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LA BASILICATA AVEVA UN SOGNO: DIVENTARE IL TEXAS D’ITALIA

LA BASILICATA AVEVA UN SOGNO: DIVENTARE IL TEXAS D’ITALIA

Ndrangheta, mafie, inchieste archiviate o processi in attesa di essere ancora celebrati a distanza di anni. La Basilicata, oggi, con tanti attentati...

Domenica, 18/11/2012 - Ndrangheta, mafie, inchieste archiviate o processi in attesa di essere ancora celebrati a distanza di anni. Una regione che tiene sotto chiave i tesori del proprio sottosuolo a discapito della propria comunità con i giacimenti di petrolio più ricchi d’Italia nella Val D’Agri, con una ricchezza di acqua tale da alimentare da secoli la vicina Puglia, con un turismo all’avanguardia in Italia per strutture e organizzazione sulle coste del materano, con l’agricoltura che arriva a punte di eccellenze in Italia nella zona del metapontino. Invece è tra le regioni più povere e depresse d’Italia. Molte delle inchieste giudiziarie degli anni scorsi, che intaccarono i pezzi del potere politico deviato sono state archiviate o vanno a rilento, e i Pm che ci lavorarono trasferiti in altre procure d’Italia. Ma nell’ultimo mese sono stati registrati attentati a un poliziotto, un vigile urbano e a capannoni agricoli. Eventi slegati tra di loro, forse.





GLI ATTENTATI



Alle notizie delle scorse settimane pochi danno importanza: quattro incendi dolosi ai capannoni nel Metapontino, l’ultimo della serie è uno dei più grossi e importanti dell’intera regione. Un attentato ad un poliziotto, con un ordigno messo nella sua auto privata, davanti casa. Un attentato ad un imprenditore, preso a pallettoni, e uno contro la macchina di un vigile urbano. Tutti casi isolati, sui quali si indaga e sui quali non si ritrova, per il momento, nessun elemento che li possa mettere insieme. Don Marcello Cozzi, prete antimafia e vice Presidente di Libera: “L’ultimo capannone che è stato bruciato faceva affari con la Calabria e con la Sicilia, era un capannone enorme uno dei più grandi della Basilicata, poi gli altri attentati al poliziotto, al vigile e all’imprenditore: le istituzioni ci dicono al momento non c’è collegamento tra questi attentati, che non bisogna creare allarme sociale, ma è innegabile che ci sono delle ondate in Basilicata”. Alle notizie degli ultimi quattro anni si dà ancora meno importanza: più di quaranta attentati, facendo un calcolo approssimativo con la cronaca e gli articoli di stampa. Sempre nel Metapontino. Nessun collegamento tra di loro. Ma sono elementi che non si possono sottovalutare se si tiene conto di un passato recentissimo che sembra si voglia allontanare dalla memoria. E i fantasmi del passato non si possono nascondere, nè cancellare. Ricordare quello che solo qualche anno fa successe in una regione all’apparenza mite, innocua da un punto di vista di malavita organizzata, che si scoprì come un crocevia di malaffari: dagli interessi della ndrangheta calabrese, alle tangenti del colosso dell’Eni, all’inchiesta che svelò la connessione del potere politico con quello della magistratura. Una regione crocevia, geograficamente strategica per i traffici della ndrangheta, della camorra, della sacra corona unita. Una regione che, unico esempio per le tradizioni della ndrangheta calabrese, ebbe la forza e l’autorità di crearsi una propria struttura quella dei “basilischi”, famiglia dipendente si dalla ndrangheta calabrese, ma autonoma, con i propri rituali e le proprie regole e originale nel panorama delle affiliazioni calabresi. Come spesso accade negli affari della ‘ndragheta non si scelgono luoghi a caso, si scelgono quelli in cui si annusano gli affari, le zone ricche, oppure si tengono zone d’ombra come la Calabria stessa, zone in cui tutto deve tacere, in cui la nebbia fitta nasconde i contorni, attutisce i rumori, annebbia la vista.





I BASILISCHI – Il mammasantissima Saro Mammoliti “battezza” Renato Marturano



Dagli anni ’70 ci sono infiltrazioni costanti dovute ai soggiorni obbligati dei calabresi, campani e dei pugliesi. Le indagini trovano affiliazioni delle famiglie ad esempio dei Pesce, i Bellocco, i Comiso. Intrecciano rapporti, creano reti di conoscenze tanto stretti da fare da paciere nei primi conflitti nelle zone del metapontino. Negli anni ’80 arriva Cutolo al soggiorno obbligato, i gruppi si dividono una parte con la Basilicata, e un'altra con i calabresi e i pugliesi. Gli affari sono sempre gli stessi: droga, estorsione, usura, prostituzione. E un'altra grande attrattiva per le mafie è la Fiat nel Vulture Melfese, nel quale estorsioni sono avviate già da prima, dall’indotto. Negli anni ’80 si arriva ad ammazzare a Potenza, cosa che non era mai successa, viene ucciso Francesco Sanua un boss di “calibro” e il suo posto viene preso da Renato Marturano, battezzato "capo società” dal mammasantissima calabrese Saro Mammoliti. Renato Marturano è a tutt’oggi al 41 bis. Un'altro passaggio importante si ha negli anni ’90, quando i clan locali riescono a mediare il passaggio delle armi che dalla Calabria arrivano nei Balcani. La Basilicata è geograficamente una piattaforma logistica, un incrocio di “vie” mafiose che attraversano il territorio e lo cannibalizzano. Giovanni Cosentino, oggi pentito, in un'intercettazione dell’epoca dice “Dobbiamo fargli pagare il pedaggio”, un'intuizione che lo porterà appunto alla formazione dei basilischi, un'invenzione tutta lucana, figlia diretta della ndrangheta calabrese. E la ndrangheta non si sposta mai a caso perché segue i propri interessi sia in termini di soldi che di base logistica su cui operare i propri traffici. I “locali” della ndrangheta, le affiliazioni, sono diramazioni dei propri interessi. Le cellule sparse nel mondo non seguono logiche diverse da quelle della Basilicata. Ce lo dicono le tante recenti inchieste italiane da nord a sud. Un grande mistero rimane ancora un altro omicidio, anzi un duplice omicidio. Nel ’97 viene ammazzato con modalità ndranghetista Pinuccio Gianfredi, insieme alla moglie in macchina crivellati di colpi davanti ai propri figli salvi per puro miracolo. Barbara Strappato, Capo della Squadra Mobile di Potenza all’epoca dei fatti e oggi alla Questura di Napoli, ci dice: “Viene ammazzato un attimo prima di essere arrestato, stava per essere arrestato”. Un presunto boss “paritetico” a Marturano, almeno così raccontano i pentiti. Ancora non si sa chi lo abbia ucciso. Forse legato ai siciliani, secondo gli inquirenti rifornì l’acido dei calabresi del clan Perna del cosentino. Ma rimaniamo nel campo delle ipotesi. Nelle nebbie della Lucania. Come l’altro caso come fu quello di Elisa Claps, con occultamenti fino all’incriminazione di Danilo Restivo e al ritrovamento del cadavere dopo ben 17 anni nel sottotetto della chiesa della sua città.





SI ROMPONO GLI ARGINI DEL POTERE: LE INCHIESTE IENE e TOGHE



Ma nel 2004 succede un altro evento che scuote questa regione, inchiesta detta IENA 2. Alberto Iannuzzi all’epoca gip dell’inchiesta ci conferma: “Nel novembre 2004 emisi 52 provvedimenti di custodia cautelare su richiesta della Dda di Potenza di Montemurro e di Woodcock, 41 erano 416 bis ed era ipotizzato anche il concorso esterno”. Un terremoto giudiziario, perché riguardava molti legati alla ndrangheta e poi c’era tutto il gotha politico della Basilicata, tutti gli esponenti di spicco, alcuni solo nella veste di indagati poi c’erano altri più fortemente compromessi. Insomma quello a cui assistiamo negli ultimi tempi nelle cronache italiane, in Basilicata erano eventi che accadevano già nei primi anni del 2000. Ma come è andata a finire? Vincenzo Montemurro, ora alla Procura di Salerno: “In Iena 2 abbiamo indagato i classici rapporti tra criminalità, imprenditoria e politica. E’ ancora a giudizio. Non si è ancora celebrato il processo. Ci sono stati stralci, archiviazioni, ma il vero e proprio processo, il 416 bis, non è stato ancora celebrato”. Da questo spaccato nascerà Toghe lucane, che finirà con una serie di archiviazioni e niente di fatto per i parlamentari che saranno salvati dalle leggi del governo Berlusconi. E Toghe lucane2 che invece scoprì che c’era un gruppo di magistrati e investigatori che impedivano ad altri magistrati di fare il loro lavoro. Woodcock (ora a Napoli), Iannuzzi, Montemurro, Pavese e Galante subirono provvedimenti disciplinari, trasferimenti di ufficio o di funzione e qualcuno preferì andarsene prima.





LA BASILICATA E’ RICCA, LA BASILICATA E’ POVERA.



Una regione ricca di risorse naturali. Un sottosuolo ricco di materie come il petrolio, il gas, l’acqua che viene data ad altre regioni. La Basilicata ha il secondo giacimento più grande in Europa in terraferma. La Basilicata è ricca. Una terra che estrae dal sottosuolo l’80% del greggio dell’Italia, che possiede una terra fertile, che è strategica da un punto di vista agroalimentare, la zona del metapontino è diventata un mercato strategico per la vendita in Calabria e Puglia. Le coste negli ultimi anni sono diventati meta di turisti da ogni parte del mondo, anche per la nascita di villaggi turistici impressionanti per grandezza e capacità organizzativa. La Basilicata è povera. E’ tra le prime nella classifica della povertà nel Mezzogiorno (“rapporto povertà” ISTAT 2011). E’ un'anomalia. Anche rispetto alla Calabria, per citare una altra regione povera che detiene molti limiti di crescita economica, ma che francamente non ha le risorse di questa piccola regione, centrale e silenziosa. Un silenzio che fa rabbrividire. Un silenzio istituzionale. Un silenzio assordante, che negli anni solo in qualche caso ha riportato alla luce l’anomalia di queste regione. Una terra d’investimenti, una regione strategica, così ricca di risorse energetiche da far impallidire la Lombardia, ma senza vantaggio a livello territoriale. Una regione invisibile, dove si intrecciano eventi, inchieste, logge massoniche deviate legate a doppio filo alla Calabria “madre” di ndrangheta e malaffare. Si intravedono solo i contorni, senza una visione d’insieme, dove tutto è taciuto o dove si intuiscono mezze verità, dove non ci sono certezze. La Basilicata ha smesso di sognare, oppure attende di essere sfrondata dalle tante incertezze, dal silenzio, dalle ombre che si affacciano come a richiamare attenzioni che le istituzioni non danno, ma dalle quali si pretendono, per non essere dimenticati come i figli di un dio minore.

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