro con circa 200 giovani del quinto anno del liceo scientifico Malpighi e dell’istituto tecnico Volta, svoltosi il 23 novembre a Roma in vista della Giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne.
In riferimento al dibattito la prima cosa che va sottolineata è che l’uccisione brutale di Giulia Cecchettin, con la settimana di tensione prima del suo ritrovamento che ha consentito di costruire empatia, vicinanza, solidarietà con lei e la sua bella famiglia, è un crimine, e purtroppo non è l’ultimo, venuto dopo numerose uccisioni di donne per mano di uomini che non sopportano la libera scelta di partner ed ex partner. Va pertanto recuperato, rischiando di essere ripetitive, quanto già detto da tante di noi in casi analoghi evitando perciò che si ricerchino ancora una volta le cause semplicemente nella patologia, gelosia, raptus improvviso o nella cattiveria delle donne presa come giustificazione assolutoria.
Iniziamo col parlarne in questi termini: l’uccisione di una donna a causa del suo essere donna cioè il femminicidio – neologismo introdotto nel 2006 in Italia dalle donne dell’Udi mutuandolo dal messicano feminicidio- è un reato che ha direttamente a che fare con una millenaria costruzione della mascolinità secondo la quale è giusto pensare alla relazione con le donne in termini di potere e sopraffazione, in questo senso è un reato politico. Stiamo parlando di PATRIARCATO, come ha con semplice chiarezza detto la sorella di Giulia, e se qualcuna/o vuole chiamarlo maschilismo, affermando che il patriarcato in Italia non esiste più, sempre di patriarcato si tratta. Allora la prima domanda da farsi è: ma cos’è il patriarcato? Domanda retorica? No, visto che è stata la prima domanda, fatta da un ragazzo, durante l’incontro del 23 novembre.
Eppure di patriarcato/maschilismo/machismo/virilismo noi donne parliamo da circa due secoli e proprio contro di esso siamo entrate da soggetti nella Storia attuando forme di disubbidienza, denuncia, resistenza e di lotta attraverso inedite pratiche politiche e guadagnando nuovi punti di vista e nuovi saperi, grazie anche a quel riattraversamento critico fatto da molte studiose in ogni disciplina. Pur sapendo che è necessario un approccio interdisciplinare per illuminare le pieghe più oscure del complesso sistema di dominio maschile, mi soffermo, come esempio emblematico, solo su quella distanza venutasi a creare tra Storia intesa come esperienza umana (di donne e uomini) e Storiografia, la scrittura di quella esperienza, a lungo di competenza maschile; è infatti una storia di uomini scritta da uomini intrisi di misoginia quella che viene studiata e che ha in sé da un lato la cancellazione/svalutazione del femminile e dall’altro l’occultamento sistematico della violenza maschile sulle donne, struttura portante della cosiddetta civiltà umana. Il risultato è una grave sottrazione di verità che penalizza entrambi i generi nella loro inscrizione in una genealogia pienamente umana e nel suo valore. Questa cancellazione, questa messa in silenzio del soggetto donna che riguarda tutto il sapere, annidata persino nella lingua italiana, non è più sostenibile né giustificabile, si rende perciò necessaria una diffusa alfabetizzazione storico-politico-linguistica che introduca nella trasmissione scolastica e non solo la elaborazione teorica delle donne e la conoscenza della loro esperienza storica. E’ lì che si trova descritta l’articolazione complessa della struttura patriarcale e la risposta anche ad una seconda domanda: quando è nato il patriarcato? Nel passaggio tra preistoria e storia, quando viene inventata la scrittura, già allora ci troviamo di fronte all’esclusione delle donne dalla polis, dalla cultura, dal governo delle comunità, dal potere, e non conta il fatto che singole donne lo abbiano esercitato, magari facendosi rappresentare con la barba. Dunque, altro elemento di confusione su cui fare ordine è il seguente: il sistema di dominio maschile non nasce come troppo spesso si dice, col capitalismo né con l’affermarsi delle religioni monoteiste che ne sono solo la conseguenza logica e, almeno per quanto riguarda le donne, drammatica. Ha avuto secoli e secoli per consolidarsi e diventare elemento pervasivo delle coscienze di tutte e tutti, imponendo modelli e ruoli considerati naturali dunque immutabili, attraverso riti di passaggio spesso cruenti, come quelli che hanno costretto i giovani ragazzi ad allontanarsi dai valori materni della tenerezza e della cura per assumere la forza, la violenza come qualità fondative dell’essere maschio. Da qui ha origine l’inestricabile intreccio tra amore, violenza e possesso e una conoscenza di sé e del mondo che contiene questa frattura originaria, un processo di individuazione che ha dato forma ad un modo di pensare e di conoscere binario, contrappositivo, gerarchico. Questo è il vero peccato originale: un mondo androcentrico con l’uomo come unica misura, posta come universale.
Arriviamo alla terza domanda: perché questa frattura? Questa uccisione simbolica, svalutazione della donna e della donna-madre? Perché l’antico culto della Dea Madre nutrice e genitrice, testimoniato dalle numerose statuette femminili del paleolitico e neolitico rinvenute in tutta Europa e nel vicino oriente fu sostituito da altri culti con varie divinità sempre più a dominanza maschile, fino al dio-padre delle religioni monoteiste? Proviamo a prendere in considerazione la differenza tra i sessi, a partire dai corpi: il maschio della specie umana ha uno statuto biologico più forte per quanto riguarda la massa muscolare, ma molto più debole sul versante della procreazione. La reazione maschile a questa asimmetria, così potente nella relazione madre-figlio maschio, è stata da un lato l’invidia del corpo fertile della donna, dall’altro la paura del suo potere seduttivo: invidia e paura sono le più forti radici del potere maschile come dominio, oltre ovviamente ad altri fattori, compreso il bisogno delle donne, un tempo quasi sempre gravide o in allattamento, di essere protette. Invidia e paura maschili, bisogno di protezione delle donne trasformato in assoggettamento sono ancora oggi presenti nelle relazioni sociali, politiche e nei legami d’amore?
Nonostante l’affermarsi dell’autonomia e libertà di moltissime donne il sistema patriarcale risulta ancora attivo nelle sue potenzialità, evidentemente risponde a bisogni, paure, desideri ancora vivi, ancora in gran parte oscuri. Ma dove si annida? Bisognerebbe imparare a riconoscere i segni della sua persistenza anche dentro di sé, nella propria coscienza, come hanno fatto le femministe negli anni settanta, occorre una pratica di autocoscienza universale, cioè di donne e uomini. Ma lo strabismo della memoria storica rende la parola autocoscienza un termine opaco tant’è che una delle domande fatte il 23 scorso è stata: “Ci può spiegare cosa è l’autocoscienza, lei come l’ha attuata? Ci faccia un esempio”. Ho sentito in queste/i giovani la voglia di capire, recuperare dentro di sé il disagio che stanno vivendo, le dinamiche di potere vissute o agite nei rapporti tra loro, il desiderio di mettere a fuoco la distanza tra gli stereotipi ereditati e l’autenticità di sé in quanto soggetti sessuati. Dovranno necessariamente nutrirsi di quella storia di emancipazione/libertà femminile che è stata loro negata e che indica un nuovo senso dello stare insieme e costruire mondo. Il patriarcato apparirebbe per quello che è: sottrazione di libertà e autenticità per donne e per uomini. Sono ancora troppo pochi gli uomini che hanno capito quanto la libertà femminile sia una apertura potente per la loro libertà e stanno cercando di contrastare l’emergere di una nostalgia di patriarcato che sta avanzando in modo sempre più deciso. La scuola può e deve avere un ruolo fondamentale per un cambiamento radicale solo se riuscirà ad attuare, dentro l’insegnamento di ogni materia, interventi educativi capaci di prendersi cura dei soggetti nella loro interezza: l’apprendimento è dentro le relazioni e i sentimenti ne sono parte inscindibile.
Altre cose hanno voluto sapere, i ragazzi soprattutto, anche oltre l’orario: sul femminismo, sul film della Cortellesi, su quale forza e motivazione ci siano alla base del mio lungo impegno con le donne. Altroché gioventù indifferente, apatica, autodistruttiva !!! tanto che visto una marea di ragazzi/e al Circo Massimo due giorni dopo a Roma. Alla fine dell’incontro ho consegnato loro queste mie ultime riflessioni: se permangono rapporti basati sul potere come dominio, la pratica della democrazia resta incompiuta, la pace rimane una utopia senza futuro, la potenza rivoluzionaria dell’amore un sogno senza realtà: il patriarcato è incompatibile con la democrazia, con la pace, con l’amore.
Noi donne sappiamo bene che danno enorme è stato ed è il patriarcato per l’intera umanità. Avere e dare strumenti per capirlo è una precisa e non rinviabile responsabilità politica individuale e collettiva.


 

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