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Se questo è amore, docu film della regista israeliana Maya Sarfaty

Se questo è amore, docu film della regista israeliana Maya Sarfaty

La tragica storia d’amore fra una prigioniera di Auschwitz e il suo carceriere, in un’opera distribuita da Wanted Cinema

Mercoledi, 13/01/2021 - Wanted Cinema prosegue con la sua mission di distribuire opere indipendenti e di qualità. Dalla fine di gennaio sarà disponibile infatti “Se questo è amore” (titolo originale “Love it was not” (trailer), presentato in anteprima mondiale e vincitore nella competizione israeliana di Docaviv) un documentario che ricostruisce, attraverso interviste, filmati d'archivio e fotografie, la tragica storia d’amore tra una prigioniera ebrea e il suo carceriere nazista ad Auschwitz.
L’autrice è la regista israeliana Maya Sarfaty, vincitrice dello Student Academy Award per il miglior documentario straniero nel 2016 con “The Most Beautiful Woman”.
Originato da un cortometraggio, “Se questo è amore” si incentra sulla relazione sentimentale fra Helena Citron, una prigioniera ebrea deportata ad Auschwitz nel 1942, e Franz  Wunsch, uno degli ufficiali di alto rango delle S.S. del campo di concentramento.
Sembra che lui la notò da subito, mentre lei cantava per gli ufficiali tedeschi e si fosse innamorato, ricambiato, di lei e della sua voce magnetica: nonostante quello che si possa pensare di un rapporto tanto sbilanciato, secondo gran parte dei testimoni intervistati nel documentario si trattava di vero amore e, malgrado il rischio di essere scoperti e giustiziati, i due portarono avanti quella relazione proibita fino alla fine della guerra. Helena, sua sorella Roza e le sue amiche beneficiarono della protezione di Franz che le assegnò a lavorare nella caserma "Kanada", dove si smistavano gli effetti personali di coloro che venivano mandati nelle camere a gas, un luogo sicuro dove sopravvivere.
Negli anni '60, Simon Wiesenthal rese noto alle autorità austriache che 70 ufficiali delle SS di Auschwitz vivevano liberamente nel paese, e solo quattro di questi furono portati in tribunale. Lo stesso Wursch fu processato nel 1972, trent’anni dopo i fatti ed Helena ricevette una lettere della moglie di Wunsch che le chiedeva di “restituire il favore”, testimoniando in favore di suo marito. Di fronte a questa decisione eticamente drammatica, Helena si trovò a compiere una scelta molto difficile, se aiutare o meno l’uomo che ad Auschwitz si era macchiato di crimini spaventosi - testimonianze di sopravvissuti ne riportano la crudeltà - salvando però la sua vita e quella dei suoi cari.
Invitata al processo come testimone, Helena vi andò per "dire la verità, tutto il male e tutto il bene", come raccontò lei stessa. Questa parte del racconto, che occupa l'ultimo terzo del film, è considerato da molti il più emozionante, rivelando non solo i sentimenti sinceri di Helena e Roza, ma anche quanto fosse difficile ottenere una condanna per crimini nazisti in Austria all'epoca.
Il documentario, che coniuga un approccio tradizionale al genere con una narrazione dal ritmo avvincente, anche attraverso l’uso creativo di fotografia e musica, è una coproduzione di Israel's Yes Docu e di Austria Langbein & Partner Media.

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