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Le detenute di Rebibbia. Madri a tutti i costi

Le detenute di Rebibbia. Madri a tutti i costi

Focus - L'utero è mio e ...?/3 - Sul tema della maternità surrogata abbiamo chiesto le opinioni alle detenute di Rebibbia che frequentano il laboratorio ‘A mano libera’ che NOIDONNE organizza nella sezione femminile dell’Istituto di pena della Cap

Redazione Venerdi, 08/01/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2016

 Alessia. “Non so se sarei disposta a far crescere un bambino dentro di me per conto di un’altra persona… dovrei provare per questa persona un grande amore. Però sono favorevole alla gestazione per altri perché penso che ognuno debba essere libero di scegliere come utilizzare il proprio corpo”.

Anna Maria. “Io sono sicuramente contraria in tutti i casi, anche nelle situazioni più disperate. Tra l’altro sono sicura che diventerebbe un business per tutta la malavita a livello mondiale, come è stato per la tratta delle bianche negli anni ’50. La cosa da fare, invece, è snellire la burocrazia per le adozioni nazionali e internazionali”.

Laura. “Fondamentalmente sono d’accordo per questo ‘utero in affitto’ solo per atto d’amore!! Io personalmente, essendo mamma, non lo farei mai, ma non condanno assolutamente le donne che lo fanno. Dovrebbe essere tutto regolamentato, perché comunque il corpo è della donna, che è padrona di fare ciò che sente”.

Loredana. “L’argomento è molto vasto e serio, bisogna trattarlo con cognizione e riguardo. È necessario che sia regolamentato più che da leggi, da persone che studino caso per caso anche se è ovvio immaginare percorsi burocratici lunghissimi ed imparziali, visto l’esempio dell’attuale legislatura. Personalmente non mi sento di approvarlo; essendo madre, non concepisco il distacco mirato da chi hai cresciuto per nove mesi, però ammetto che in tempi moderni la scienza ha bisogno di spaziare e di nuovi concetti. Però, ripeto, come dividere l’amore dalla scelta? Bisogna riflettere ed intanto permettere più adozioni facilitandole per costi e iter”.

Luisa. “Non si può mettere in relazione la maternità surrogata con l’adozione, sono cose troppo distanti come concetto. Su quello che viene chiamato ‘utero in affitto’ io sono possibilista ( anche perché non credo si possa fermare qualcosa che è una realtà di fatto) ma con una regolamentazione per tutelare la donna e per evitare di far diventare merce il suo corpo. Ritengo molto pericoloso tutto l’aspetto economico che ruota intorno a questa cosa e mi sembra negativo che siano escluse le famiglie che non possono permetterselo”.

Sara. “Io, oggi, non sarei disponibile ad accogliere un bambino per poi darlo via, se fossi in una condizione di bisogno piuttosto mi prostituirei; ma mi metto nei panni di chi fosse costretta a farlo… sarebbe terribile distaccarsi. Però penso anche a una donna che non può avere figli… che dolore. Quindi è difficile dire sì o no…”.

Ausonia. “Decisamente no, mai! Impossibile, poi, chiamare atto d’amore un distacco così traumatico da un figlio. Un atto d’amore verso una persona può essere quello di donare un organo, non un figlio. Farlo per soldi, poi… è un’ipocrisia”.

Maria. “Sono d’accordo con Ausonia. Io non lo farei mai, ma non mi sento di giudicare chi lo fa”.

Federica. “Io non lo farei, ma penso che ogni donna debba essere libera di poter scegliere e, se vuole, di farlo. Senza dubbio serve una regolamentazione normativa e andrebbe vietata ogni forma di pagamento”.

Sonia. “Mi domando dove finisce l’atto d’amore e dove inizia l’interesse economico. La grande differenza sta nell’aspetto economico: se non ci fossero i soldi di mezzo, quante donne lo farebbero?”.

 





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