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NOIUOMINI/Uomini Madre e Figlio

NOIUOMINI/Uomini Madre e Figlio

Gli uomini adulti e il rapporto con le loro madri.

Martedi, 24/02/2015 -
Anche questa volta provo ad affrontare un tema delicato quanto importante in generale e per noi uomini determinante: il rapporto con la madre.

Ieri stavo per scrivere un nuovo articolo sulla Prostituzione e sulla Tratta, che spero di pubblicare prossimamente, ma ho vissuto una giornata di emozioni, sensazioni e riflessioni relative a mia madre ed ho deciso di condividerle in parte perché non v’è dubbio che soprattutto per i maschi, per gli uomini adulti o iper-adulti come me, a 62 anni, il rapporto con la propria madre, diversamente che col padre, sia molto influente. Forse non è un caso che il nuovo film di Nanni Moretti – di prossima uscita - sia intitolato “Mia Madre” e si occupi proprio di questo rapporto o che alcuni anni fa il grande Almodovar propose un altro film come “Tutto su mia madre”. Sarebbe interessante curare e analizzare una -, un filmo-grafia, un’arte-grafia storica su opere dedicate al tema della Madre da parte di artisti uomini di diverse epoche e culture. Tanti uomini sono cresciuti con un cattivo o pessimo rapporto con la madre ( e/o con il padre ) e ciò ha influito negativamente sulla loro maturazione. Ne ho conosciuti e ho parlato con loro anche di questo problema della loro vita.



Un anno fa esattamente è morta mia madre novantenne dopo anni di deterioramento da demenza senile. Mio padre era morto nel 1999 a soli 74 anni, anche lui per deterioramento aggravato dopo anni di Alzheimer conclamato. Sono state per me, e per mio fratello, due lunghe esperienze molto forti e molto impegnative da vivere. Non mi manca mia madre, non ho nostalgia di lei, non soffro della sua morte recente, ma vivo sensazioni contrastanti e profonde. Mi voleva molto bene, le volevo molto bene. Era una donna dolce, con uno strano intreccio di grande concretezza e di grande saggezza. E’ sempre stata una casalinga dedita al marito e ai figli, senza studi universitari ma appassionata lettrice di classici, soprattutto russi. Cuoca apprezzata, bravissima sarta. Siamo stati lontani per oltre trentacinque anni, lei rimasta a Palermo, io a Venezia per trenta anni e poi qui a Roma da tredici. Stavamo insieme circa quattro volte l’anno, trascorrendo qualche settimana per vacanze invernali ed estive. Ma negli ultimi cinque anni, con la degenerazione senile progressiva, il rapporto era cambiato, trasformandosi a poco a poco in una delicatissima e contraddittoria relazione madre-figlio-madre: affetto, assistenza, stress, dolore, rabbia, dolcezza, asprezza, incomprensione. Fino agli ultimi due anni di una difficile convivenza nella nostra casa a Roma e gli ultimi mesi fra ospedali e casa di riposo assistito : poi la morte, poi la cremazione, poi lo spargimento delle ceneri solitario a mezzanotte, senza ritualità collettive, nel suo mare siciliano dove aveva nuotato felice fin da piccola.



Con lei ho imparato ad amare le piante, a cucinare, ad essere ordinato, anche a cucire l’essenziale. Per scelta, per cultura, per carattere, aveva deciso di vivere pienamente per la sua famiglia, per mio padre, per noi figli. Dopo la morte di suo marito, nostro padre, stava recuperando una certa serenità, un’autonomia mai vissuta, anche una certa gioia di vivere, ma quella maledetta malattia cerebrale l’ha colpita, in pochi anni è peggiorata ed ha iniziato a soffrire tanto, proprio nei continui momenti di autocoscienza. 



Che madre è stata ? Cosa ho in me di lei assieme alle curve del d.n.a. paterno ? Perché ne scrivo qui pubblicamente ? Perché un uomo di 60 anni, con moglie e una figlia trentenne, si trova a scrivere della propria madre in una rivista come NOIDONNE ? La risposta all’ultima domanda è molteplice. Ne scrivo perché è un atto d’amore, amore filiale, un riconoscimento pubblico della positività del ruolo di una madre nella vita di un uomo. Come persona aveva i suoi limiti e difetti ma credo che uno degli effetti più importanti e belli come madre sulla mia vita siano state la mia gioia di vivere, la mia “serenità” relativa, il mio “stupido ottimismo”, il mio rapporto con le donne fra attrazione e rispetto, pur nella contraddizione inevitabile del “maschile”. La forza tranquilla, la calma apparente di mia madre, la sua dolcezza, la sua generosità, la sua saggezza quasi “orientale” ( come il suo viso ), il suo amore senza eccessi, senza vizi, senza paure, senza estremi, mi ha dato sicurezza e quella relativa “serenità” che oggi mi sembra così importante e che non significa spensieratezza. Ed ogni tanto penso e rido : a sei anni e mezzo dalla nascita di mio fratello giustamente i miei genitori si aspettavano che io fossi una femmina, ma hanno accettato senza problemi apparenti il secondo maschio e non hanno provato più.



Mi dispiace molto per gli ultimi anni della sofferenza di mia madre, per il suo ultimo mese e spesso mi vengono dubbi sulle scelte fatte da solo o assieme a mio fratello e mia moglie, ma una piccola consolazione sta nel pensarla l’ultima volta quando ci ha salutati dal letto della Casa di Riposo con un “Adesso andate che è tardi” sussurrato con gli occhi amorevoli e con un cenno finale delle dita, quasi vezzoso come sempre, dal bordo del lenzuolo.

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