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Perfect Days: il senso della vita secondo Wim Wenders e la moglie Donata

Perfect Days: il senso della vita secondo Wim Wenders e la moglie Donata

Vincitore della Palma d'oro per il migliore attore (Kôji Yakusho) all'ultimo Festival di Cannes, arriva nelle sale italiane il nuovo film del regista tedesco, distribuito da Lucky Red

Martedi, 09/01/2024 - Parlare di Wim Wenders è parlare di un mito della cinematografia contemporanea, e buona parte dei suoi film sono diventati veri e propri cult movie. Ma il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico tedesco non si è mai montato la testa, anzi: capace di incantare i cineclub degli anni Settanta con la cosiddetta "trilogia della strada" (Alice nelle città; Falso movimento; Nel corso del tempo), di fuggire deluso dagli USA dopo la parentesi americana di Paris, Texas (Palma d'oro a Cannes) e La terra dell'abbondanza, mantenendosi sempre riconoscente ai suoi maestri ispiratori (da Nicholas Ray con Lampi sull'acqua a Ozu con Tokyo Ga), con uno sguardo capace di catturare l'anima di una città (Il cielo sopra Berlino; Lisbon Story), di riflettere sul cinema e sulla condizione di cineasta in ‘Lo Stato delle Cose’, così come di farsi documentarista raccontando storie incredibili (fra queste: Buena Vista Social Club, Pina, tributo alla ballerina Pina Bausch; Il sale della terra, dedicato al fotografo brasiliano Sebastião Salgado; Papa Francesco - Un uomo di parola), Wenders ha proposto a Cannes un’opera in apparenza minimalista, girata in Giappone e realizzata insieme all’inseparabile moglie Donata, dal titolo ‘Perfect Days’, che racchiude l’essenza della sua poetica e della sua riflessione fra cinematografia e vita.

Il film, distribuito nelle sale italiane da Lucky Red, racconta infatti la storia di Hirayama (nel ruolo un magnifico Koji Yakusho, vincitore per questa interpretazione della Palma d’Oro a Cannes 2023 come miglior attore), un uomo che conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta, e che si dedica con cura e passione a tutte le attività della sua giornata, dal lavoro come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo (bagni avveniristici e bellissimi), all’amore per la musica, ai libri, alle piante, alla fotografia e a tutte le piccole cose a cui si può dedicare un sorriso. Nel ripetersi del quotidiano, dove Hirayama coglie ogni occasione per godere della bellezza della natura e di gioire di quello che ha, una serie di incontri inaspettati rivelano gradualmente qualcosa in più̀ del suo passato, in particolare l’arrivo di una nipote adolescente che fugge dalla prigione dorata della sua famiglia (la madre è la sorella del protagonista) per ritrovare, con lo zio, autenticità e semplicità di vita.

“Da tempo desideravo tornare a girare in Giappone e l’occasione è venuta quando ho incontrato Koji Yakusho - racconta il regista - un attore col quale sognavo di lavorare e che ho sempre ammirato: lui poteva davvero dar vita a un addetto alle pulizie unico, un personaggio realmente credibile e reale. Solo la sua storia avrebbe avuto importanza e, solo se fosse valsa la pena osservare la sua vita, avrei potuto portare avanti il film e tutte le idee ad esso legate, come ad esempio il forte senso del “bene comune” giapponese, il rispetto reciproco per “la città” e “gli altri”, che rendono la vita pubblica in Giappone così diversa dal nostro mondo. Ho immaginato un uomo con un passato privilegiato e ricco, il quale, a un certo punto, quando la sua vita si trovava al punto più basso, aveva avuto un'illuminazione mentre guardava il riflesso delle foglie creato dal sole che splendeva miracolosamente nell'inferno in cui si stava svegliando.”

Durante la notte, infatti, Hirayama sogna o vede immagini sfocate e impermanenti; la lingua giapponese attribuisce un nome speciale al fenomeno di queste fuggevoli apparizioni che compaiono dal nulla, ‘komorebi’, cioè la danza delle foglie nel vento, che cadono come un gioco d'ombra su un muro di fronte a noi, creato dal sole, la fonte di luce là fuori nell'universo. Co-sceneggiato con Takuma Takasaki e reso onirico dalle visioni di ‘komorebi’ affidate a Donata Wenders, esperta in dream installations, il film ha assunto spessore e profondità attraverso l’intensa interpretazione del suo protagonista.

“Proprio queste apparizioni - prosegue il regista - hanno salvato Hirayama, e grazie ad esse lui ha scelto di vivere un'altra vita, fatta di semplicità e modestia, diventando l’addetto alla pulizia dei bagni della nostra storia. Scrupoloso, soddisfatto delle poche cose che ha, tra cui la sua vecchia macchina fotografica (con la quale fotografa solo alberi e komorebi), i suoi libri tascabili e il suo vecchio registratore, con la collezione di cassette che ha conservato dalla sua giovinezza, il protagonista incarna l’essenza della vita e della libertà, un uomo di grande dignità, generosità e intelligenza. La sua scelta musicale (legata all’amore di Wenders per la musica rock/country anni ’70, ndr.) ha ispirato anche il titolo del film, quando Hirayama un giorno ascolta ‘Perfect Day’ di Lou Reed.”

Dunque tornare a ciò che davvero conta, svolgere con passione e amore ciò che ci compete, ritrovare noi stessi in relazione agli altri e seguire i propri desideri, non sempre compresi dagli altri, trovando il nostro posto nel mondo, con l’aiuto di una natura salvifica e materna, e di altri esseri umani con cui condividere la strada: spiritualità e sogno, realtà e finzione, benessere e scelte di vita sono temi con cui Wenders coinvolge lo spettatore in un ennesimo viaggio che svela le ragioni per cui il suo cinema ci accompagna da mezzo secolo, tra sperimentalismo e narrazione, raccontandoci ogni volta qualcosa di nuovo, addentrandosi con ‘Perfect Days’ in una riflessione commovente e poetica sulla ricerca della bellezza e della verità nel mondo che ci circonda.

“Le persone in tutto il mondo hanno visto i miei film – conclude Wim Wenders - molti ne sono stati influenzati e alcuni di questi film sono diventati dei classici o film di culto. In questo senso comunque non appartengono più a me, ma a una memoria collettiva di cinefili di ogni età e di molte nazionalità. Da molti anni desidero che in futuro il mio lavoro possa appartenere solo a sé stesso, e quindi a tutti”.

Già nel 2012, infatti, Wenders insieme alla moglie Donata, ha istituito la Wim Wenders Stiftung (WWS), una fondazione senza scopo di lucro con sede nella sua città natale, Düsseldorf, la cui missione è quella di archiviare, restaurare e presentare l'opera cinematografica, fotografica, artistica e letteraria di Wim Wenders e renderla permanentemente accessibile al pubblico mondiale. Allo stesso tempo, la fondazione sostiene i giovani talenti nel campo dello storytelling innovativo, in particolare attraverso il Wim Wenders Stipendium, una borsa di studio assegnata insieme al Film-und Medienstiftung NRW.

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