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Morti per l'ETERNIT_à

Morti per l'ETERNIT_à

Non si può incriminare nessuno per le malattie causate dall'amianto, perché l'amianto uccide dopo una latenza giuridicamente troppo lunga.

Domenica, 23/11/2014 -
Stephan Ernest Schmidheiny è il miliardario imprenditore svizzero, nato ad Heerbrugg nel 1947, che iniziò la sua carriera di industriale alla Eternit di Niederurnen. In altre parole, Stephan Schmidheiny è il miliardario svizzero che, nonostante la condanna a 18 anni della Corte d'Appello di Torino, si è visto annullare dalla Corte Suprema la pena ed i risarcimenti alle vittime: 256 morti, fra mesoteliomi e neoplasie.



La condanna del giudice Alberto Oggè - che l'anno scorso imputava a Schmidheiny le responsabilità del reato di disastro doloso, mentre lo assolveva dalla omissione volontaria di cautele antinfortunistiche - è fumo evanescente dopo la prescrizione di mercoledì scorso. Nel 2012 il magnate Schmidheiny ed il socio, il barone belga Louis de Cartier (morto poco prima della sentenza), erano stati condannati in primo grado a 16 anni e obbligati a risarcire 3mila parti civili. Nel 2013 la Corte d'Appello incrementava di due anni la condanna, imponendo ancora un risarcimento di 20 milioni di euro per la Regione Piemonte, e di 30,9 milioni di euro per Casale Monferrato. Mercoledì scorso la Corte Suprema dichiarava prescritto il reato di disastro ambientale, annullando così, sia le condanne, sia i risarcimenti per le parti civili.



Come è stato possibile tutto questo? La risposta - banale e atroce, come direbbe Hanna Arendt - è che è passato troppo tempo dai fatti. E quindi non è possibile prevedere la permanenza di un reato che non cessa di mietere vittime ancora a distanza di decenni. Sembra un'assurdità. Un'assurdità comunque molto chiara agli occhi dei parenti delle vittime, che esibiscono in questi giorni cartelli ovviamente rabbiosi, sfiduciati ed umiliati: "quanto ancora dovrete ucciderci?". I parenti delle 256 vittime lo sanno benissimo, sono lucidi, furiosi ed impotenti: non si può incriminare nessuno per le malattie causate dall'amianto, perché l'amianto uccide dopo una latenza giuridicamente troppo lunga. Stando agli atti della Corte d'Appello, Schmidheiny era consapevole che il mesotelioma pleurico, l'asbestosi, il carcinoma polmonare erano e sono legati all'inalazione delle fibre di amianto; d'altra parte, l'imprenditore intendeva e preferiva agire al fine di lucro, per il benessere dell'impresa, per il profitto dell'impresa.



Più dell'amianto, viene da dire, ciò che continua inesorabilmente ad uccidere è la "banalità del male". Com'è scritto nell'eponimo libro della già menzionata Arendt (che non ha in mente precisamente Schmidheiny, ma Adolf Eichmann dinanzi ai giudici di Gerusalemme): «Il guaio è che uomini come lui ce ne sono tanti, e questi tanti non sono né perversi né sadici, bensì, sono tuttora terribilmente normali».

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