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Processo “Califfo”: il pm Alessandra Cerreti ha ottenuto 150 anni per il clan Pesce

Processo “Califfo”: il pm Alessandra Cerreti ha ottenuto 150 anni per il clan Pesce

150anni di carcere per gli esponenti del clan Pesce. E’ quanto ottenuto da Alessandra Cerreti, pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, per il processo al clan di Rosarno

Mercoledi, 28/05/2014 - E’ stato accolto tutto l’impianto accusatorio del sostituto procuratore antimafia Alessandra Cerreti nei confronti dei presunti appartenenti alla potente cosca Pesce operante a Rosarno e territori limitrofi al termine della sua requisitoria nell'ambito del processo "Califfo".

Un processo che è la prosecuzione del procedimento penale 'All Inside' che ha portato alla decimazione, attraverso le dichiarazioni Giusi Pesce i vertici della cosca omonima. Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, ha iniziato a collaborare con la giustizia dall'ottobre del 2010. Le sue dichiarazioni hanno portato alla luce gli affari illeciti della cosca. La pentita ha rivolto anche accuse nei confronti della madre e della sorella, che sono state arrestate nell'aprile del 2011.



Al Tribunale di Palmi il pm ha ottenuto 18 anni di carcere per Giuseppe Pesce, e una pesante condanna a 12 anni anche per la giovanissima moglie Ilenia Bellocco, ritenuta dagli inquirenti molto pericolosa, tanto da meritare il soprannome di “Velenia”. Figlia di Umberto Bellocco, sarebbe divenuta una dei capo clan dopo l’arresto del marito, e riuscita a imporsi sugli uomini del clan attraverso il suo carattere duro e violento, con un ruolo per niente secondario, ma anzi attivo e rilevante all’interno della cosca.



In misura diversa il carcere per altri soggetti accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e nello specifico di appartenere alla cosca Pesce, inoltre d’intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose per molte delle donne del clan.

Il processo “Califfo” è nato dal ritrovamento di un “pizzino” in cui Francesco Pesce alias “Testuni”, recentemente condannato a 14 anni di reclusione dalla Corte d’Appello reggina, avrebbe cercato di far arrivare all’esterno il giorno della sua cattura avvenuta nell’agosto del 2011. In quello si davano delle disposizioni utili alla prosecuzione delle attività della 'ndrina anche dopo il suo arresto. Un documento fondamentale per le indagini, attraverso il quale il boss "Ciccio Testuni" aveva sancito il passaggio del comando sulla potente cosce dei Pesce, al fratello Giuseppe, all'epoca anch'egli latitante.



"Fiore a mio fratello" questa la frase che decretava il passaggio di potere e lo poneva capo della ‘ndrina. Sulla veridicità del pizzino ci sarà anche importante riscontro ossia l’intercettazione ambientale in cui nell’ottobre 2001 uno degli imputati dirà: “a quel cazzone gli hanno trovato un biglietto (...) Arresteranno a tutti a Rosarno!” In effetti, non si era sbagliato. Tra l’operazione “All inside”; compiuta dalla stessa pm Cerreti e “Califfo” infatti, il clan Pesce ha subito duri colpi fra decine e decine di anni di carcere e sigilli a beni per diversi milioni di euro. Parti civili nel processo sono il Ministero dell’Interno, la Regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria e il Comune di Rosarno.

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