Login Registrati
TERREMOTI IN EMILIA / Una fabbrica da tenere in piedi

TERREMOTI IN EMILIA / Una fabbrica da tenere in piedi

Contributi economici e informazioni adeguate per tornare alla normalità. Le necessità delle aziende spiegate da un'imprenditrice di Cento (Ferrara), Maria Luisa Gozzi

Giovedi, 13/09/2012 -
Maria Luisa Gozzi, imprenditrice di Cento (Ferrara)  - una delle zone più colpite dal sisma - fa i conti tutti i giorni con la crisi economica e con gli effetti del terremoto di maggio, che ha completamente distrutto il suo capannone. Da trenta dipendenti a sette in soli due anni, tiene in piedi una azienda nel campo dell'abbigliamento donna, specializzata in taglio e cucito. “Negli ultimi anni il cucito lo abbiamo dovuto dismettere perché l’avvento dei cinesi ci ha ucciso” dichiara, dandoci subito il senso concreto delle condizioni in cui il settore si trova.



In che modo siete stati danneggiati dal sisma?

Al 50 % di quello che era il valore della mia azienda. Tutti i muri interni sono crollati completamente - in pratica gli uffici e i servizi - mentre all’esterno le colonne sono state lesionate. Abbiamo in parte recuperato smontando i pannelli come se fosse un lego, li abbiamo appoggiati per terra, smontato le colonne e rimesso insieme il tutto.



Il vostro capannone era un prefabbricato?

Era un prefabbricato realizzato prima del ’98 e nel peggior modo possibile: lo abbiamo costruito insieme, mio marito e i miei figli. Lavorando con venti donne, di cui ero anche amica, volevo dare loro la possibilità di andare a casa in dieci minuti, di poter stare mezz’ora in più la sera senza fare troppo tardi, di poter tornare in bicicletta. Abbiamo lottato 10 anni per ottenere il permesso di costruirlo in questa zona dove il terreno non è artigianale, ma agricolo.



Il capannone è stato costruito senza rispettare le regole?

Il mio era regolarissimo. Sapevamo che nelle nostre zone c’erano ditte meno costose, ma abbiamo scelto l’azienda più coibentata, meglio strutturata, ma le regole erano quelle del ’98 e all’epoca non pretendevano l’antisismica. I pannelli hanno ceduto perché erano avvitati con due vitine che dovevano sostenere due pannelli di cinquanta quintali!



I suoi dipendenti sono in cassa integrazione?

Nell’immediato sono andati in cassa integrazione e devo dire che le abbraccio tutte, mi hanno aiutato tantissimo, si sono tirate su le maniche e mi hanno aiutato a salvare il salvabile. Poi ho avuto la fortuna di avere un amico che ha un capannone simile al mio non terremotato con delle attrezzature vecchie, ma idonee per il mio lavoro e gratuitamente ci siamo trasferiti a venti chilometri da qui dove stiamo tutt’ora lavorando, teniamo duro in attesa di tornare nel nostro impianto, che stiamo ancora ristrutturando.



Parliamo di soldi, avete chiesto i finanziamenti agli enti pubblici?

La Regione mi pare che ci darebbe l’80 %, ma per ora non abbiamo nessuna rassicurazione, per esempio, dal Comune



I Comuni dovevano gestire i fondi per la ricostruzione a lei risulta?

Solo per le case e per lo smaltimento delle macerie, che hanno raccolto gratuitamente. La provincia aveva offerto quindicimila euro per il trasloco nel caso di trasferimento dell’attività, ma io ho fatto tutto con i miei amici e parenti non ho speso niente e non ho richiesto i rimborsi.



Ma sono stati stanziati finanziamenti ad hoc..

Avremmo avuto tanto bisogno di tecnici. Ho aspettato tre mesi per prendere una decisione su come muovermi. Perché passava uno e mi diceva buttalo giù, passava un altro e diceva di puntellare di qua, insomma cinque ingegneri ognuno con un metodo e un parere diverso. Ho chiesto aiuto anche al sindaco di mandarmi un tecnico non interessato, di solito sono tutti vincolati delle aziende che poi vengono qui e ti fanno lavoro. Solo un amico mi ha detto di spendere il meno possibile perché non si sa come dovremo comportarci e siamo ancora nell’incertezza.



Cosa pensate di fare nel futuro più immediato?

Abbiamo comunicato la nostra condizione a Provincia e Comune e aspettiamo notizie. La Regione si è impegnata a dare l’80 %, ma ho parecchi dubbi perché, da piccola imprenditrice, so che per impegnarsi su un importo devo conoscere l'ammontare totale dei danni. Sento di aziende che hanno danni per 15 milioni, chi per 13 milioni:  sono cifre importanti. Insomma parlano dell’80 % ma non parlano della cifra finale. Ho tanta speranza, ma poca fiducia.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®