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Risarcimenti femministi

Risarcimenti femministi

Le donne assenti dalla campagna elettorale regionale in Emilia Romagna. La 'consolazione' arriva da una sentenza della Cassazione sul femminicidio di Olga Matei

Domenica, 26/01/2020 - Ho il vizio di personalizzare: scrivendo dall'Emilia Romagna - una delle Regioni più avanzate e meglio amministrate d'Europa in cui oggi nessuno dei dirigenti della sinistra scommette di vincere elezioni che non dovevano diventare politiche - sento perfino la rabbia cosiddetta di pancia. Provo il disagio di chi, facendo politica, sa che bisogna sfruttare la carte per vincere il gioco.
L'espressione "donne" durante la campagna elettorale non è corsa nemmeno per raccontare che da noi si dà un buono di 400 euro per la parrucca di donne sottoposte a chemio e conseguente perdita di capelli.
Tanto meno si sono menzionati i "diritti della donne" quando anche le dirigenze politico-amministrative sanno che il 52 % dell'elettorato è femmina e, parentesi, in Regione i maschi laureati sono il 19 %, le donne laureate il 29 %. Non è vietato ai maschi dire che, se piace Salvini con il rosario in mano, basta avvertire che potrebbe essere anche italiana la prospettiva di un Erdogan nostrano che restaura il matrimonio riparatore, come sta succedendo oggi in Turchia, dove migliaia di ragazze ballano in piazza per opporsi al voto di lunedì sulla legge che cancella lo stupro regolarizzato da nozze criminali.
Detto questo - oltre alla notizia non irrilevante che in uno dei 27 paesi dell'Unione Europea una donna è diventata Presidente della Repubblica: Cape del Governo ce ne sono diverse, dello Stato ora in Grecia c'è Katherina Sakellaropoulou - la notizia consolatoria è una sentenza della Cassazione a proposito dell'attenuante che ha dimezzato la pena di un femminicidio perché l'omicida aveva agito "nel pieno di una tempesta emotiva" di "gelosia" che la Corte d'Appello aveva riconosciuto tra "le altre situazioni psicologiche ai fini della concessione delle attenuanti generiche".
La Suprema Corte precisa che il giudice deve fornire "una spiegazione razionale della scelta compiuta"- l'imputato, si legge nella sentenza, avrebbe agito per uno scatto di gelosia "improvviso e passeggero"; tale sentenza d'appello era contraddittoria perché o la gelosia è patologica oppure non può essere definita un momento "passeggero". Insomma la gelosia non è un'attenuante e il terzo grado di giustizia del nostro sistema ha giudicato la sentenza "intrinsecamente contraddittoria" e richiede un nuovo processo di appello "che argomenti meglio la condanna e l'entità della pena". La cosa non rallegra perché nessuno restituisce la vita a Olga Matei, uccisa a Riccione il 5 ottobre del 2016, ma è importante sia che un Procuratore generale (della Corte d'Appello di Bologna) avesse fatto ricorso contro una sentenza che riduceva la pena per femminicidioda 30 a 16 anni, sia che la Cassazione abbia sostanzialmente cancellato all'origine l'equivoco della "gelosia" che non attenua la responsabilità di chi uccide per "amore".
Una volta di più i diritti delle donne si dimostrano non corporativi, perché correggono, perfezionandolo, il senso della giustizia dei tribunali e migliorano l'interrelazione tra la legge e il costume.

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