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Si riconsiderino gli indennizzi statali per le vittime di reati intenzionali violenti

Si riconsiderino gli indennizzi statali per le vittime di reati intenzionali violenti

La legge 122/2016 e il correlato decreto del 31 agosto scorso, così come è, impediscono di accedere all’indennizzo alla stragrande maggioranza delle vittime di reati intenzionali violenti perpetrati in Italia.

Domenica, 05/11/2017 - Per garantire che vi fosse un meccanismo di garanzia a copertura delle vittime di reati intenzionali violenti o dei loro familiari, se la persona condannata non è in grado di risarcire il danno o l'autore del reato è rimasto ignoto, all'interno dell'area UE, nel 2004 venne varata la Direttiva Europea CE/2004/80, in cui si prevedeva che ciascuno Stato si dotasse di un sistema efficace, volto a garantire un compenso equo e adeguato per tutte le vittime di reati intenzionali violenti, tra i quali rientrano la violenza fisica e il femminicidio.

Numerosi richiami europei all'Italia, che ha fatto fatica ad allinearsi alla Direttiva, hanno portato dapprima al decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 204 che la recepì però in maniera parziale, perché si impegnava ad assistere le vittime italiane di reati perpetrati in altri stati membri nell’ottenere da questi ultimi un congruo risarcimento. A questa interpretazione incompleta si aggiungeva anche la completa dimenticanza dell’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/EC, che obbligava gli stati membri a far sì che “le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime”.

A questa mancanza dell'art. 12 paragrafo 2, si rimediò con la Legge 7 luglio 2016, n.122 "Diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE". In questo modo si approvava in via definitiva la legge europea 2015-2016 che contiene, oltre ad altre norme, anche quella dell’indennizzo alle vittime di reati violenti, volta a compensare economicamente per il danno subito le vittime di reati specifici, riconoscendo loro il diritto a un indennizzo. Andando nel merito della suddetta legge all'articolo 11 si riconosce, a carico dello Stato, il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, facendo salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, ove più favorevoli.

Vengono successivamente delineate le condizioni per l'accesso all'indennizzo (articolo 12) e la procedura per la presentazione della domanda di indennizzo (articolo 13). L'articolo 14 estende alle vittime dei reati intenzionali violenti l'utilizzo del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura (ridenominato). Il Fondo è altresì alimentato da un contributo annuale dello Stato pari a 2.600.000 euro a decorrere dall'anno 2016.

Sottolineiamo che la legge 122 pone un vero e proprio labirinto di condizioni affinché si possa adire al Fondo e all'indennizzo dello Stato: una fra le tante il reddito di chi fa la richiesta “sia titolare di un reddito annuo, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a quello previsto per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (attualmente non superiore a euro 11.528,41) e che abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l'autore del reato sia rimasto ignoto”. Ad esse si aggiunge la preliminare condizione che ci sia non solo una sentenza di condanna del reo, ma che vi sia una azione esecutiva infruttuosa nei suoi confronti.

Come previsto dalla legge 122/2016 (art. 11 comma 3), l’Italia ha poi varato, anche se in ritardo (il termine era entro 6 mesi), il Decreto del 31 agosto 2017 del Ministro dell'Interno e del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel suddetto decreto, pubblicato il successivo 10 ottobre in Gazzetta Ufficiale, è determinato l'importo dell'indennizzo che lo Stato Italiano corrisponderà alle vittime di reati intenzionali violenti.Il fondo da cui attingere è quello previsto dalla legge n. 122/2016, ossia il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nella quota proporzionale dovuta nell'anno di spettanza, fino ad esaurimento fondo. Altrimenti occorre mettersi in coda per gli anni successivi al fine di recuperare totalmente la cifra prevista.

Vittime e familiari diventano così questuanti di questa elemosina di Stato che, viste le cifre, non è né equa né adeguata come dovrebbe essere in base alla normativa europea. Si allontana nel tempo il diritto a vedere riconosciuto pienamente il danno conseguente ad una vita persa, una violenza subita, fatti che vengono tutti quantificati in modo irrisorio e ulteriormente saldati come se lo Stato volesse innanzitutto risparmiare. Parrebbe inaccettabile che avvenga questo e che si sia ancora una volta trattata una materia di siffatta importanza con grave e colpevole superficialità e disattenzione, oltre che con ritardi notevoli e resistenze plurime. Lo Stato in siffatto modo contribuirebbe a far arrivare messaggi non propriamente rassicuranti alle vittime e ai loro familiari.

Sembra che l'obiettivo sia non tanto soddisfare un diritto sancito anche a livello europeo, quanto apporre una pezza irrisoria per dimostrare di aver fatto qualcosa. Verrebbe da chiedersi quante persone si sentiranno realmente sostenute e tutelate, quanto sarà discriminatorio l'effetto di una norma che prevede destini diversi a seconda della situazione? Chi potrà realmente vedere soddisfatta la propria istanza di ricevere un compenso a fronte di tali reati? Anche tra vittime si creerà un destino diverso e garanzie differenti. Quanto ampio sarà il margine di “esclusione”? Che rispetto dimostra lo Stato nei confronti dei suoi cittadini? Non si dica, poi, di denunciare, se poi per ottenere giustizia si dovrà superare innumerevoli ostacoli di varia natura, tra i quali questi previsti dalla normativa della legge 122/2016.

Leggendo poi una nota del Ministero della Giustizia dello scorso giorno, resa nota a polemiche già avviate, si scopre che: “Tra poco più di due mesicon l’approvazione della legge di bilancio, sarà possibile rivedere il decreto di determinazione degli importi, aumentando significativamente gli indennizzi.". Conseguentemente dobbiamo registrare come non si sia compreso che il problema non sia solo una questione di denaro a disposizione del fondo, ma di contenuti e di limitazioni presenti nella Legge 122/2016. Si rinvia a leggi successive (legge europea e di stabilità ancora da approvare) e si prende tempo, si chiede di avere pazienza che qualche soldino in più verrà elargito a mo' di elemosina. Intanto, si sono varati un decreto e una legge che evidenziano non pochi problemi. Se poi le cifre previste dal decreto governativo del 31 agosto, per ciascuna tipologia di reato, non cambianocon la legge di bilancio, la situazione non muterà.

Una domanda sorge spontanea: perché non si è atteso che il Fondo fosse determinato meglio nella successiva legge di bilancio e conseguentemente approvare il decreto determinativo degli importi dell'indennizzo che lo Stato Italiano corrisponderà alle vittime di reati intenzionali violenti, piuttosto di predisporlo con quelle cifre irrisorie nei mesi estivi? Non si riesce a comprendere “la fretta” che ha connotato il decreto attuativo della legge 122/2016, visto che avevamo atteso ben dodici anni prima che l’Italia si conformasse alla Direttiva europea del 2004 in materia di all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti.

Se la nota del Ministero di Giustizia andasse nella direzione di chiederci tempo per emettere gli idonei giudizi sulle scelte dell’esecutivo, allora chiediamo che il tempo si utilizzi anche per rivedere la legge 122/2016, che ha recepito in maniera errata le norme sovranazionali. A partire dalle condizioni previste per essere legittimati a richiedere l’indennizzo, che se rimangono inalterate rendono particolarmente difficile ed oneroso l’accesso ad esso. Le condizioni italiane, non previste nella Direttiva europea, disattendono difatti alla ragione stessa della normativa comunitaria, ossia esonerare il cittadino da tutte le complicazioni legate al risarcimento del danno investendo lo Stato d’appartenenza dell’obbligo di un indennizzo che per definizione è meno oneroso del risarcimento.

Una classe politica che volesse essere lungimirante dovrebbe prendere in seria considerazione che la legge 122/2016 e il correlato decreto del 31 agosto scorso, così com’è, impediscono di accedere all’indennizzo alla stragrande maggioranza dei cittadini vittime di reati intenzionali violenti perpetrati in Italia. Vorrebbe mettere una toppa alle critiche con la “promessa” che “sia quadruplicato l’originale stanziamento previsto per il Fondo, in modo da arrivare ad un importo complessivo di 10 milioni di euro all’anno necessari ad incrementare la misura degli indennizzi in favore delle vittime”, così come previsto dalla nota ministeriale dell’altro giorno? Potrà anche decidere in tal modo, ma allora si assumerà la responsabilità degli eventuali procedimenti giudiziari nei confronti dello Stato Italiano per non aver correttamente recepito le norme europee, procedimenti che potrebbero concludersi con la richiesta che la legge 122/2016 non sia applicata e con condanne economiche di ben altra ed alta entità.



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