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Stalking e ammonimento del Questore.

Stalking e ammonimento del Questore.

La Corte europea ha condannato l'Italia per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare del ricorrente ( art. 8 CEDU), destinatario di un ammonimento del questore. (Corte EDU, Sez. I, 22 giugno 2023, Giuliano Germano c. Italia, n.

Lunedi, 10/07/2023 - Il caso sottoposto all'attenzione della Corte europea dei diritti dell'uomo, ha riguardato un provvedimento di ammonimento adottato dal questore ( ai sensi dell'art. 8 d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in l. 23 aprile 2009, n. 38), a carico del ricorrente, a seguito della richiesta inoltrata dalla moglie la quale denunciava di aver subìto reiterati episodi di violenza fisica e verbale, sia in costanza di convivenza, sia dopo la fine della relazione. L'uomo impugnava il provvedimento innanzi al Tar eccependo la violazione del suo diritto a partecipare al procedimento amministrativo, per mancata comunicazione di avvio del procedimento medesimo, secondo le disposizioni di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990. Il Tar, nel riconoscere la sussistenza della violazione del principio del contraddittorio, annullava l'ordinanza di ammonimento. Adìto dal Ministero dell'Interno, il Consiglio di Stato respingeva le argomentazioni di primo grado, evidenziando che la finalità della misura di prevenzione dell'ammonimento è l'urgenza, volta ad evitare un danno irreparabile alla presunta vittima di stalking. Inoltre, il ricorrente avrebbe potuto chiedere al questore la riesamina della misura dell'ammonimento, in autotutela, od anche adìre il prefetto con un ricorso gerarchico. La misura veniva, perciò, confermata. Il ricorrente si rivolgeva, pertanto, alla Corte europea denunciando la violazione dell'art. 8 Cedu ed in particolare del diritto al rispetto della vita privata e familiare oltre alla mancanza di motivazioni sufficienti a giustificare l'ammonimento e l'assenza di un sufficiente controllo giudiziario su tale misura. Per il giudice di Strasburgo, l'invocato art. 8 tutela un “diritto alla vita privata”in senso ampio, che al suo interno comprende anche il diritto a condurre una “vita sociale privata” ed il diritto di stabilire e sviluppare relazioni. Di conseguenza, la reputazione di una persona fa parte della sua identità personale e dell'integrita psicologica, rientrando a pieno titolo nel novero della sua “vita privata”. Sulla base di queste premesse, la Corte ha ritenuto che l'ammonimento ricevuto dal ricorrente abbia influito negativamente sul godimento della sua vita familiare e privata sottolineando, altresì, che l'adozione della misura abbia avuto un effetto stigmatizzante sulla reputazione dell'uomo. L'autorità amministrativa deve garantire al soggetto colpito dal provvedimento il diritto di essere ascoltato prima dell'adozione della misura, a meno che non sussistano specifiche ragioni di urgenza. Nel caso di specie, l'autorità amministrativa ha mancato di dare puntuale motivazione delle ragioni poste a fondamento dell'ingerenza nella vita privata e familiare del ricorrente, descrivendo in maniera generica gli episodi a supporto della misura adottata. Al ricorrente non è stato garantito un effettivo controllo giurisdizionale sui presupposti legittimanti l'ammonimento in quanto il Tar aveva annullato il provvedimento solo per un un vizio procedimentale mentre il Consiglio di Stato aveva genericamente richiamato le argomentazioni del questore senza entrare nel merito. La Corte ha ritenuto che il ricorrente sia stato escluso, in maniera ingiustificata, dal processo decisionale senza che siano state dimostrate le ragioni di urgenza a supporto del provvedimento. E' stata, pertanto, dichiarata la violazione dell'art. 8 Cedu nella parte in cui prescrive che eventuali ingerenze siano accettabili “in quanto necessarie in una società democratica”. L'Italia è stata condannata anche al pagamento di € 9.600 a titolo di danno non patrimoniale nei confronti del ricorrente.

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