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Che genere di film! / Star Wars - Gli ultimi Jedi

Che genere di film! / Star Wars - Gli ultimi Jedi

Star Wars, ottavo film della saga: operazione riuscita, un patchwork imperfetto per riprendere una direzione. Speriamo.

Mercoledi, 13/12/2017 - "Star Wars - Gli ultimi Jedi"
Che genere di film! Recensioni amatoriali da un punto di vista di genere

Coordinate: ottavo film della saga e secondo della terza trilogia
Scritto e diretto da Rian Johnson
Attenzione: parziali spoiler



Mi è piaciuto, nel senso che mi è proprio piaciuto, non un «va beh, poteva andare peggio». Non capolavoro, non entusiasmante, ma si può decisamente fare.
Come dicevo ad un amico immaginario, le lenti con cui sono andata sono quelle indicate da Hal Hefner [1] (consumepopculture) e mi è chiaro che si tratta di un’operazione commerciale (perchè qualcuna/o sperava in urgenze artistiche? No di certo). Il punto è se il prodotto ha un suo valore, se l’operazione funziona anche solo in termini interni alla saga, certo. Qui c’è gente che crede e che controlla le rappresentazioni commerciali del culto. Quindi -ammettiamolo- aspettative bassissime e di conseguenza la Disney ha buon gioco. Ma le basse aspettative non bastano a spiegare perchè il film mi ha convinta. Certo la “seconda trilogia” è pure un fattore importante: dopo quella per me si va tutta in discesa. Ma neanche questo basta.
Il fatto è che al netto di diversi elementi discutibili ho trovato nel film una delle cose che mi interessano di questa terza trilogia: un tentativo di ritorno al vecchio canone e non solo da un punto di vista estetico. C’è un pò di polpa e qualche elemento nuovo. (trailer)
Va bene, diverse scene sono contorno o allusioni e i circa 150 minuti risultano un pò lunghi. Ad esempio gli infiniti riflessi nello specchio sono ridondanti (in una location che mi ha ricordato la caverna degli Horcrux), ci sono siparietti a tratti imbarazzanti (in apertura!), spiegazioni pseudo-metafisiche un pò più che semplicistiche e tirate, motivazioni sfuggenti o inconsistenti e la Capitano Phasma (Gwendoline Christie) sprecata se non per offrire un assist ad una battuta dichiarativa di Finn (John Boyega). Certo messa così sembra proprio male-male. Invece, no. Il fatto è che alcuni caratteri riprendono vita e qualcosa da raccontare c’è ancora.

Luke (Mark Hamill) nell’incontro con Rey (Daisy Ridley) è sempre lui, un tontolone attualizzato in una deriva pessimista. Dovrebbe essere il maestro cercato e trovato dall’aspirante allieva in una sorta di doppione rivisitato dell’ apprendistato di Luke stesso, cosa incidentalmente evidenziata poi anche da R2D2, ma Rey non è un apprendista come fu Luke e Luke non è diventato mai davvero maestro. L’unica cosa di cui può essere testimone l’anziano Jedi è il fallimento e Joda appare proprio lì a ricordarglielo. Lei lo ha cercato, vero, ma poi va per i fatti suoi, non ha molti dubbi riguardo alla Forza, se è tormentata sembra tormentata da altro. Così il mancato maestro trova redenzione nel ruolo iconico di portatore di speranza e scusandosi dove necessario. D’accordo non è una trovata geniale, anzi, ma ci sta: Luke non ha mai brillato per saggezza, lui incarna ingenuità, onestà e bontà. Fa piacere che il personaggio rimanga fedele a sé stesso seppure tutta la questione viene trattata in modo un pò troppo esplicito, ma funziona e si ritorna a dire qualcosa.

Sempre sull’isola Chewbacca ci regala, in ottica antispecista, un momento d’oro in cui è attraversato da dilemma etico con i nuovi animaletti appositamente pucciolosi chiamati Porgs. Bravo Chewie, ben fatto, anche se sospetto dal comportamento di Luke che il dilemma non si estenda anche al destino della popolazione ittica. Credo siano gli occhioni a fare differenza, antispecisti ingenui. Altro momento *dannatamente si* sulla stessa onda è la vicenda intorno agli Fathiers, o cavalli spaziali, che funge anche da insight per qualche bambinetto alla Dickens di cui forse avremo future notizie, chissà. Bene. Intanto tracciamo buone pratiche, non si sa mai. Peccato invece per le “Custodi” (“the Caretakers”, sic) di Ahch-To tutte rigorosamente esemplari femmine, dedite a pulizia e cura: rimane evidente l’assenza di chierici maschi che condividano l’onore della ramazza.

E finalmente veniamo alla sostanza, le interazioni (a distanza e non) tra Kylo Ren e Rey bilanciano un pò l’atmosfera altrimenti un pò troppo leggera che si respira un pò in tutto il film. I momenti di scambio tra i due e la parziale evoluzione del rapporto puntellano un pò tutta la narrazione, di certo il risultato è che voglio sapere se riuscirà la Disney nel prossimo appuntamento a sviluppare questa dimensione in modo non banale. Speriamo. Su Rey (che rimane un pò rigida da un punto di vista espressivo) non c’è molta carne sul fuoco, viene ribadito che è caratterizzata da fiera determinazione e che le manca tanto una storia familiare. Ok, bene, ce l’ho. Kylo Ren invece si conferma una sorta di adolescente in preda a svarioni come ha ben evidenziato Leo Ortolani due anni (!) fa[2]. Ed è un bene che sia così! Non dispiace affatto questa caratterizzazione, anzi ci mostra qualcosa di inedito e bizzarro e la cosa per me è dotata di senso.

Trovo anche Adam Driver ottimo nell'interpretare un personaggio del genere in modo più che credibile. Questo è l’altro nucleo attorno al quale la storia acquista sostanza. Questo ragazzone pieno di Forza, incattivito e goffo cosa diventerà? Certo di vuoti e mancanze ce ne sono. Una per tutte: non si spiega perchè il Leader Supremo Snoke (che in questo episodio assomiglia in modo imbarazzante alla testa-sgorbio di Voldemort in “Harry Potter e la pietra filosofale”) se lo tiene in casa e gli conferisce valore, ma tant’ è. Probabilmente non ha trovato nessun’altro da allevare. Rimango curiosa di vedere dove si andrà a parare.

Meno interessanti le altre linee narrative: Poe Dameron (bene Oscar Isaac) niente da segnalare; Finn (bene anche John Boyega) e Rose (anche Kelly Marie Tran fa la sua parte) procedono rievocando qualche atmosfera della prima trilogia e nella parte a loro dedicata si distingue l’intervento di Benicio Del Toro. La sua è una specie di chicca.

La leggerezza diffusa, le battute sopra le righe (comunque sopportabili in confronto a Jar Jar Binks, bbbrrrr) e una sorta di autoironia interna alla saga caratterizzano tutto il film, il che è un bene e un male allo stesso tempo, il risultato è che si ha la percezione di stare dentro una cornice molto precisa e che già è tanto riuscire a dare sostanza riprendendo in mano il vecchio canone. E’ una scelta più che comprensibile che si sente tutta. Si ha la percezione di un patchwork di parti di trama della vecchia trilogia con rivisitazioni e profusione di inserti comici, ma pretendere originalità e perfetta coesione narrativa mi sembra davvero troppo per questo episodio 8, quindi mi sta bene, mi ritengo soddisfatta e lo ripeto, operazione riuscita.
Non schiferei neanche la dimensione da fan-movie se qualche corda che vibra ancora può trovare risonanza nella produzione.

Chiarito questo affrontiamo l’elemento davvero sconvolgente: la pellicola supera il Bechdel Test!

Non ci crederete ma ci sono più di due personaggi femminili dotati di nome e almeno due parlano tra loro di qualcosa che non sia un uomo! Nel caso specifico tra l’altro c’è questa scena tra Carrie Fischer (Leia) e Laura Dern (vice ammiraglia Amilyn Holdo qui in outfit* un pò da fata turchina) in cui non solo parlano ma comunicano anche al pubblico qualcosa, c’è stima tra loro e rispetto e anche condivisione di una dolorosa consapevolezza. Si tratta di pochi minuti ma le due attrici fanno arrivare il messaggio forte e chiaro. Molto bene anche se c’è poco da sorridere ad entusiasmarsi tanto per questo traguardo che rappresenta il minimo sindacale da un punto di vista di genere.

In sintesi:
-Supera il Bechdel Test
-C’è della polpa tra caratterizzazioni e linee narrative interessanti
-Si tenta il recupero del vecchio canone
-interpretazioni convincenti (alcune ottime)
-Go veg! e buone pratiche

*ogni tanto devo scrivere outfit
[1]Poster rielaborato da Hal Hefner 
[2] Leo Ortolani, "mi risveglio a forza" 

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