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L'Orto di Giulia: secondo rinvio dell’esproprio

L'Orto di Giulia: secondo rinvio dell’esproprio

La mobilitazione delle persone amiche dell'Orto di Giulia e dei valori dell'Agro romano che questa piccola azienda difende e promuove

Sabato, 22/05/2021 - Giulia e i suoi 9000 metri di orto a Roma, pieno di simbologie e speranza che travalica la vicenda e coinvolge con l’ansia del futuro.
Venerdì 21 maggio 2021 l’esproprio della terra della famiglia di Giulia - annunciato per le 9,30 - è stato rinviato grazie alla notevole mobilitazione di persone amiche dell'orto e interessate a difendere ciò che rimane dell’agro romano nonchè alla mediazione del dirigente del Comando di Polizia municipale incaricato dell’esproprio, che ha preso atto delle obiezioni dell’avvocato della famiglia Marocchini. Decisa la sospensione, è stata convocata, alla presenza dello stesso dirigente, una riunione ristretta con le parti in causa e i loro avvocati, riunione che si terrà la prossima settimana. L’incontro diverrà spartiacque per ulteriori decisioni riguardanti l’esproprio e non solo. Ripercorsa l’estrema sintesi di quanto avvenuto venerdì 21 maggio, vale la penna di tornare sul perché questi 9.000 metri di orto e Giulia, in prima fila nella difesa degli stessi, si possano considerare come la sintesi e la fotografia simbolica di molteplici tematiche che segnano questo nostro tempo.
Poche persone probabilmente sanno che, nonostante un uso scellerato del suo Agro, Roma viene considerato, ancora, il comune agricolo più grande d’Europa. L’Agro romano, quella meraviglia che si estendeva ai confini e oltre delle altre province del Lazio e che nel tempo, grazie alla sue aziende agricole, ha garantito tante biodiversità. Tante realtà che diamo per scontate, ma che di Roma e poi del Lazio hanno fatto il luogo di importanti produzioni vegetali e animali che rappresentano, ancora oggi, fornitura importante. Un esempio per tutte: la Centrale del latte. E come ignorare i suggestivi dipinti, esposti nei musei di Roma, dove si possono ammirare greggi di pecore che evocano la ricchezza infinita di spazi di transumanza. Una terra verde che l’espansione della città ha divorato pezzo a pezzo con una voracità al di là del necessario. Ragioni e motivazioni addotte per interesse pubblico quando Roma, dal dopoguerra, ha accolto centinaia di migliaia di nuovi cittadini portati dalla forte immigrazione interna dando loro la casa, sostituendo le borgate con appartamenti belli e dignitosi fra il verde che ha continuato ad essere fruibile.
Quante lottizzazioni hanno così avuto ragione di esistere e conseguentemente quante porzioni di Agro romano sono divenuti parchi pubblici per garantire alternativi polmoni verdi!
Ma man mano che gli anni sono andati scorrendo le ragioni di quell’uso della terra, di quelle costruzioni, tra l’altro spesso orribili, si è reso incomprensibile e la mano sulla città sempre più è divenuta lottizzazione che, nel fare gli interessi di pochi, ha negato l’interesse e i diritti agli spazi verdi di molti e ha offuscato la bellezza e il respiro del verde.
Senza contare poi che, oggi, di case la città ne offre più di quante ne servano ed è davvero difficile parlare di pubblico interesse per nuovi insediamenti urbani.
E ancora quando i temi dell’ambiente, della natura, del clima esplodono come grandi questioni mondiali e persino l’attuale governo si è dotato di un Ministero della transizione ecologica, può comprendersi bene come la vicenda dell’orto di Giulia trovi tanta attenzione, solidarietà e disponibilità a lottare con lei e con la sua famiglia che a quei 9.000 metri, rimasti dei circa 25 ettari già ceduti negli anni scorsi da altri proprietari ed espropriati dal Consorzio, non vogliono rinunciare.
La storia di Giulia e tutto quanto appena ricordato, per brevi accenni, aggiunge altre suggestioni cruciali.
Il Consorzio oggi si trova a scontrarsi con la determinazione più che motivata di una giovane donna che, sostenuta dalla famiglia proprietaria di quella terra da 100 anni, ha lavorato e organizzato un orto a cui non vuole rinunciare, riprendendo quel lavoro che ancora suo nonno portava avanti con una tipica azienda contadina di un tempo con produzioni varie, pollaio e piccola stalla.
Giulia - 28 anni, un marito due bambini e una laurea in tecniche di radiologia che un lavoro glielo avrebbe garantito - racconta quanto forte e motivata sia la sua scelta di fare la contadina del Terzo Millennio, guardando all’agricoltura, lei come altri giovani, quale reale prospettiva di futuro. Giulia racconta come il suo lavoro, affrontato oggi in una rinnovata visione imprenditoriale di scelte e di modalità produttive, senza perdere il fascino e l’emozione che dal coltivare la terra offra un orizzonte che le interessa e la coinvolge.
Con quello sguardo in più alla multifunzionalità di un settore che propone molte possibilità, un'accoglienza che accanto alle produzioni magari biologiche e alla loro vendita spesso a km 0, si offre come scuola in fattoria, spazio vitale per chi vuole imparare l’orto o fare ginnastica all’aperto, e molto altro.
Un'evoluzione dell’idea di agricoltura impensabile decenni fa, quando quello della terra era considerato un lavoro da cui far fuggire i giovani e mandarli a studiare! Un'evoluzione, questa si, davvero di pubblica utilità.
Ed è allora qui che, tornando al Consorzio, c’è da domandarsi perché non si possa immaginare che la presenza a fianco delle costruzioni in progetto l’Orto di Giulia possa proporsi come un'idea, un'opportunità che aumenta la desiderabilità di quelle case.
Un tempo la proposta fra i servizi di una piscina o di un campo sportivo rappresentavano il top dei desideri. Oggi affiancare a questi servizi un orto lavorato da una giovane, che ha fatto con tanta passione la sua scelta di contadina del 2000, potrebbe divenire un'opportunità utile anche al Consorzio. Chissà se quando scelsero di chiamare quel luogo Colle delle Gensole, ovvero evocando quegli alberi spontanei e forti che evidentemente qualcuno sapeva tipici della zona, era chiaro che si trattava degli alberi che regalano le giuggiole: uno dei più dolci frutti che non a caso hanno dato origine a quel detto ”andare in brodo di giuggiole”, ovvero essere super contenti ..come saremmo davvero in tante e tanti vedendo Giulia continuare a lavorare il suo orto, divenuto, con la sua lotta un nostro bene comune.
Paola Ortensi, 22 maggio 2021
Vedi la precedente segnalazione in noidonne.org

Articolo di Ester Palma su Il Corriere della Sera di Roma del 21 maggio 2021

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