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Malasanità a Reggio Calabria, errori e aborti senza consenso.

Malasanità a Reggio Calabria, errori e aborti senza consenso.

Indagine "Mala Sanitas”. Le vicende scoperte dai pm Gaetano Paci, Roberto Di Palma, Annamaria Frustaci, coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho assumono contorni raccapriccianti.

Sabato, 23/04/2016 -
Con l'indagine "Mala Sanitas” le vicende scoperte dai pm Gaetano Paci, Roberto Di Palma, Annamaria Frustaci e dagli uomini della Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho assumono contorni raccapriccianti. I medici dei reparti di Ginecologia e Ostetricia si coprivano nei loro errori, falsificando cartelle cliniche e, stando alle intercettazioni, accompagnando spesso con risate le proprie conversazioni sulle tragedie.



Si tratta di 4 arresti domiciliari nei confronti di medici e di 7 misure interdittive della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di 6 medici e di 1 ostetrica. Alcuni degli indagati non sono più in servizio al presidio ospedaliero “Bianchi-Melacrino-Morelli”.



Nell’inchiesta, è finito anche il procurato aborto di una donna non consenziente. Atteggiamenti agghiaccianti che lo stesso Gip Antonino Laganà sottolinea e che definisce “bollettino di guerra”: "Si ride letteralmente (stando sempre alle riportate risultanze in atto della parte investigativa) degli altrui errori medici forieri di devastanti conseguenze per le pazienti ignare vittime di tale situazione con ciò (anche) delegittimando e di fatto sfiduciando totalmente il singolo medico "preso di mira" in nulla –e questo ciò che rileva ai presenti fini- rilevando la drammaticità della situazione medica occorsa".



Nell’ordinanza di custodia cautelare emerge il sistema adottato dai medici per “salvarsi il culo”. Un sistema condiviso dall’intero apparato sanitario come emerge dalle intercettazioni. “Allora chiudete questa cartella in un cassetto. Chiudila in un armadio, intanto…”. Da quell’armadio la cartella clinica dei pazienti veniva presa e “falsificata ad arte” in modo da garantire ai medici “la reale e sicura via di fuga dall’impunità”.



Questi sono solo alcuni dei casi esaminati dalla Procura che ipotizzano l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie di reati tra cui la manipolazione delle cartelle cliniche relative alle pazienti (per gli interventi ginecologici) e ai neonati al fine di occultare le responsabilità dell’equipe medica che aveva preso parte ai singoli interventi.

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