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Dopo il caso Pesci rivedere “Processo per stupro”

Dopo il caso Pesci rivedere “Processo per stupro”

E' da rivedere il primo documentario su un processo per violenza carnale mandato in onda dalla RAI nel 1979

Mercoledi, 05/09/2018 - Noi donne non siamo mai sprezzanti, questo si legge in uno degli ultimi articoli del giornale web “Noi Donne”. Una frase che rimane impressa nella memoria e che tende a far riflettere. Possiamo dire che anche nelle udienze civili o penali dei nostri Tribunali non offendiamo come professioniste o come parte lesa con parole che non si attengono ai fatti ma a opinabili opinioni come: "donnaccia, immorale, se l'è cercata, non è certo una novizia ecc.”
Noi donne non abbiamo chiamato disumani stupri, discriminazioni, molestie, abusi; li abbiamo chiamati “sistema patriarcale”, “violenza maschile contro le donne”, restituendo la responsabilità e la colpa a soggetti in carne ed ossa appartenenti alla specie umana e non al di fuori di essa. Dovremmo iniziare a porre all’attenzione del giudice ogni tipo di offesa gratuita inserita negli atti. Indurre alla cancellazione se sono offensivi alla persona.
Ha fatto scalpore la dichiarazione del noto imprenditore Pesci per lo stupro della ragazza ventunenne a Parma il 18 luglio 2018: “Resto allibito, una persona come me in carcere?”. La difesa si basa sul fatto che la ragazza, dicono i legali, era consenziente, ricompensata con denaro (da La vita in diretta di Rai 1 del 3 settembre 2018). Ma il consenso avrebbe portato a 45 giorni di prognosi in ospedale, dove la ragazza è stata ricoverata? È l’opinione pubblica, a questo punto a restare allibita sulle dichiarazioni dell’imprenditore del marchio Criminal e sui suoi legali. Gli anni passano ma le arringhe di avvocati che difendono chi ha stuprato, molestato, ucciso una donna non cambiano mai.
Ci viene in mente “processo per stupro”. Fu il primo documentario su un processo per violenza carnale mandato in onda dalla RAI nel 1979. L'avvocata Tina Lagostena Bassi, che nel processo era difensore di parte civile, sottolineò come nel processo si rendesse visibile la violenza degli avvocati che difendevano gli accusati di stupro nei confronti delle donne: inquisendo sui dettagli della violenza e sulla vita privata della parte lesa, puntavano a screditarne la credibilità e finivano per trasformarla in imputato. L'atteggiamento mentale che emergeva in aula era che una donna «di buoni costumi» non poteva essere violentata; che se c'era stata una violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna; che se non c'era una dimostrazione di avvenuta violenza fisica o di ribellione, la vittima doveva essere consenziente. La stessa difesa che viene preparata per Pesci. Un documentario che va assolutamente rivisto perché non dimostra i suoi 40 anni di età purtroppo visto che il linguaggio patriarcale e violento lo ritroviamo ai nostri giorni.
Partendo dal cineforum che si è svolto a Carosino in provincia di Taranto promosso dalla Amministrazione comunale, associazioni Babele e Fucarazza, che ha interessato un notevole numero di persone, si potrebbe proporre in cine dibattito per il prossimo evento.
È una idea che ci scrive, appartenente al comitato di Donne in Fermento, lancia come proposta, non solo a Carosino ma in ogni piazza che spalanca le porte al cambiamento.
Elena Manigrasso

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