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Per un pugno di Samba. Viaggio a Lisbona secondo me

Per un pugno di Samba. Viaggio a Lisbona secondo me

Non ci posso credere. Ed è proprio bellissima e sfavillante come sostiene Pereira.

Domenica, 05/11/2023 - Calcada de Santo Andrè, in Santa Maria Maior in quartiere Alfama. Sono arrivata. Una tarantina che parla solo il tarantino e poco più che zero l’Inglese, è arrivata a Lisbona; una città che ho immaginato, letto, sognato ora è qui tra le mie mani. Non ci posso credere. Ed è proprio bellissima e sfavillante come sostiene Pereira; lo capisco quando vado su e giù col taxi che credo sia un taxi improvvisato, con un ragazzo che ha meno di vent’anni e con cui mercanteggio il prezzo con parole mezze spagnole e mezze inglesi, e con le sue risposte in portoghese. In pratica un casino, ma comincio a divertirmi e a sgranare gli occhi su strade sempre più piccole e in discesa. Numero 13, porta verde: eccoci arrivati. Mi viene un nodo in gola per l’emozione, la facciata della casa ha tante mattonelle verdi e bianche con piccoli fiori decorativi, e anche le case a fianco hanno gli stessi muri in piastrelle, tutte diverse. Apro il portone e la scala che mi porta su è alta e ripida: mi viene da ridere perché tendo a scivolare. Arrivo all’appartamento, apro ed è il tipico posto per scrivere: finestra con vista gabbiani, libri tavolino rotondo, parchè a terra e tanta altra bellezza. Sono a Lisbona e il cielo sfavilla. 23 Agosto 2023, sono sola e non per mia volontà, ma ho imparato a cavarmela.
Faccio in fretta una doccia e ho voglia subito di un caffè. Sostiene Pereira che avrebbe sicuramente ordinato una limonata ghiacciata, ma io ho voglia di un caffè. Spero che il prezzo non sia quello pagato all’aeroporto di Ginevra, dove ho fatto scalo: un espresso euro 4,10. Un caffè da ricordare, almeno ad averlo ordinato lungo. Mi dirigo fuori ed è tutto un andare e venire di tram gialli. Una delizia, sosterrebbe Pereira. Se vedo sulla cartina dove mi trovo mi disoriento, perdo l’equilibrio, come se la mia mente non fosse capace di affrontare da sola queste distanze. Eppure. La volontà è più grande, grazie Kant, direbbe Elena Manigrasso. Comincio ad incrociare gente indaffarata ma felice. Comprendo facilmente che il paese è stato conquistatore, colonialista. La gente ha pelle ambrata e occhi a mandorla, sorridenti. E poi tanti immigrati indiani e pakistani, che hanno aperto le loro botteghe di frutta, cuoio,cartoline e alimentari, sardine comprese. In questo intestino di negozi e negozietti faccio la spesa al Minimarket Lisboa: sardine vino tinto e carne di “puerco”, così è scritto. È una specie di salsiccia un po' stagionata. Nel quartiere dove la strada porta in giù, la fascia di povertà è evidente: un uomo ha finto di vezzeggiare un colombo, poi lo ha stretto per le ali e se lo è portato via.
Mangio un boccone nel ristorante vicino e poi sono pronta a prendere il mio cammino.
elena Manigrasso

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