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Refugees...voi come noi: quando cercavamo una vita migliore - di Bianca Salvi

Refugees...voi come noi: quando cercavamo una vita migliore - di Bianca Salvi

In scena a Roma, per 'Il teatro incontra il mondo', l'odissea di due donne che nei primi decenni del '900 migrarono verso le Americhe. Intervista alle attrici Marianella Bargilli e Valeria Contadino

Lunedi, 08/10/2018 - All’interno della rassegna triennale 2017-2019 IL TEATRO INCONTRA IL MONDO, Fattore K ha proposto per il 2018 lo spettacolo teatrale "Refugees...voi come noi”. Tre serate in cui i Giardini di Castel Sant'Angelo sono stati palcoscenico per un tema di grande attualità: le migrazioni di uomini e donne, alla ricerca di una vita migliore.

Ugo Bentivegna, ideatore e regista dello spettacolo, ha acceso un faro sulle storie, spesso drammatiche, di coloro che lasciano le proprie terre di origine. In scena le storie di immigrazione verso l'Europa, meta di salvezza da guerre e violenza, che ogni giorno vediamo raccontate dai nostri telegiornali, parallelamente a storie di migrazione di tanti italiani che un secolo fa hanno lasciato il loro Paese per affrancarsi dalla miseria.

Accanto al giovane gambiano LaminTouray, che racconta in maniera toccante la sua stessa storia, le attrici Marianella Bargilli e Valeria Contadino, che interpretano con grande empatia l’odissea di due donne italiane, provenienti una da una regione del nord, l’altra dalla Sicilia, che nei primi decenni del '900 migrarono verso le Americhe. Sogni, speranze, gioie ma anche delusioni attendono immancabilmente le due protagoniste, partite come tanti nella speranza di una vita migliore.

Incontriamo Marianella Bargilli e Valeria Contadino dopo lo spettacolo:

Oggi come ieri: la storia si ripete, ma è possibile paragonare le migrazioni odierne con quelle del passato?
Marianella – I fattori sono sempre gli stessi anche cambiando i contesti storici: guerre, crisi economiche, carestie, in questo senso nulla è cambiato. Malgrado i problemi che scatenano gli esodi da un territorio, queste problematiche possono essere viste tuttavia come fattori dinamici di cambiamento, anche positivo. Rappresentano momenti di incontro fra culture e civiltà diverse, e sapendoli gestire, possono rappresentare un persino arricchimento.
Valeria – Le migrazioni non sono altro che un’eterna declinazione dell’Esodo Biblico. Le popolazioni migrano e abbandonano la loro casa, i propri affetti, spinti da necessità spesso economiche, ma anche politiche e religiose. Il motore principale è comunque la miseria. E’ questo motore, che spinse anche noi italiani ad emigrare nel secolo scorso verso le Americhe, oggi viene spesso confuso attraverso diverse motivazioni che tendono a strumentalizzare, in alternanza, la comunicazione che ci viene propinata: così di volta in volta si focalizza l’attenzione pubblica sui rifugiati politici, sui clandestini, su chi fugge da catastrofi naturali.

Che ruolo avete nella vicenda narrata in “Refugees, voi come noi”?
Valeria – Il mio ruolo è quello di Maria, giovane donna che lascia la Sicilia fuggendo dalla fame per andare in sposa, per procura, a un uomo conosciuto solo in foto. I matrimoni per procura erano, soprattutto nel secolo scorso, molto diffusi in zone povere e sottosviluppate culturalmente, come la Sicilia. Ma la migrazione piena di sogni e speranze di Maria, si infrange, scontrandosi con una realtà diversa, dura e ostile, e con un marito che non corrisponde alla foto ricevuta. Per fame, accetterà anche di prostituirsi. E questo è quello che realmente è accaduto a tante donne. E accade ancora: quante donne provenienti dall’Africa o dai paesi dell’Est vengono attratte da false speranze in un futuro migliore, in un lavoro dignitoso, ma cadono nelle mani di organizzazioni criminali.
Marianella – Qui sono una donna proveniente dal nord Italia, costretta ad emigrare in Argentina dopo la morte improvvisa del marito che l’ha lasciata piena di debiti. Da una condizione di vita agiata, la mia protagonista si ritroverà a dover accettare un lavoro come cameroera, lei che era abituata da padrona, ma accetterà il sacrificio per poter garantire al figlio, che ha dovuto lasciare in Italia, un futuro migliore.

Si potrebbe dire che oggi la situazione delle donne che migrano, sia peggiore di quella di ieri?
Valeria – I profittatori del disagio altrui e i criminali sono sempre esistiti. La differenza è che oggi le cose vengono a conoscenza di tutti grazie ai media. Così siamo venuti a sapere delle drammatiche vicende e delle torture cui sono stati sottoposti per esempio i migranti africani in Libia. Diciamo che oggi, proprio grazie alla comunicazione, si viene a conoscenza di crimini un tempo sottaciuti, e la comunità, i legislatori, sono sollecitati a intervenire. Per questo secondo me è possibile proteggere i più deboli dalle violenze.
Marianella – Concordo, i media oggi hanno un ruolo fondamentale nella diffusione di quanto accade.

Sono maggiori i rischi cui sono sottoposte le donne che affrontano questi viaggi della speranza?
Valeria – Certamente i più indifesi in questi casi sono donne, bambini e anziani, come sempre.
Marianella – E’ anche vero però che proprio grazie alla conoscenza di questi fatti, i governi hanno la possibilità di intervenire.

Il matrimonio per procura era una modalità cui molte donne ricorrevano per poter emigrare. Era un modo per tutelarsi e avere un riferimento sicuro, o un ricatto senza scampo?
Valeria – Il matrimonio per procura era spesso il ricatto cui le donne dovevano sottostare per poter partire, spinte da fame e disperazione. Poche erano le fortunate, spesso il sogno si infrangeva per una realtà totalmente diversa: giovani donne trovavano ad attenderle uomini troppo anziani o malati, storpi, a volte violenti, quando non cadevano nelle mani di malavitosi che le costringevano alla prostituzione.
Marianella – Quando sei disperato e non hai alternative, sei pronto ad accettare qualunque compromesso, anche i rischi di un matrimonio per procura. Fino a poco meno di un secolo fa era l’unico modo legale che consentiva a una donna sola e priva di mezzi di poter espatriare nella legalità.

Cosa vi ha reso empatici i personaggi che state interpretando ?
Valeria – Il mio personaggio, Maria, senza saperlo ha messo in pratica le parole del presidente “Roosvelt”: Fa quello che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei. E’ una che malgrado le delusioni che incontra e i sogni infranti, non si arrende e cerca sempre un riscatto.
Marianella – Nel mio personaggio ho ammirato il coraggio, la forza di andare avanti malgrado la disperazione, e per una donna di quell’epoca non è cosa da poco. Ma l’adattabilità a circostanze anche avverse è una caratteristica della donna in tutti i tempi.

Che messaggio o augurio dareste alle tante che lottano per trovare un futuro migliore, e la possibilità di un’esistenza dignitosa, anche migrando ?
Valeria – Queste nostre sorelle che oggi fuggono da situazioni disperate hanno tanto coraggio. Sono un esempio per tutte noi. Le ammiro, e auguro che riescano nell’impresa e che possano difendersi dalla violenza. Sono fiduciosa: la forza delle donne è immensa, la storia ne è testimone.
Marianella – Provo sconcerto nel pensare a quanti disagi debbano ancora patire tante donne che decidono di lasciare affetti, paese, punti di riferimento, e al contempo tanta ammirazione per il loro coraggio. Se avessero più potere reale, le donne potrebbero salvare il mondo dalla fame, dalla guerra, dalla distruzione materiale e morale. Auguro che questo accada in un futuro non lontano.

Andrete in tournèe con lo spettacolo ?
Valeria – Certamente, abbiamo avuto varie proposte in diverse città in tutta Italia che stiamo valutando. Vi faremo sapere presto!

Intervista raccolta da Bianca Salvi


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