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La sanità al tempo del Covid: come si riorganizza per curarci

La sanità al tempo del Covid: come si riorganizza per curarci

Quella contro il Covid è una battaglia cambiata nel tempo. Come e perchè lo spiega in una intervista la dr.ssa Daniela Donetti, direttrice Asl Viterbo

Mercoledi, 17/03/2021 - “Il Covid ha cambiato profondamente il nostro metodo di lavoro: dobbiamo rispondere in tempi molto rapidi e operando in aggregazione con lo staff, che ha compiti e obiettivi ben precisi”. La dr.ssa Daniela Donetti dirige la Asl Viterbo dal 2013 e, parlando della sicurezza dal punto di vista della sanità in occasione dell'intervista che raccogliamo per il progetto 'Donne, Sicurezza, Legalità', spiega in che modo la pandemia ha costretto le strutture e il personale a riorganizzarsi. “Si lavora insieme nel rispetto delle competenze di ciascuno e i gruppi devono avere una forte solidità interna. Non esistono più organizzazioni a silos, nel senso che le competenze rimangono legate ai propri ambiti, ma le organizzazioni sono profondamente integrate tra loro. In questo momento abbiamo costituito due gruppi: uno territoriale e uno ospedaliero. Il primo ha dovuto organizzare e programmare tutta la parte di osservazione epidemiologica e di risposta sul territorio, quello ospedaliero deve organizzare in sicurezza i percorsi della trasformazione dell’ospedale. È indispensabile una forte condivisione tra la direzione strategica e la parte operativa”.
L’evoluzione della pandemia offre lo spunto per alcune riflessioni da parte di chi, essendo ‘in prima linea’, accoglie istanze e osserva comportamenti. “Da un anno ci troviamo a combattere una battaglia che è cambiata nel tempo: nella prima parte pandemica noi del settore eravamo percepiti come degli eroi e oggi si sente parlare addirittura di dittatura sanitaria. Osservo che ci sono regole di rispetto reciproco che dovrebbero essere condivise, i tantissimi morti di questa pandemia non ce lo hanno ancora insegnato. Bisogna rendersi conto che mettersi la mascherina non è una limitazione ma è una tutela per sé e per gli altri, invece manca quella concezione di bene pubblico che dovremmo avere tutti e che fortunatamente nel settore sanitario ho sentito insieme ad una forte coesione nel combattere questa battaglia”. È interessante sapere, dal punto di vista di chi dirige una struttura complessa, in che modo le donne esprimono diversità. “Penso che le donne abbiano un modo differente di essere accoglienti rispetto agli uomini, ritengo che debba esserci una profonda integrazione tra la visione maschile e quella femminile perché, insieme, le due visioni costituiscono un valore aggiunto; senza l’una o senza l’altra, in una logica paritaria, qualcosa manca. Purtroppo le discriminazioni non sono ancora superate e per molte donne è difficile emergere nel mondo del lavoro, bisogna fare ancora tante battaglie professionali per combattere situazioni oggettivamente inaccettabili. Mi piacerebbe vivere in un mondo in cui non esiste più il maschile e il femminile, dove le diverse sensibilità siano profondamente rispettate proprio per il valore del loro apporto. Sono convinta che senza le differenze sarebbe un mondo senza i profumi o sapori. Ecco, vivere in un mondo senza il femminile e il maschile sarebbe come viaggiare attraverso un monitor che esclude le sfumature, e questo non deve essere in un’organizzazione moderna”.

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