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Morire secondo una legge del godimento

Morire secondo una legge del godimento

Luca Varani ucciso senza un solo motivo identificabile con la coscienza umana

Mercoledi, 09/03/2016 - Sull’efferatezza di tale omicidio non ci sono dubbi ma la crudeltà sembra coincidere con un senso pre-morale della vita, come se l’altro essere umano fosse solo un oggetto della propria perversione – perché così può definirsi uccidere per trovare piacere-, perversione che non coincide necessariamente con delle pratiche sessuali né con un senso di trasgressione come tante altre pratiche che si discostano da una media civile di convivenza. La trasgressione è sempre associata a un senso di colpa anche per il fatto di essere legata a leggi, a norme condivisibili o riconoscibili come fondamento etico del vivere sociale. Massimo Recalcati illustra bene il senso del sadismo, come “sfida impossibile contro qualsiasi regola, qualsiasi precetto legato alla cultura, in nome di un concetto astratto di Natura”. Una tendenza che sembrerebbe dilagare ai nostri giorni proprio come ricerca di un indefinibile “piacere” naturale. Secondo Recalcati, la Legge del godimento non trova posto nelle leggi comuni ma nell’inversione del punto di vista morale della distinzione tra Bene e Male, tra Virtù e Vizio, così che il vero peccato non può essere più il Vizio, ma la Virtù, il peccato della morale, che impedisce così di realizzare una specie di “desideri naturali” all’individuo. La Legge, la morale impongono dei limiti, dei sacrifici, dai quali l’Io prende il sopravvento sul non Io, tipico invece della spinta auto affermativa di godimento, una sorta di falsa volontà, non certo legata all’Io, a una coscienza umana. E’ la lotta del Drago sulla Vergine, per nutrirsi della sua purezza, come farebbe un pedofilo con la violenza sull’innocente, solo per recuperare un godimento incontaminato. In questo caso di cronaca riaffiorano tutti gli elementi del feroce attacco all’Io messi in atto dalla cultura della droga, che disgrega immediatamente il senso della vita. Soffrire di dipendenza accomuna sia l’uso di sostanze stupefacenti sia l’uso del rapporto di estrema dipendenza tra due persone. Il sistema della dipendenza è chiuso in tutti i casi e comprende sempre dipendenza, impotenza, egocentrismo, scissione dei sentimenti a tanto altro. L’Io dell’individuo dipendente viene sostituito da altro e tutto ciò che ne deriva riguarda sempre una marcata carenza d’identità. Gli assassini cercano un bersaglio e purtroppo trovano l’ex bambino adottivo -la vittima-, che ha sofferto il dramma dell’abbandono. Ci sono dei vuoti che s’incrociano come per un tremendo destino, i vuoti differenti dell’anima: quello della vittima – identità compromessa da una biografia incompiuta-, con una fragilità colta dalla voragine animica degli assassini. Il vuoto colmato da sostanze, una dimensione impossibile da sopportare o strutturare con le proprie forze. La “sostanza” sostituisce l’Io nell’illusione di risolvere il problema, magari quello di un vuoto incolmabile. Qualunque situazione di dipendenza si trasforma come ostile alla vita. L’uso delle droghe – di qualsiasi genere- è coincidente a una perdita dell’Io sociale, con la difficoltà di rapportarsi l’uno con l’altro e l’indebolimento dell’Io che ne deriva. Ovviamente le droghe pesanti lo sono al massimo livello.

Facile parlare di “mostri”, soprattutto considerando i dettagli dell’efferato delitto ma non serve a spiegare le cause del dilagare di tanta violenza. Il gusto di “vedere che effetto che fa” potrebbe essere paradossalmente un richiamo estremo al risveglio della labilissima coscienza degli omicidi, come ultimo appello a riconoscere interiormente il senso dell’altro, senso assente o smarrito nel caso di queste tragedie. A chiunque infonderebbe orrore un simile reato ma non nel caso di un individuo in cui l’Io fosse tanto carente o addirittura assente. Al suo posto c’è ben altro, una falsa identità che non sa più sentire, pensare, volere, perché colma solo di sostanze deleterie.

Ci si trova catapultati in sofferenze profonde di esseri umani a confronto: i genitori di chi disgraziatamente non è più in vita e i genitori di chi invece resta, se pur in altro modo, senza il supporto del suo involucro vitale.

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