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La guerra raccontata con gli occhi dell'infanzia: il libro di Patrizia Gabrielli

La guerra raccontata con gli occhi dell'infanzia: il libro di Patrizia Gabrielli

“Se verrà la guerra chi ci salverà?” (ed il Mulino) attraverso i diari il racconto delle sofferenze e delle capacità di reagire dei bambini. Una bella lettura per la Festa della Lberazione

Giovedi, 22/04/2021 - Del potere della scrittura di proiettarci in altri mondi il libro di Patrizia Gabrielli è ottimo esempio. Nel caso di “Se verrà la guerra chi ci salverà?” (ed il Mulino) è la spontaneità dell’infanzia, attraverso le narrazioni attinte dai diari, ad aprirci vivide prospettive intorno agli eventi bellici del secondo conflitto mondiale e alle circostanze che li hanno preceduti.
Il sottotitolo “Lo sguardo dei bambini sulla guerra totale” dichiara questo intento, efficacemente poi confermato pagina dopo pagina. Poco importa se l’autrice estrapola passaggi da diari scritti negli anni in cui i fatti narrati accadevano oppure se attinge a postume “scritture di risarcimento” sollecitate ai protagonisti da programmi televisivi o da ritrovati “bauli e cassetti..vecchie e ingiallite fotografie”. L’autenticità delle testimonianze conserva intatto il fascino e il valore memorialistico.
L’esplorazione di Patrizia Gabrielli nei vissuti di chi ha subito “la gravità dei sacrifici e delle privazioni” inizia dagli “scritti adulti” di Antonietta Sammartano, “figlia di un funzionario del Ministero della Cultura popolare” che alla soglia dei sessant’anni “decide di raccontare la propria esperienza di guerra”, e di Wilma Minotti, “figlia di un partigiano freddato a colpi di mitra da tedeschi e fascisti”, che non più giovane sente il bisogno di raccogliere i ricordi e affidarli alla cura del tempo. Le storie di due bambine, che la guerra coglie su opposti fronti, si incontrano facendosi “fonti” che “trapassano largamente la soglia della dimensione privata o esistenziale per aprirsi al pubblico”.
L’autrice ha letto più volte i molti diari e documenti che l’hanno accompagnata in questo viaggio dentro la storia vista con lo sguardo dell’infanzia; è stato necessario farlo per cogliere ogni minima sfumatura di testi spontanei eppure assai eloquenti e per cercare le risposte alle domande che hanno motivato la sua ricerca circa “il momento in cui i minori si rendono consapevoli della guerra”.
Se la separazione dall’adulto (padre, fratello..) è il passaggio simbolicamente più significativo durante la Grande Guerra, nella Seconda guerra mondiale l’autrice individua tre snodi temporali: “il tempo dell’inconsapevolezza” che precede il conflitto fino alla dichiarazione (giugno 1940), “il tempo delle separazioni e delle privazioni” nei primi passaggi trionfanti, “il tempo della presa di coscienza che coincide con la guerra in casa nel biennio 1943-1945” che è la fase della scelta ineluttabile “cui nemmeno i minori possono del tutto esimersi”. Lacerazioni profonde che accomunano le narrazioni anche su altri temi: la fame, la paura, i bombardamenti, gli sfollamenti. La guerra è una “ferita” e “una espropriazione” che “imprime un segno indelebile” nelle vite di bambini cui è stata “rubata l’infanzia”, nella citazione riportata di Tilde Giani Gallino.
Con un ritmo piacevolmente incalzante, nei capitoli scorrono brevi racconti di circostanze e frammenti di vita che restituiscono al lettore immagini di esaltazione e poi di sconcerto o ancora di paura e grandi sofferenze. L’orgoglio delle sfilate in divisa da Balilla o da Piccola italiana, corollario della propaganda fascista che avvolge i minori con una “vasta opera di pedagogia politica”, trova il suo culmine con l’entrata in guerra sancita dal “roboante discorso di Mussolini il 10 giugno del 1940”. Ben presto “l’entusiasmo collettivo” si infrangerà di fronte alla “guerra vera” che carica sulle donne preoccupazioni economiche e incertezze per il futuro. “Gli uomini fanno i soldati, le donne devono lavorare molto di più. E quanto piangono!...La guerra non solo quella che fanno i soldati, me lo ha detto la mamma…” scrive Gina Traverso. Tra le tante fatiche delle donne c’è quella di trovare il cibo: “la fame è uno dei principali perni intorno al quale ruota il racconto del tempo di guerra, agita le preoccupazioni delle madri che si affannano tra banchi semivuoti dei mercati rionali o dei villaggi, nelle fattorie limitrofe alla città alla ricerca di qualsiasi bene commestibile”.
Il segno raggiunto dalle privazioni è descritto dalla delusione di Teresa Pacetti il giorno della Befana: “il mattino mi alzai e corsi sotto la cappa del camino, la trovai vuota”.
Ma sono le descrizioni dei bombardamenti a tratteggiare il volto arcigno della guerra con incisi tanto rapidi quando sconvolgenti: terrore, distruzioni, morti, mutilazioni. In questi capitoli l’efficacia delle descrizioni che Patrizia Gabrielli costruisce intorno ai segmenti dei diari è davvero notevole, come quando riferisce dell’attacco a Gonnosfanadiga, piccolo centro agricolo della Sardegna “che non era certo considerato un obiettivo militare” ma che la guerra non risparmia uccidendo 118 persone e ferendone o mutilandone gravemente 98, tra cui “bambini colpiti all’uscita della scuola”. In rapida successione sono descritti numerosi bombardamenti: quello di Grosseto del 26 aprile 1943, che è il lunedì di Pasqua, e poi quello di Livorno (uno dei 56 subiti dal giugno 1940 al 26 luglio 1944) oppure quello del luglio 1943 a Roma, San Lorenzo. Tra le molte testimonianze, riportiamo un estratto del diario di Gian Paolo Matteagi (11 anni) che descrive il bombardamento di Arezzo “…per tutto il tempo rimasi disteso, sull’erba fredda del prato accanto ai miei genitori, scosso da un fremito nervoso irrefrenabile che, per quanti sforzi facessi, mi faceva battere i denti come se avessi avuto la febbre a quaranta. Le esplosioni si susseguivano violente, in uno scenario fantastico e surreale illuminato dalla luce spettrale dei bengala”.
Molto interessante la relazione che l’autrice rileva tra il bisogno di protezione dei giovani che tale furore distruttivo innesca e l’assenza fisica dei padri, resi “incapaci” di “portare a termine il loro compito protettivo”. I ragazzi della Resistenza sono - secondo Antonio Gibelli, osserva l’autrice - una “generazione senza padri che vedono nella precedente generazione la responsabile del fascismo e del disastro da esso causato”.
Arriva il tempo della scelta, che è raccontato attraverso chi va “con la Resistenza” e chi “con Salò”. Ad accompagnare i racconti dell’arrivo delle forze alleate è lo stupore per la cioccolata, il chewing-gum e le saponette rosa. “Gli americani sono associati al cibo ritrovato, al pane bianco e soffice, non più quello nero, duro e insapore mangiato nei precedenti mesi, anni”. L’entusiasmo per la vita che può tornare a fluire si accompagna alle tante privazioni che ancora si soffrono e ai pericoli che incombono. “Nel dopoguerra i terreni minati, il ritrovamento di armi usate come giocattoli dai minori mietono vittime; la stampa abbonda di notizie su feriti, mutilati, morti”.
I bambini saranno ancora a lungo vittime incolpevoli e sarà la pratica dell’affidamento a salvarli dalla denutrizione e da altri patimenti dovuti all’estrema povertà in cui la guerra ha lasciato l’Italia. All’organizzazione dei treni della felicità contribuisce anche il giornale “Noi donne”, che con la campagna Salviamo l’infanzia compie un notevole sforzo organizzativo per trovare famiglie disposte ad accogliere bambini bisognosi per periodi anche piuttosto lunghi, offrendo loro nutrimento, vestiti e istruzione. Sono struggenti, in alcuni passaggi, le descrizioni di quei soggiorni che hanno sfamato e regalato accoglienza, ma al tempo stesso - inevitabilmente - hanno tolto amore.
Il libro di Patrizia Gabrielli si offre ad una doppia lettura, perché accanto al rigore dell’elaborazione storica c’è una narrazione che agisce sul versante emotivo e, in qualche modo, anche sentimentale evocando in chi legge la sua relazione con quel passato. Personalmente ho ritrovato gli echi dei racconti della guerra vissuta dai miei genitori e dai miei nonni. A quei ricordi, solide radici della mia educazione, si sono aggiunti ulteriori elementi o spiegazioni di particolari che avevo dimenticato. Mi è tornato alla mente un episodio: la paura che incrociai nello sguardo di mia madre un giorno in cui fummo sorprese dal rombo di un aereo a bassa quota. Ne fui impressionata. Le pagine nel libro dedicate ai bombardamenti, al terrore che suscitavano e alle distruzioni che provocavano mi hanno aperto ad un flusso di comunicazione con quel lampo di terrore che non avevo saputo spiegarmi e che a distanza di quasi cinquanta anni non dimentico.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO
VENERDì 23 APRILE 2021
INFORMAZIONI




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