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La questione Lagarde, spiegata - di Giovanna Badalassi e Marialuisa Parodi

La questione Lagarde, spiegata - di Giovanna Badalassi e Marialuisa Parodi

La mancanza di una adeguata politica fiscale è una fragilità dei Governi UE da parecchio tempo. Lagarde lo ha ricordato come in passato fece Draghi (Ladynomics)

Lunedi, 16/03/2020 - Ammettiamolo, la dichiarazione della Lagarde di giovedì 12 marzo 2020 ci ha colte di sorpresa e lasciate stranite, come se già non lo fossimo abbastanza. Lagarde ha detto che non è compito della BCE ridurre gli spread, perché ci sono altri attori e altri strumenti che devono farlo, scatenando, in piena tempesta Coronavirus, un tale corto circuito sui mercati finanziari, con relativo tonfo in Borsa, che persino Mattarella ha ritenuto di dover correre ai ripari.

Cos’è successo veramente? La Lagarde è davvero così inadeguata (la cosa migliore che le hanno detto sul web) da non rendersi conto della portata devastante di quelle parole, certo sacrosante, ma magari dette nel momento e nel posto sbagliato?

Crediamo la questione sia, al solito, un po’ più complessa di quanto appare, e proviamo a ragionarne.

In sostanza il messaggio della Lagarde è stato: “ragazzi, fatevene una ragione, la politica monetaria può fino ad un certo punto, qui sono i Governi che devono darsi una mossa con la politica fiscale, di corsa e seriamente”.

La BCE ha fatto tesoro di quanto successo negli USA: 10 giorni fa la Fed ha sbagliato ad interpretare le aspettative dei mercati e ha abbassato il tasso di interesse senza però ottenere risultati apprezzabili.

Ieri, invece, la borsa è risalita del 9 e passa per cento, ma non perché la Fed abbia tagliato di nuovo i tassi o perché il suo Presidente Powell sia stato particolarmente bravo nella comunicazione. Quello che ha cambiato le sorti di una settimana di borsa orrenda negli USA (come in tutto il mondo) è stata la decisione di Trump di dichiarare l’Emergenza Nazionale e destinare 50 miliardi di dollari per contrastare la diffusione del virus. Vuol dire che il governo americano prevede di mettersi in pista e spendere, dotarsi dei tamponi (anche per chi non ha copertura sanitaria, grazie all’azione di tre donne del Congresso ndr), aiutare le imprese e le famiglie a sostenere i problemi di liquidità che arriveranno, attrezzarsi nel potenziare le strutture sanitarie. Tutta una serie di iniziative che nel gergo dell’economia rientrano nella definizione di politica fiscale, che è responsabilità dei Governi.

La BCE ha quindi preferito concentrare tutte le sue munizioni su un pacchetto di misure che è praticamente un piatto d’argento servito ai Governi per spingerli a fare ben di più di quello che avrebbero potuto consentire i 25 miliardi stanziati per tutta l’Europa dalla UE fino a quel momento.

La BCE ha deciso quanto di più vicino alla politica fiscale una politica monetaria possa decidere.

La BCE darà infatti credito e liquidità alle banche a condizioni straordinarie, in modo che queste, a loro volta, possano sostenere le imprese (piccole e medie soprattutto) e le famiglie. Su questo punto Lagarde ha detto chiaramente che questi soldi potranno arrivare a destinazione solo se i Governi si attivano. Un esempio? Servono leggi che mettano nero su bianco che le piccole imprese hanno diritto alla sospensione delle rate del mutuo oppure a ricevere una linea di credito d’emergenza.

Inoltre, la BCE potenzierà gli acquisti di obbligazioni corporate (quelle emesse dalle società private, banche ecc) attraverso un programma, già esistente, che ha lo scopo di sostenere gli scambi del mercato di aziende medio-grandi che non si finanziano attraverso le banche o la Borsa ma emettendo obbligazioni. Grazie a questa misura la BCE sosterrà i prezzi di queste obbligazioni evitando che si scarichino su questi i timori di insolvenza o dei fallimenti aziendali. La crisi del 2008 ha infatti insegnato che se questo pezzo del sistema cede, riesce ad irradiare panico fino a influenzare anche tassi di interesse a breve, che sono quelli che tengono in piedi e ordinato il sistema bancario.

Durante tutta la conferenza stampa, Lagarde non ha fatto quindi che ripetere che, per far fronte agli shock di domanda e offerta e all’incertezza finanziaria, e limitare quella che stiamo vivendo a una crisi temporanea, la politica monetaria non basta: serve una risposta da parte dei Governi robusta, ambiziosa e coordinata.

Insomma, una donna ha un po’ bacchettato i politici e li ha richiamati alle loro responsabilità.

La mancanza di una adeguata politica fiscale è infatti una fragilità dei Governi UE da parecchio tempo.

Draghi si è sgolato per anni, praticamente in ogni discorso pubblico che ha fatto, a dire che la BCE non poteva risolvere tutto con la politica monetaria, e che anche i Governi dovevano fare la loro parte, senza successo, purtroppo. Questi non hanno infatti approfittato dello scudo del Quantitative Easing della BCE per adottare riforme strutturali e investire. Così, non solo la liquidità garantita dalla politica monetaria non è arrivata a destinazione all’economia reale, impedendo la ripresa in tempi consoni, ma ha contribuito a gonfiare e viziare i mercati azionari per ben 10 lunghi anni di euforia.

Solo per rimanere in casa nostra, ricordiamoci infatti che l’Italia deve affrontare questa drammatica crisi economica dovuta al Coronavirus praticamente in braghe di tela. Certo, c’è stata la crisi, i vincoli di bilancio UE ecc, ma è innegabile che in Italia abbiamo oramai da decenni, da ben prima della crisi del 2008, una gestione allegra delle finanze che ci ha portato agli odierni 2.409 miliardi di euro di debito pubblico. Una montagna di debito, badate bene, che nessuno ci ha obbligato a fare, certo non la UE, e che non abbiamo mai cercato di ridurre seriamente con la politica fiscale, né con una sana politica delle entrate tributarie (ogni anno lo Stato perde 181 miliardi di euro di evasione) né con una seria spending review. Abbiamo insomma fatto sempre le allegre cicale, continuando a chiedere prestiti e flessibilità a tutti, tollerando un livello di corruzione e di malgoverno tra i peggiori in Europa e facendo pagare l’austerity alle fasce di popolazione più fragili.

C’è quindi da riflettere su come mai, di tutto il pacchetto di iniziative varate dalla BCE, l’unica cosa che ha fatto scalpore sia stato un concetto sacrosanto, ripreso dalla Lagarde dopo che è già stato detto e ridetto anche da Draghi più volte.

Perché dire che agli spread ci devono pensare altri attori, significa essenzialmente questo.

Poteva forse dirlo “meglio”? Con più grazia? Doveva/poteva tacere? Beh, ammetterete che dopo anni che la BCE attraverso Draghi aveva parlato al vento e i Governi avevano fatto spallucce, forse soprattutto in questo momento era necessario dire: la BCE ha fatto tutto quello che può, ora fate la vostra parte.

Eppure, apriti cielo.

Con la buriana che questa vicenda ha scatenato ci stiamo tutti chiedendo se la Lagarde abbia fatto una gaffe inconsapevole delle conseguenze o se piuttosto abbia seguito un disegno occulto con ben altri obiettivi, come sostengono diverse ricostruzioni di queste ore.

Non abbiamo elementi per dare un giudizio in merito.

Gli unici fatti certi di questa vicenda che conosciamo sono che la manovra della BCE è stata più che favorevole per aiutare i Governi e che i mercati hanno reagito in modo isterico ad una frase magari perentoria ma che nei contenuti era corretta e non certo una novità.

Mentre l’Italia gridava allo scandalo, comunque, le cose rientravano e già venerdì mattina le borse recuperavano: un po’ Lagarde e altri membri del Board della BCE spiegavano, un po’ gli operatori andavano a fondo dei contenuti del pacchetto e ne apprezzavano i vantaggi, un po’ i Governi europei prendevano finalmente in mano la situazione per rispondere all’emergenza (e per una volta l’Italia era sul pezzo).

Questa vicenda ci è però certamente utile per domandarci che cosa stia succedendo nei mercati finanziari e quali logiche li governino.

Che pensare di un sistema finanziario fatto di operatori che, pure nel momento di una crisi importante, vanno subito in bambola e non riescono ad andare più a fondo nei contenuti? O di un sistema politico che, anziché accettare la sfida, smorzare i toni e mettersi in pista, si offende? Poi dicono che le donne sono instabili e suscettibili eh.

Certo, con i mercati finanziari oramai è una montagna russa quotidiana, e si ha la netta percezione che siano un po’ fuori controllo. A partire dalla crisi del 2008, nata, ricordiamolo, dalla crisi dei mutui subprime Usa che ha prodotto un devastante effetto domino in tutte le economie del mondo, e per la quale nessuno dei finanzieri responsabili ha davvero pagato, le borse assomigliano sempre di più ad una gigantesca bisca globale più che ad uno strumento per finanziare le aziende.

Conoscendo il tasso di mascolinizzazione dell’alta finanza, forse non c’è da stupirsi.

Come anche la cinematografia americana ci ha ben raccontato, da “Wall Street” in avanti, è ancora molto forte in questo settore lo stereotipo vincente del trader maschio alfa, giovane, decisamente invasato e drogato di adrenalina (quando va bene), sempre a caccia del brivido del rischio.

Per non parlare degli algoritmi che governano le transazioni di una parte enorme dei mercati finanziari, elaborati e inventati anch’essi in maggioranza da altri giovani maschi nerd.

La mancanza delle donne anche in questo settore produce insomma dei bei danni, venendo meno il contributo di una riconosciuta diversity che valorizza ad esempio la prudenza, il distacco e l’orizzonte di medio-lungo termine. Guarda caso, già in tempi non sospetti, lo disse chiaramente proprio Christine Lagarde, ricordando come non ci sarebbe stata la crisi del 2008 se invece che dei Lehman Brothers ci fossero state le Lehman Sisters.

Alla fine, questa vicenda ci insegna quindi due cose importanti:

Che l’Italia deve ora più che mai uscire dal suo infantilismo collettivo per costruire uno Stato più efficiente, e che la finanza mondiale deve recuperare lucidità ed equilibrio.

Entrambi i processi, guarda caso, passano attraverso un rinnovo delle classi dirigenti nelle quali è bene che anche le donne siano protagoniste, non solo per ambire acriticamente a posizioni di potere, ma per esprimere valori e priorità diversi da quelli che hanno prevalso ad oggi.

Visti i risultati ottenuti finora, è lecito pensare che qualcosina, forse, sarebbe il tempo di cambiare.

Questo articolo è stato scritto con il contributo fondamentale di Marialuisa Parodi, amica di Ladynomics ma, soprattutto, fantastica professionista della finanza. Non saremmo state in grado di capire da sole certi meccanismi senza il suo aiuto. Grazie!

Articolo di Giovanna Badalassi e Marialuisa Parodi pubblicato il  14 marzo 2020 in Ladynomics

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