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Stupri di massa nel '44 nel basso Lazio, una storia ancora poco nota

Stupri di massa nel '44 nel basso Lazio, una storia ancora poco nota

Al Teatro dell'Orologio a Roma una bella prova di teatro sociale e di memoria

Venerdi, 22/04/2011 -
Grande attenzione per lo spettacolo "Ninetta e le altre" le marocchinate del '44", sacra rappresentazione in XIV Stazioni. Lo spettacolo, scritto e diretto da Damiana Leone, è stato realizzato dall'Associazione Culturale Errare Persona realizzato in collaborazione con la Provincia di Frosinone, la Regione Lazio e con il patrocinio dell'Università di Cassino. La storia portata in scena è basata su fatti veri: molte le donne della ciociaria che vennero violentate dai soldati marocchini agli ordini del governo francese durante la seconda guerra mondiale. Durante i conflitti, alle donne tocca sempre il prezzo più alto, quello di pagare con il corpo un tributo al nemico. Annientare un popolo, nei rituali di guerra di ieri e di oggi, significa prendere possesso del suo futuro, stuprando donne che partoriranno figli "bastardi". Profanare i corpi delle donne al fine di distruggere un popolo. La regista e autrice, Damiana Leone, originaria della ciociaria e legata ai luoghi che racconta, ha ricostruito la genesi e il senso del suo lavoro. 



Nella storia raccontata dai manuali scolastici, non c’è traccia delle marocchinate, ma spesso sono proprio le storie comuni ad aver lasciato nella gente e nei popoli tracce più marcate di quelle dei grandi avvenimenti che ricordiamo a memoria. Com’è nato in te l’interesse per questo caso storico?



L’interesse per questo caso storico in realtà non è nato, ma c’è sempre stato perché parte dalla mia storia familiare. Parte dai racconti che ho sempre sentito fin da bambina, dalle donne che ho conosciuto poi anche in manicomio poco prima che venissero chiusi negli anni ’90. Solo che ad un certo punto questo interesse si è risvegliato, attraverso il mio lavoro in teatro, che, come una maieutica, ha tirato fuori le mie memorie di bambina. Allora a quel punto ho capito, più che razionalmente, emotivamente la storia. Ho sentito l’esigenza di comprendere perché la mia terra fosse tanto amata e odiata allo stesso tempo, perché fosse tanto disprezzata e ignorata sia dai suoi abitanti che nel resto d’Italia, e la motivazione che mi sono data è stata l’assenza di una memoria storica riconosciuta e condivisa o il desiderio di negare questa memoria. Ho capito che un punto di non ritorno era la seconda guerra, una frattura insanabile che in Ciociaria è stata devastante. La guerra annichilisce le coscienze e abbrutisce sia i soldati che la popolazione civile e con lo stupro di guerra l’uomo rinuncia al suo stato di essere umano per diventare bestia (non animale!) ed esercitare un potere ed una violenza che persiste anche dopo decine di anni. Le ferite del corpo si rimarginano quelle della coscienza no, diventano silenzio, omissioni e vergogna, amplificate dalla ferocia e dalla barbarie con cui quell’atto è stato commesso nel 1944 nel basso Lazio, ma che è stato commesso sempre nei secoli ed è commesso anche ora. La memoria di uno stupro di massa rimane impalpabile in un intero territorio per molte generazioni.



Quella dello stupro è una guerra nella guerra? Chi sono i vinti e che cosa si portano dietro per sempre?



Si è una guerra nella guerra, perché è quasi un ultimo istinto biologico alla vita prima della morte. In fondo lo stupro di guerra è un tentativo di cambiare la genetica di un luogo, di continuare a combattere il nemico contaminando per sempre la sua donna e la sua prole. Non è un caso infatti che in tutte le culture, le donne violentate in particolare in guerra, vengano considerate contaminate e come tale disprezzate e compiante per tutta la vita da tutta la comunità. Moltissime marocchinate non riuscirono mai più a rifarsi una vita perché isolate dalle proprie famiglie e dal paese. Pensa che qualche anno fa’, in un paese sempre della provincia di Frosinone, fu proposto di intitolare una strada ad una donna che morì durante gli stupri del ’44, ebbene la giunta fu diffidata dal farlo dai parenti della vittima, benché siano passati 67 anni. Le vittime di qualsiasi tipo di eccidio vengono onorate, le donne stuprate sono una vergogna che non ha fine. Ecco perché la guerra abbrutisce, perché annulla gli esseri umani sia che siano essi le vittime o i vincitori. La guerra non ha vincitori, ha solo vinti.



Le marocchinate erano donne macchiate dalla vergogna per una colpa non loro. Di cosa venivano accusate? Come venivano accolti i figli illegittimi?




I figli illegittimi, quei pochi che nacquero perché ci furono molti casi di aborti, venivano chiamati mulattini. Purtroppo in provincia di Frosinone ce ne sono molto pochi. Su alcuni documenti ho letto di una bambina di cui si diceva che poteva essere reinserita nella comunità perché molto chiara di pelle e quindi non riconoscibile come mulattina. Questo dei figli delle marocchinate è un capitolo della vicenda molto difficile da ricostruire anche attraverso i documenti, in cui spesso si parla dell’ospedale di Vittoria in provincia di Palermo, in cui queste donne venivano portate per partorire ed essere curate. Forse i figli delle marocchinate sono in Sicilia.



Quando si parla di donne, si parla spesso di corpi e di sessualità. Credi che abbiamo conquistata la giusta consapevolezza nel parlare di corpi di donne oggi e in particolare di corpi violati?



Spero di si, ma credo che in questo frangente storico sia molto difficile. L’Italia, memore della propria storia, avrebbe potuto farsi portavoce a livello internazionale della difesa della donna e dello stupro di guerra come arma. Ma dati i fatti attuali della nostra politica è assolutamente improbabile che una cosa del genere non solo accada ma che sia anche credibile. Peccato, perché per il nostro paese sarebbe stato molto importante. In fondo le marocchinate sono una tragedia nazionale e non solo, tutta una nazione venne umiliata come sempre viene umiliata quando si registrano casi di stupri. Umiliata prima dagli eserciti, poi dalla nostra società.



Chi ha creduto maggiormente in questo spettacolo?



Credo questo spettacolo si possa considerare un lavoro corale. Prime fra tutti le mie attrici che mi hanno seguito in questa avventura (Consuelo Cagnati e Francesca Reina), Ilaria Ferri che cura l’ufficio stampa, tutti i componenti della nostra associazione “Errare Persona”, poi tutto il pubblico che continua a seguirci di replica in replica, le istituzioni (Provincia di Frosinone, Regione Lazio) che ci hanno dato un finanziamento per ampliare lo spettacolo con un progetto (“Racconta la Guerra”) che ha visto coinvolti alcuni istituti superiori del comune di Frosinone con l’Archivio di Stato di Frosinone e lo storico Anthony Santilli (a loro si deve anche la piccola mostra di documenti che accompagna lo spettacolo) e tanti altri che continuano a darci sostegno e affetto.

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