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Rebibbia / Alimentazione e salute viste da dentro

Rebibbia / Alimentazione e salute viste da dentro

Carcere / A mano libera - Intervista a Sandro Libianchi, Responsabile Unità Operativa di medicina penitenziaria di Rebibbia Femminile

Ortensi Paola Domenica, 05/07/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2015

Approfondendo il tema dell’alimentazione ci siamo interrogate se sia prevista una collaborazione con i responsabili della sanità e come avvenga. Ne abbiamo parlato con Sandro Libianchi, Responsabile Unità Operativa di medicina penitenziaria presso la Casa Circondariale Femminile Rebibbia ed ecco cosa ci ha spiegato. “L'alimentazione nelle carceri italiane è una competenza esclusiva dell'Amministrazione Penitenziaria e per essa, delle Direzioni degli istituti. Il Ministero utilizza le c.d. 'Tabelle vittuarie': un elenco di alimenti da fornire durante la giornata, ripartiti in due versioni, una estiva ed una invernale. L'approvvigionamento degli alimenti viene fatto attraverso gare di appalto che forniscono il cibo durante tutto l'anno. La consegna è quotidiana a causa della deperibilità di molti dei prodotti forniti. Nelle tabelle è indicata anche la varianza settimanale dei cibi ed il numero dei pasti che si devono fornire alle persone detenute. Una cura particolare viene applicata nelle strutture penitenziarie che ospitano madri con bimbi di età inferiore ai tre anni nei cosiddetti 'nidi penitenziari', quello di Rebibbia è il più grande. I prodotti sono lavorati nelle cucine del penitenziario e consegnati all’interno delle sezioni (non esiste una mensa, se non in rarissimi casi) attraverso carrelli refrigerati o riscaldati. Alcune strutture penitenziarie hanno reso obsolete le cucine (perdendo posti di lavoro retribuiti a detenuti), per avvalersi di catering esterni e realizzando una spesa complessiva minore. Sia che la lavorazione degli alimenti sia esterna che interna in ogni penitenziario viene costituita una 'commissione vitto', costituita da un gruppo di persone (2-4) che 'testa' i cibi con cadenze varie e teoricamente casuali, al fine di verificare la bontà del cibo che viene distribuito. In genere questa commissione è costituita da un rappresentante della direzione, da uno o più detenuti e non obbligatoriamente da un sanitario.

Le ASL hanno obblighi di vigilanza solo sulle cucine attraverso i servizi di igiene pubblica e laddove identifichino problemi (pavimenti o strutture non a norma, conservazione degli alimenti, rispetto della 'catena del freddo', protezione anti insetti e ratti, ecc.) redigono appositi verbali e danno delle prescrizioni alla direzione. Anche i servizi veterinari delle ASL contribuiscono alle verifiche dei prodotti alimentari e, laddove ci siano delle produzioni locali, al loro controllo”.

Abbiamo ancora chiesto come si affrontano i problemi alimentari in caso di malattie come il diabete, le allergie o davanti a particolari scelte culturali, religiose o altro.

“Una corretta alimentazione che risponda ad esigenze cliniche di numerose patologie che possono affliggere le persone detenute (uomini o donne) è una questione che si ripropone spesso, ma non sempre riesce ad avere una risposta adeguata. In particolare, quando il medico ha di fronte uno stato patologico che richiede una gestione del cibo particolare, questi segue alcune direttive che dovrebbero essere il più possibile personalizzate. Nella maggior parte dei casi, il medico redige uno schema dietetico che può essere o di semplici limitazioni in alcuni cibi con indicazioni di sostituzioni o preferenze (ad es. non carni rosse, ma solo quelle bianche e pesce, ecc.) oppure di proibizione assolute o relative (caramelle o dolciumi di fronte ad una patologia diabetica mal controllata). La restrizione più frequente è quella che riguarda il sale nelle persone ipertese o cardiopatiche. Per ciò che attiene a scelte razziali o religiose il problema è forse più semplice perche non passa attraverso una prescrizione medica, ma attraverso eventi organizzativi tra la direzione e la cucina. Esiste il 'vitto per musulmani' ecc. In situazione di prescrizioni dietetiche vere e proprie, dopo aver compilato lo schema alimentare, il medico lo fa consegnare in Direzione che o provvede all'acquisto di generi alimentari prescritti oppure da istruzioni alla cucina di ottemperare alla prescrizione per quanto possibile e nei tempi previsti. La verifica si basa quasi esclusivamente su quanto è riportato dalla paziente che ha una scarsa possibilità di verifica sul preparato. La scarsità di personale addetto alla sanità, il basso grado di professionalità specifiche che spesso si riscontra nelle cucine penitenziarie, rende il tema della dietetica in carcere un vulnus della permanenza delle persone detenute nelle carceri”.













 

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